Brulotti

Sull'immunità di gregge

 
Non si può negare che quanto sta accadendo in tutto il mondo non abbia perlomeno avuto il merito di far capire cosa si intenda quando si parla di immunità di gregge. Ci sembra un concetto rivelatore, in grado di far cogliere perfettamente la sua ambivalenza di significato. Non ci stiamo riferendo alla sua accezione medica, ovviamente, ma a quella sociale. In campo sanitario è quasi patetico il suo utilizzo, una vera e propria mistificazione che alimenta la confusione promettendo un'immunità che non può esserci. L'immunità, quella vera, è infatti una condizione accertata e perenne che può essere acquisita soltanto in maniera naturale, passando attraverso la malattia (non qualsiasi malattia, però). Con la vaccinazione si ottiene l'esatto opposto. Nella migliore delle ipotesi si cerca di evitare la malattia costituendo in maniera artificiale una difesa biologica, insuperabile solo fino a prova contraria, e che per di più è spesso e volentieri momentanea. È al tempo stesso un amuleto contro la malattia e un rimedio alla pigrizia, una scorciatoia industriale al lungo sforzo di alzare le proprie difese immunitarie. Avete presente quelli che per «tenersi in salute» inghiottono pillole su pillole, piuttosto che fare la fatica di conoscersi e prendersi cura di sé? Mangiano male e prendono farmaci, dormono male e prendono farmaci, vivono male e prendono farmaci. I muscoli del culturista imbottito di steroidi sono paragonabili ai muscoli del ginnasta che fa esercizi quotidiani? Con la vaccinazione accade la stessa cosa. Ecco perché, proprio come accade con l'assunzione di farmaci e steroidi, la vaccinazione fa più male che bene, avvelenando e indebolendo ulteriormente l'organismo. Ciò detto, a quale medico illuminato da un notevole senso dell'umorismo è venuto in mente di identificare l'umanità con un gregge?
No, lasciamo perdere, è solo lasciando l'ambito medico che il concetto di immunità di gregge appare in tutta la sua ineccepibile precisione. Dicesi immunità di gregge l'immunità acquisita da chi esercita il potere (compiendo innumerevoli soprusi e disastri) dopo aver trasformato in gregge chi il potere lo subisce. Basti osservare la situazione odierna. Chi è reso immune dal gregge popolare belante sicurezza, quello che canta in coro l'inno nazionale ed applaude le forze dell'ordine? Non ci vuole molto per capire che chi denuncia gli irresponsabili che osano respirare aria fresca e sgranchirsi le gambe non fa altro che salvaguardare i responsabili che inquinano, avvelenano, contaminano. Come se l'untore su cui scaricare la rabbia fosse chi cammina per strada, e non chi espone l'esistenza umana a mille pericoli seguendo ragioni di Stato o azioni di mercato.
Ma c'è un altra sfumatura di significato presente in questo concetto, ovvero che solo un gregge di pavide pecore può pretendere l'immunità. Si tratta di una pretesa trasversale, che non conosce differenze di classe. Infatti, se i ricchi la pretendono perché lavorano-producono-pagano, da parte loro i poveri la pretendono perché obbediscono-si rassegnano-consumano. Nel cosiddetto migliore dei mondi possibili, quello presente della Scienza, del Progresso e dello Sviluppo, tutti rivendicano il loro inalienabile diritto all'immunità, rimanendo oggi sconvolti e terrorizzati dall'idea che il loro conto in banca o la loro servitù volontaria non possano impedir loro di finire come un Marco Aurelio, o un Tiziano, o un Apollinaire — stecchiti da una pandemia. Che sciocco timore! Nel caso odierno, i ricchi potranno facilmente procurarsi un respiratore artificiale in grado di ridurre al minimo tale rischio. Quanto ai poveri, non hanno possibilità di passare alla storia in quanto vittime di un contagio. Gli uni come gli altri diventeranno solo numeri di statistiche.
Quando cesseremo di considerarci vivi solo perché siamo nati?
 
[1/4/20]