Brulotti

SS o LOL ?

In tempi di lasciapassare sanitari e vaccini obbligatori, di razionamento dell’acqua e sospensione dei diritti, la vita umana viene programmata nel suo contenuto da un algoritmo, mentre la sua forma è ridotta ad un ossessivo protocollo da seguire. Le emergenze si susseguono l’una dopo l’altra, in una frenesia che esige decisioni drastiche e cieca obbedienza. Quando ogni minima libertà ed ogni autonomia vengono sacrificate, ci sembra quanto mai urgente provare a prendersi il tempo e lo spazio per riflettere su cosa sia il totalitarismo: una possibile deriva o la via maestra di ogni sistema di potere?
A fornircene l’occasione è un documentario realizzato in Francia nel 2017, in cui si ripercorre la storia incrociata di due scrittori inglesi — il sovversivo proletario George Orwell e il benestante mondano Aldous Huxley — autori oltre 70 anni fa di due celebri romanzi che hanno immaginato cosa poteva diventare il mondo del futuro, cioè il nostro mondo.

Contropelo

Figli di Eichmann?

La nostra concezione della storia è rimasta fondamentalmente lineare. A dispetto di mostruose smentite quali Auschwitz o Hiroshima, rapidamente rimosse grazie all'incoscienza macchinica, il mito del progresso ha retto bene negli ultimi decenni. Si è mostrato in grado di incassare colpi, di accettare di includere qualche sfumatura e ancora oggi sembra perfettamente attrezzato per resistere al disincanto ispirato dalla catastrofe climatica che sta accelerando sotto i nostri occhi. «Sotto i nostri occhi» non è forse una bella espressione, essendosi creato da molto tempo un «dislivello» tra le azioni che svolgiamo all'interno dell'apparato produttivo e le conseguenze di tali azioni.
Brulotti

Silvaticus

Davanti ai rulli compressori della civiltà industriale e del progresso, uno degli ultimi mondi sensibili popolato da immaginari terrificanti e fantasie incantate sta scomparendo sotto i nostri occhi: quello delle foreste. Quelle che erano un feudo dei signori i quali vi allineavano gli impiccati, o un riparo per sottrarsi alle persecuzioni. Quelle che rappresentavo l’oscurità dove poter abbandonare la propria prole affamata o il folto rifugio da cui partire all’assalto dell'esistente. Quelle che ospitavano misteri popolati da driadi e licantropi o che vedevano passare i costruttori di navi da guerra e altri mastri forgiatori giunti a spogliarle in massa. Quelle che vedevano a Sherwood audaci banditi depredare i ricchi, in Ariège Demoiselles (*) col volto coperto di fuliggine bruciare e saccheggiare i castelli, in Courlande dei rivoluzionari continuare a sferrare feroci colpi contro la tirannia zarista, ma anche assistere sulle Alpi o in Polonia alla morte per assideramento dei migranti cacciati dalle guardie di frontiera europee.

Fuoriporta

Tutti coinvolti

Alle prime luci dell’alba, un camion dI 40 tonnellate si mette in marcia sotto una pioggia fine. Non è che uno delle migliaia di veicoli che assicurano il trasporto su strada delle merci, ma la sua missione è assai meno anodina. A fari accesi, il camion avanza nei sobborghi della capitale bavarese, Monaco. Sulla sua scia si staglia la lugubre sagoma di una gru che sembra pronta a piombare coi suoi artigli meccanici su una qualsiasi preda. Si tratta di un vero e proprio convoglio: infatti il camion è scortato da alcune volanti della polizia a lampeggianti spenti. Arrivati a destinazione, alcuni poliziotti saltano giù dai loro veicoli, sfondano una porta, poi si precipitano nei locali. L'operazione non mira ad effettuare qualche scoperta, sono lì per sequestrare.

Brulotti

Io so chi ha ucciso il commissario Luigi Calabresi

Alfredo M. Bonanno

Io so chi ha ucciso il commissario Luigi Calabresi, il 17 maggio 1972, sotto casa sua, in via Cherubini 6, a Milano, alle nove e un quarto del mattino. L’affermazione è grave, non per le implicazioni giudiziarie, per carità, delle quali non mi curo minimamente, ma per ben altri motivi, ed è di questi motivi che voglio mettere a parte i miei attenti lettori. In fondo, se riflettiamo un poco, di che cosa possiamo essere sicuri? La mattina ci svegliamo, mettiamo i piedi fuori dal letto, facciamo colazione in fretta, voliamo verso la scuola, il lavoro, i più vicini giardinetti per trovare gli amici, insomma, ognuno verso le proprie faccende quotidiane. La sera, ritornando a porre le spalle sul lenzuolo, quasi sempre lo stesso della sera prima, di che possiamo dirci certi dell’insieme di fatti che abbiamo visto scorrere sotto i nostri occhi durante l’intera giornata? Non appena puntualizziamo un avvenimento, per quanto semplice, il caffè che abbiamo preso la mattina al bar, ecco che tutto il contorno si fa confuso, tende a sfocare nei suoi dettagli, e ogni aspetto scompare in un desiderio inappagato di precisione. In definitiva, abbiamo una memoria di quello che ci è accaduto, di quello che abbiamo fatto, ma le nostre affermazioni, riguardo i singoli avvenimenti, sono tanto inadeguate da farci concludere che non possiamo dirci certi di niente.

Brulotti

Colpire dove più nuoce

Le catene da spezzare
 
Raggiungi le lunghe macabre radici morbose che l'aratro dimentica,
Scopri le profondità; lascia che i lunghi viticci pallidi consumino tutto per scoprire il cielo; ora niente va bene
A parte gli specchi d'acciaio della scoperta ....
E le magnifiche enormi albe del tempo,
Dopo che saremo morti.

Il poeta americano che ha scritto queste righe era un uomo che non amava la vita in società. Era troppo innamorato della bellezza della natura selvaggia per inchinarsi davanti alle misere realizzazioni della civiltà umana

Intempestivi

Lampi dalla Russia

Se il giorno si spegne per sempre
La nostra gloria non svanirà
La morte arriva una volta sola
Scegliamola a nostro gusto,
Per vedere alla fine
Com'era illuminato il deserto
Dai nostri cuori ardenti
Nella luce nascente

Brulotti

Da un'ottica diversa

«Non saprei come fare senza cellulare, mi sentirei perduta. Tutto il mio mondo è lì dentro». Queste parole, pronunciate alcuni anni fa da una ragazza, sono diventate quelle di intere generazioni, di intere popolazioni. Tutto il proprio mondo in pugno, comodamente immagazzinato dentro un luccicante dispositivo elettronico connesso 24 ore su 24. Tutta la conoscenza, la memoria, gli affetti, gli impegni, gli svaghi… a portata di tasto. Per ricordare il proprio passato, per conoscere il proprio presente, per programmare il proprio futuro — clic, clic, clic.
E se quel dispositivo smettesse di funzionare? Se all’improvviso, magari in una tiepida notte primaverile, non si sapesse più in cosa consistono i nostri giorni su questa terra?

Intempestivi

La Grande Farsa

Eccoci qui. Ridotti ad accontentarci di quanto ci viene concesso. A desiderare ciò che ci viene permesso. Ad interessarci di quanto ci viene spiegato. A guardare ciò che ci viene mostrato. Nient’altro, non c’è altro nelle teste e nei cuori. Ne prendiamo atto. Finita l'epoca del Grande Gioco, dell'avventura in cui lanciarsi a capofitto per giocarsi la vita al tutto per tutto, è diventato inutile proporre sfide che non fanno più spalancare gli occhi a nessuno. Ora che la sola preoccupazione assillante è garantirsi la sopravvivenza mediante il niente per niente, non resta che la miserabile scelta di quale ruolo ricoprire nella replica quotidiana di questo susseguirsi di atti insensati...

Brulotti

Sotto il tacco

«…Maledite i boia, imbecilli: i boia che siete, che sono tutti coloro che acclamano gli assassini, gli inquisitori…»
Albert libertad (arriva!…Arriva!…L’Alfonso! 25 Maggio 1905)
 
Sotto il tacco l’italico si sente al sicuro, ha trovato il suo posto, il suo ruolo e poco importa il fastidio iniziale, l’umano è un animale di facile adattabilità, il tacco è il suo specchio, la sua patente di civiltà, la sua dimostrazione di fedeltà, il suo vero ed unico legame con gli altri prostrati.
Il tacco più schiaccia più è gradito, poco importa se qualche volta un cranio cede di schianto sotto la pressione, la colpa è sua, inadatto a “vivere” sotto l’egida delle comuni e sacre incombenze e gli altri ghignano, ghignano e si pasciono della loro “forza”...
Fuoriporta

La guerra comincia qui

Già da settimane aleggiava un'aria viziata dagli annunci e dai segnali di una sua imminente concretizzazione, ed ecco — la guerra è scoppiata. Una nuova guerra, questa volta alle porte dell'Europa. Una narrazione fatta su misura è già nella mente e sulle labbra di molti: è colpa di Putin. Una formula semplice, da cui consegue che: poiché la Russia è il campo del Male, allora i suoi nemici ed avversari non possono che stare nel campo del Bene. L’impresa di produzione e formazione dell’opinione che è la comunicazione moderna non è affatto un'attività estetica o spirituale, al contrario, lo scopo che persegue è prettamente pratico: produrre determinati atteggiamenti e comportamenti, e bandirne altri.

Contropelo

Logiche di guerra

Nel corso delle guerre che hanno costellato lo scorso secolo, ed in cui sono stati coinvolti i compagni, è anche malgrado e contro di esse che sono stati messi in pratica molti interventi sovversivi a seconda del luogo in cui i compagni si trovavano: sono stati costituiti gruppi di combattimento autonomi (generalmente decentrati e coordinati), costruite reti di sostegno ai disertori dei due campi, realizzati sabotaggi del dispositivo militare-industriale nelle retrovie, indebolita la mobilitazione degli animi e minata l'unità nazionale, esacerbato lo scontento ed il disfattismo nel tentativo di trasformare quelle guerre per la patria in insurrezioni per la libertà. Magari ci verrà detto che le condizioni sono assai cambiate dall’epoca di quegli esperimenti, ma certo non al punto di non poter attingere a quell’arsenale se si desidera intervenire nelle ostilità, vale a dire partendo innanzitutto dalle nostre idee e progettualità, piuttosto che dal male minore che consiste nel sostenere il campo e gli interessi di uno Stato contro un altro. Perché, se siamo contro la pace dei mercati, contro la pace dell'autorità, contro la pace dell’abbrutimento e della servitù, siamo ovviamente anche contro la guerra.

Intempestivi

L’olocausto delle coscienze

«Il motivo per cui non risponderanno mai alla domanda: “Com’è possibile che sia accaduto?”, è che è una domanda mal posta. Data l’umanità, la domanda è: “Perché non accade più spesso?”»
(Hannah e le sue sorelle, 1986)
 

Se c’è una città dove l’appena trascorso 27 gennaio era facile capire scopo e significato delle iniziative organizzate ogni anno dalle istituzioni per commemorare la giornata della Memoria, ebbene quella città è Livorno. Per l’occasione, al Museo Fattori erano posti in bella mostra i documenti originali e il taccuino di memorie di Frida Misul, livornese sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz.

Contropelo

Rinnovamento industriale

In questi giorni qualche timido fiocco sta imbiancando le pianure, le foreste e le colline di Belgrado est. Il termometro stenta a salire sopra lo zero nella capitale serba. In questo secondo fine settimana di gennaio sono previste nuove giornate di azione contro il progetto di apertura della più grande miniera di litio d'Europa (58.000 tonnellate all'anno), lanciato dal gruppo anglo-australiano Rio Tinto. Da diversi mesi migliaia di persone partecipano a manifestazioni, ma soprattutto a blocchi stradali in tutto il paese. La devastazione ambientale programmata da questo progetto minerario nella valle di Jadar è l'innesco di una «rivolta ecologica»...

Brulotti

Quando busseranno...

«When they kick at your front door 

How you gonna come? 

With your hands on your head 

Or on the trigger of your gun...»
 

All’inizio di dicembre uno dei tele-virologi più amati dai giornalisti affermava che la libertà di scelta costituisce un problema che chi detiene il potere dovrebbe risolvere. Che chi si ostina a non obbedire volontariamente dovrà essere costretto a farlo con la forza. Che la libertà di non vaccinarsi, ad esempio, può esistere solo per un eremita che vive da solo in mezzo al deserto.

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