Intempestivi

Scintille

 

La Libera Repubblica della Maddalena non esiste più. Il sogno di una intera popolazione e di chi era accorso per darle manforte — quello di un territorio dove instaurare la democrazia diretta in contrapposizione a quella rappresentativa —  è stato spazzato via nella mattinata di ieri 27 giugno da oltre duemila servitori dello Stato, soffocato in una tempesta di gas lacrimogeni.
A poche settimane dal decimo anniversario del G8 di Genova, ovvero dalla mattanza compiuta nelle strade liguri dalle forze dell’ordine, dalle torture avvenute nella caserma di Bolzaneto, dall’uccisione di Carlo Giuliani, ancora una volta chi governa le nostre esistenze lancia il monito mussoliniano: tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato. A differenza di allora, i nemici da reprimere non erano sovversivi più o meno bellicosi giunti per mettere a ferro e fuoco una città, ma pacifici cittadini che difendevano la loro valle. Il che spiega il trattamento soft, se così si può dire, dell’intera operazione.
Ben si capisce la soddisfazione del ministro Maroni che, in poche ore, ha risolto una questione che minava la sovranità del governo. Ancor meglio si comprendono gli applausi all’operato delle forze dell’ordine arrivati da tutti i grandi partiti, di centrodestra e di centrosinistra. Tutti preoccupati perché l’esempio della Val Susa aveva spronato altri cittadini scontenti della politica istituzionale ad alzare la voce, a pretendere rispetto — oltre ad essere preoccupati per l'ombra funesta dei mancati introiti nelle loro tasche.
Per coloro che non vogliono inceneritori o basi militari, discariche di rifiuti o grandi infrastrutture, licenziamenti di massa o tagli alla spesa pubblica, anche lo sgombero di ieri deve quindi servire da esempio: nessun cittadino può opporsi allo Stato.
E noi siamo d’accordo. Nessun cittadino può opporsi allo Stato perché il cittadino, questa «cosa pubblica», è fatto per essere amministrato. Non gli si chiede di riflettere e di agire, ma di obbedire e funzionare. Lo sa Maroni come lo sa Marchionne. Dieci anni fa ci fu chi salutò la fine delle illusioni consumatasi nei vicoli insanguinati di Genova. Da quel momento in poi, le rivendicazioni democratiche avrebbero dovuto fare posto alle lotte insurrezionali. Non ci è però voluto molto perché queste illusioni rinascessero ancor più forti di prima, per altro grazie soprattutto alle battaglie in Val Susa, a tal punto che tuttora in molti si ostinano a presidiare i palazzi istituzionali. Ed oggi?
Oggi non ha molto senso né cantare l’epica lotta popolare valsusina, né deridere la rapida capitolazione della sedicente nuova Stalingrado. Lasciamo ad altri l’interessata apologia o la rancorosa deprecazione. Ci preme assai più guardare al futuro. Il “leader” mediatico dei NoTav ha dichiarato che quello di ieri è stato solo un round perso, ma che la battaglia continua. Ed ha ragione, lo sgombero della Maddalena non comporta di per sé la devastazione dell’intera valle. Tutto può ancora succedere, fin dalle prossime ore. Ma egli ha anche torto se pensa che l’interesse del governo sia quello di realizzare una grande opera che, nella migliore delle loro previsioni, entrerà in funzione tra vent’anni. Ci saremo ancora tra vent’anni, o le radiazioni nucleari, le contaminazioni alimentari, gli avvelenamenti industriali, ci avranno già sollevato dal problema dell’Alta Velocità? Aprire subito il cantiere per incassare i colossali finanziamenti europei, mostrare i muscoli per dissuadere i sempre più numerosi contestatori, ecco gli scopi immediati del governo. Il resto si vedrà...
Il sorriso stampato oggi sul volto del ministro Maroni è comprensibile, ma potrebbe diventare ben presto una smorfia. Poche settimane dopo le giornate di Genova ci furono gli attentati dell’11 settembre a spostare l’attenzione generale altrove, a indurre la popolazione a stringersi attorno ad un governo fino a quel momento screditato. La situazione sociale odierna è talmente decomposta che nulla potrà salvare quest’ordine sociale. Maroni potrà anche spegnere per un giorno il focolaio valsusino ma le fiamme possono divampare in tutto il paese, alimentate da una disperazione quotidiana che cresce a ritmo vorticoso e a cui manca solo una scintilla per esplodere. Una scintilla che potrebbe arrivare dalla Val Susa come da Napoli, da Lampedusa come da Termini Imerese, come da qualsiasi altra parte d’Italia. Ma che potrebbe venir catapultata anche dall’esterno, portata dal ghibli della rivolta nordafricana o dall’effetto domino della bancarotta greca.
Ieri mattina lo Stato ha fatto capire a tutti i suoi cittadini che la sola cosa che pretende da loro è l’obbedienza. Non la stima, non il consenso, non il riconoscimento: solo l’obbedienza data dalla paura dello sfollagente. Il ministro dell’Interno, con l’intero Parlamento, spera che questa volta la lezione sia stata capita una volta per tutte. Lo speriamo anche noi. Significherebbe la fine delle illusioni, la fine della lebbra del cittadinismo.
 
P.S. Un'ultima cosa. Nelle stesse ore in cui la polizia bastonava e gassava gli oppositori del Tav in Piemonte, in Toscana il tribunale di Firenze ribaltava la sentenza contro i vertici della Cavet per le devastazioni causate dalla costruzione del Tav in Mugello. Dalle 27 condanne e dal risarcimento di 150 milioni di euro si è passati all'assoluzione o prescrizione per tutti e a pochi spiccioli di multa. Ecco l'applicazione della democrazia. 
 
[28/6/11]