Brulotti

Siamo Liberi!

Evviva! 

Siamo liberi!
Si sono infrante in mille pezzi le catene che ci aggiogavano.
Abbiamo scossa l'ignominiosa schiavitù che ci opprimeva.
Non siamo più soggetti ai capricci d'un tiranno.
E non dobbiamo più offrir diritto di vassallaggio al signore feudale.
E più non siamo gli schiavi della gleba.
E non siamo più servi.
Ma siamo liberi!
Liberi come lo è l'uccello nella gabbia.
Liberi come lo è il pesce in una vasca di cristallo.
Il regno dell'oppressione feudale ha finito per dar passo al regno della libertà borghese.
E questa è la libertà dell'uomo.
 
La libertà illumina il mondo.
Dalla rada di New York, la capitale della nazione più libera, più democratica, più repubblicana, più federale del globo terracqueo, la face della statua della libertà rischiara tutto e tutti.
A ognuno le sue ricchezze, agli altri le loro miserie.
 
Né padroni né schiavi.
Né oppressori né oppressi.
Né signori né vassalli.
Ma solo sfruttatori e sfruttati, governanti e governati, borghesi e proletari.
La libertà della fame ha sostituito la schiavitù; le fabbriche hanno rimpiazzato i castelli feudali, la prostituzione obbligata il diritto del signore sulle ragazze dei suoi possessi, il salariato ha preso il posto del vassallaggio; il nobile è stato sostituito dal borghese, il servo dal proletario.
Però i proletari non portano i ceppi dello schiavo.
Solo portano lo stigma della miseria. Solo sentono fame.
Ma che importa?
Siamo liberi!
 
Tutti siamo liberi!
I borghesi sono liberi di sfruttarci a loro piacere.
Noi siam liberi di scegliere tra lo sfruttatore o la fame.
O di essere mitragliati, come nella Francia repubblicana e nella monarchica Italia.
O impiccati, come nella federale e democratica repubblica nord-americana.
O fucilati, come nella cattolica Spagna.
Poi del resto, vi è libertà per tutti.
Tutti siamo liberi. Evviva la libertà!
 
[La Questione Sociale, Anno V, n. 95 del 21 gennaio 1899]