Intempestivi

La miserabile umanità

Apatride
 
Le immagini dei bambini nelle gabbie al confine fra il Texas e il Messico gridano vendetta. Ancora di più, l’irrisione della polizia nei confronti dei pianti delle piccole incarcerate nei giorni in cui, in un ghetto di Pittsburgh, viene ucciso dagli sbirri l’ennesimo afroamericano.
In Italia la Trump-opinione – perché di pensiero non si può parlare, dato che necessita di cervello e sensibilità – si incarna nei vari Salvini, Toninelli e Di Maio (e prima nei Renzi, Gentiloni e Grasso). La politica della chiusura delle frontiere semina la vigliaccheria più popolare. 
Se da una parte la guerra civile è sempre più una questione da prendere in considerazione, dall’altra questo potere provoca una cinica ilarità. Tutto torna nell’era della viltà condivisa. Quando la percezione viene devastata dal vuoto gergo da social network, l’immaginario viene visto come fantasticheria tecnologica, l’intelligenza viene vissuta come segnale di solitudine e chiusura, la passione viene associata moralisticamente alla violenza gregaria, la sensibilità percepita come buonismo cattodemocratico, la memoria rimane nei freddi portaoggetti da mausoleo, il confine tra il tutto opinabile e il pensiero singolare sfuma. E qui la tecnocrazia delle anime pie democratiche, idolatre di Mattarella o della democrazia radicale alla Negri, sprofonda nell’antipaticissima idiocrazia. In ogni dove si respira il motto: «Liberi di servire, liberi di obbedire, liberi di voler (un giorno e al più presto) comandare». Questo mostro rozzo, falsificante e pagliaccesco, non solo dirige l’economia e la politica dettando la cultura e contenendo l’esistenza, esso guida anche la mite protesta che non riesce ad andare al di là delle catene democratiche. Prendiamone atto: oggi siamo ricoperti di merda, tanto che si annusa solo odore di fango.
Se lo schiavismo è sempre più tetro e la rabbia sovversiva sempre più impotente, potremmo anche essere orgoglioni dello sciacallo yankee e del becero leghista, idoli della massa più ignorante e vendibile al mercato delle opinioni. La continuazione di questa miserabile umanità – con le sue divinità da pregare, le tasse da pagare, le leggi da rispettare, con i suoi diritti da rivendicare, i suoi doveri da espiare, le sue serate da drogare, la sua polizia da aiutare, le sue merci da consumare, il suo mondiale di calcio da tifare, le sue servitù che non si desiderano attaccare e i suoi buffoni da 140 caratteri da idolatrare – è oggi la possibilità concreta dell’estinzione di tutto ciò che è altro, singolare e sovversivo. A meno che... A meno che nella testa, nei cuori e nelle mani si crei e si percorra l’eccitante autismo degli insorti, fra sabotaggi ardenti e diserzioni necessarie. Per oltrepassare la paura delle macerie e creare uno scarto irrecuperabile con ciò che è Stato. 
 
[Frangenti, n. 28, 29/06/2018]