Brulotti

La sferza

 

Per quanto mi ci provi io non so giustificare le feste di Beneficenza.
Via: è inumano trarre argomento di feste dalla desolazione e dalla miseria.
Ed è ipocrita ricoprire tali feste col manto candido della carità.
Perché ciò che spinge i giovani eleganti e le dame svenevoli o incipriate dell'alta aristocrazia alle danze ed all'orgia, non è il senso della pietà e dell'amore, ma il volgare desiderio di un'ora d'ebbrezza!
Le feste di beneficenza sono molto comode: fruttano onori e piaceri... e non costano molto.
E all'indomani di una veglia danzante i gazzettieri compiacenti stampano a caratteri appariscenti sui loro giornali il nome degli eroi che... sacrificano un'intera notte nei saloni dorati e lussuosi per beneficiare i pezzenti.
E il pubblico che giudica dalle apparenze incensa i generosi e non ricerca la vera ragione che ha condotto alla festa i nobili benefattori.
E non pensa che la veglia di beneficenza è un ritrovo magnifico e insospettabile ove il giovane elegante dà appuntamento alla moglie dell'amico ed ove le dame gentili hanno modo di mostrare al pubblico ammirato le forme magnifiche, trasparenti di veli leggeri che ricoprono le carni profumate.
E non pensa — il buon pubblico — che poi, dopo la danza v'è l'orgia più sfrenata, mentre di fuori, i pezzenti laceri e doloranti, attendono le briciole della mensa, imprecando!
Oh le feste di beneficenza...!
 
 
[La Rivolta, n. 5, anno I, 29 gennaio 1910]