Fuoriporta

Oltre ai lampi, tuoni e fulmini dal Cile

Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza e l'affidamento della gestione della strada ai militari per ristabilire l'ordine (insieme agli altri bracci armati dello Stato), il presidente della Repubblica Sebastian Piñera ha annunciato sabato 19 ottobre di rinunciare all'aumento dei prezzi del trasporto pubblico a Santiago, mentre i suoi militari decretavano l'instaurazione del coprifuoco. Infatti, dopo la grande giornata di venerdì nella capitale, dove molte stazioni della metropolitana erano state devastate e bruciate (oltre agli scontri durante il giorno), la rivolta si è estesa in tutto il paese. E questa volta, la questione non è più questo o quello, ma una critica in atti della condizione riservata ai poveri: saccheggi in massa di supermercati e centri commerciali, incendi di istituzioni (banche, municipi, caselli dei pedaggi, sedi di giornali)... ma anche entrambe le cose, poiché moltissimi negozi saccheggiati vengono pure distrutti dalle fiamme in uno stesso movimento, il che è particolarmente significativo.

Di fronte a tutto ciò, lo Stato ha dapprima istituito il coprifuoco sabato sera nella regione della Grande Santiago dalle 22 alle 7, prima di estenderlo alla regione di Valparaiso e Concepción. Violato apertamente da folle di arrabbiati in sommosse che si sono moltiplicate anche altrove, è stato esteso da nord a sud nelle città di Valdivia, Antofagasta, Talca, Chillán, Chillán Viejo, Temuco, Padre Las Casas e Punta Arenas. I suoi orari sono stati anche ridotti, dalle 22 alle 20 e perfino partendo dalle 19 a Santiago (fino alle 6 o alle 7 del mattino), ora a partire dalla quale solo i ricchi possono circolare (muniti di lasciapassare) e i militari possono sparare su chiunque e arrestare. Se questo può certamente dissuadere un po’ la parte più cittadinista dei manifestanti («meno abusi» è una delle loro richieste), ciò non spinge tanti a rientrare a casa e le sommosse si prolungano da tre giorni di giorno e di notte. Attualmente ci sono 10.500 militari (soldati e carabinieri) a pattugliare l'intero paese e tentare di ristabilire l'ordine.

Domenica nel primo pomeriggio sono state rese note alcune cifre sugli arresti avvenuti il giorno prima o durante la notte: 614 manifestanti della regione di Santiago deferiti al tribunale e 848 nel resto del paese, ossia ufficialmente 1462 detenuti di cui si occuperanno 193 procuratori nominati all’uopo. Per quanto riguarda la distruzione della metropolitana nella capitale, il nuovo bilancio è di 80 stazioni colpite su 136, di cui 11 completamente bruciate e 11 parzialmente bruciate, più 41 gravemente danneggiate (saccheggiate). A ciò bisogna aggiungere la novità di sabato, quando alcuni arrabbiati sono rientrati all’interno per bruciare 8 nuove stazioni, compresi i convogli della metro sui binari nelle stazioni chiuse: 6 sono stati distrutti, più 3 metropolitane (con diversi convogli) ridotte completamente in cenere e molti sistemi di sicurezza elettrica messi fuori servizio. Tutto questo quantificato in almeno 300 milioni di dollari di danni. Da notare che anche a Valparaiso sono state attaccate alcune stazioni (una delle quali incendiata). Tutto ciò senza contare i bus Transantiago andati in fumo. Per quanto riguarda le banche, il presidente della Asociación de Bancos ha precisato che in due giorni e due notti sono state danneggiate 130 sedi (30 delle quali distrutte) e 250 bancomat completamente distrutti (10% del totale). Per quanto riguarda i saccheggi, la catena americana di ipermercati Walmart (marchi Lider e A Cuenta) ha contato domenica almeno 125 dei suoi ipermercati saccheggiati in tutto il paese e nove bruciati. Un altro esempio riguarda i supermercati Santa Isabel, anch'essi attaccati: verso le 16:30 di domenica a Santiago, all'incrocio delle strade Trinidad e Vicuña Mackenna, diverse centinaia di persone si sono organizzate per saccheggiarlo rapidamente facendo arrivare dozzine di auto da riempire prima di condividere. Più queste sommosse si prolungano, più gli obiettivi sono vari, come il saccheggio della fabbrica Coca Cola a Puento Alto domenica... E tutto ciò in appena tre giorni.

Domenica (e lunedì nei media europei), l'asse di comunicazione del potere verte ovviamente sui morti durante i saccheggi e sull'esercito sceso in campo per impedire tutto ciò. «Siamo in guerra con un nemico potente, implacabile, che non rispetta niente e nessuno e che è pronto a usare la violenza e la delinquenza senza alcun limite», ha così dichiarato Piñera in una conferenza stampa. Precisiamo che i 7 morti registrati sono ognuno il risultato di incidenti, essendo morti durante gli incendi successivi ai saccheggi in grandi edifici, come la fabbrica di abbigliamento Kayser nel comune di Renca (a nord di Santiago) e un ipermercato Lider a San Bernardo (a sud di Santiago). Ovviamente lo Stato si guarda bene dal render noto quante persone siano rimaste ferite dai proiettili militari, molte delle quali (ad esempio a Puente Alto) ricoverate in ospedale con «prognosi riservata», o con gli occhi bucati dai proiettili di gomma (già registrati una decina di casi). Oppure il recentissimo rapporto dell’Instituto Nacional de Derechos Humanos (INDH), che denuncia maltrattamenti di minori, «molestie sessuali» o torture nei confronti di manifestanti arrestati in molti commissariati di Santiago. È «la guerra», secondo il presidente, e da entrambe le parti: espropri, saccheggi e incendi mirati da un lato, difesa del dominio a qualsiasi costo da parte dei mercenari dello Stato dall’altro.

In tutte le sommosse notturne, se i saccheggi seguiti dall’incendio di ipermercati e grandi centri commerciali rimangono i più numerosi, ci si può solo rallegrare del fatto che alcuni colgano l'occasione anche per attaccare ognuno a modo proprio gli obiettivi che più stanno loro a cuore. A Valparaiso, la notte fra sabato a domenica, è stata ad esempio la cattedrale ad avere il suo enorme portale incendiato, e l'interno completamente saccheggiato, ma anche l'edificio di uno dei due grandi giornali del paese, El Mercurio, ha subìto la stessa sorte: saccheggio ed incendio (i lavoratori hanno dovuto andarsene). A Coquimbo, sulla stessa scia, è stata incendiata la base dell'enorme Cruz del Tercer Milenio (una croce di cemento alta 80 metri e larga 40 metri eretta nel 2001). Altro esempio, nella giornata di domenica a Concepción, alcuni individui hanno sollevato la pesante saracinesca di un’armeria per poi impadronirsi in fretta del contenuto del negozio. A Iquique è stata attaccata la caserma del Reggimento di cavalleria, e l'immagine spettacolare è stata l’uscita del vecchio cannone da guerra puntato contro i moderni militari antisommossa. Altrove, soprattutto a sud, diversi caselli stradali e autostradali sono andati in fumo, l'ultimo dei quali domenica sera a Peñaflor sull'autostrada del sole, mentre molti altri sono stati bloccati da barricate.

La notte fra domenica e lunedì 21 ottobre, il coprifuoco non è stato nuovamente rispettato in molti luoghi, ma c’è da notare che la maggior parte dei saccheggi hanno avuto luogo durante il giorno, quando folle eterogenee si sono radunate da altrove un po’ dappertutto (uno degli slogan: «Svegliati, Cile!»). Una breve panoramica di questi nuovi attacchi, senza dettagli sui numerosi scontri e barricate: a Catemu, il liceo californiano e il municipio sono stati incendiati, a Olmué è toccato al municipio e al Bancoestado, a Temuco saccheggiato il negozio Fashion Park e a Iquique un Ripley, a Rancagua tutti i negozi del centro hanno perso la vetrina, a Maipú un ipermercato Lider è stato dato alle fiamme, a Chillán e a Quillota sono stati saccheggiati un supermercato Unimarc, un Ripley e un grande negozio di bricolage, ad Antofagasta un supermercato Unimarc, ecc. Di fronte a una tale estensione della rivolta, c'è una tensione classica che vorremmo inoltre sottolineare: quella tra la riappropriazione dell'esistente e la sua distruzione. Presente fin dall'inizio durante le massicce “frodi” della metropolitana di Santiago, questa tensione potrebbe evidenziare la differenza tra rendere liberi i trasporti pubblici (moltiplicando le frodi) e farli divorare dalle fiamme. Venerdì notte, una decina di stazioni della metropolitana sono state incendiate. Altro esempio: se i saccheggi dei beni di consumo si moltiplicano, abbiamo anche potuto vedere una parte dei rivoltosi incendiare i templi del consumo, e altri gettare decisamente nel fuoco schermi al plasma e altri apparecchi appena espropriati per incendiare le barricate. Una domanda che era già stata posta nei momenti migliori della rivolta greca del 2008.

Dal consumo al consumo dell'esistente, si tratta di un passo che alcune rivolte hanno iniziato a fare in minoranza a Santiago del Cile, un buon esempio di tutte le possibilità offerte quando un movimento di rottura si libera della sinistra, del suo inquadramento, della sua ideologia e della sua pacificazione, per raggiungere una dimensione autonoma che ci permetta di cominciare a distruggere tutto ciò che ci distrugge. A noi qui, mostrarci solidali all'altezza di quanto accade lì, dove tante compagne e compagni combattono. Non restiamo pacifici come l'oceano che ci separa!
 
Nota di aggiornamento
Nel primo pomeriggio di lunedì 21 ottobre, l'Istituto Nazionale dei Diritti Umani (INDH) ha elencato 84 feriti da proiettili dal 17 ottobre, e lo Stato ha annunciato questa mattina 2653 incarcerati per «saccheggio» e «distruzione». Ma per non sbagliarsi, quando la sinistra ha invocato invano uno sciopero generale illimitato, a cui il sindacato CUT e il coordinamento No Más AFP (movimento per un sistema pensionistico pubblico, avviato dai sindacati) hanno risposto finora proponendo di limitarlo a un solo giorno (mercoledì), le persone iniziano a reagire in modo appropriato: a Valparaiso, otto commissariati sono stati attaccati la domenica, a Pudahuel, nella periferia di Santiago, alcuni saccheggiatori hanno risposto sparando all'intervento della PDI (polizia speciale tipo BAC) ferendo un loro agente, mentre il 6° Comisaría dei carabinieri di San Pedro de la Paz è stato fatto oggetto di colpi d’arma da fuoco. Infine, dei 93 carabinieri feriti il lunedì, 6 sono in «condizioni gravi», due dei quali a causa di proiettili. Incendi, sabotaggi e saccheggi non accennano a diminuire, e arresti e uccisioni da parte dell’esercito nemmeno, mentre i politici sia di destra che di sinistra non sanno più a che santo votarsi.
Più l’insurrezione dura e si estende, più diventa complicato averne una visione globale, e si può vedere di tutto: da chi si organizza in gilet giallo per proteggere le merci a chi tenta in tutti i modi di offrire sbocchi politici moltiplicando le rivendicazioni (dalle dimissioni di Piñera a un’assemblea costituente). Ma come è noto, le rivendicazioni sono la morte di ogni rivolta; è dialogare e chiedere al nemico piuttosto che autorganizzarsi in modo autonomo per riprendersi con l’azione diretta ciò che si vuole e distruggere tutto il resto.
 
 
[liberamente tratto da indymedia Nantes]