Brulotti

Hors Service, ancora

Dopo la fine dell’avventura del giornale Hors Service, è giocoforza constatare che neanche noi abbiamo «trovato» il Vello d’oro. L’abbiamo voluto, desiderato, sognato. Abbiamo combattuto, con ostinazione, abbiamo incassato colpi. Abbiamo rischiato, ci siamo messi a nudo intraprendendo quel viaggio, abbiamo osato in terre ignote. Se il nostro battello non è arrivato a destinazione, dev’essere perché la destinazione è il viaggio stesso.
Il giornale che abbiamo cominciato a editare nell’inverno 2010 è stato un bel veliero per inseguire i nostri sogni. Talvolta i venti hanno stravolto le nostre cartografie e le tempeste hanno sballottato i viaggiatori. Tanto meglio, era la tempesta che volevamo! La tempesta in noi, la battaglia testarda contro un mondo di morti. Abbiamo spezzato le catene delle convenzioni e del male minore per fare infiammare i nostri cuori. Ed essi si sono incendiati, sempre cercando di portare il fuoco non solo davanti alle porte dei nemici della libertà, ma anche nei corpi dei nostri contemporanei.
La parola è una compagna di viaggio capricciosa. Essa cerca di gettare dei ponti, di aprire brecce in quello che è da sempre l’obiettivo primario dell’autorità: la mente e il cuore degli uomini. In genere si arena, errando nel deserto. Ma a volte riesce a diventare grido, ferendo la carne infestata da ideologie, da fedi, da obbedienza. Non esiste una forma più proficua di un’altra, essendo pur sempre una ferita individuale, una coltellata nel ventre del singolo. Altrimenti, la parola non sarebbe che artificio di propaganda interessata, di reclutamento, d’irreggimentazione.
È ancora possibile oggi usare la parola per diffondere le idee anarchiche? Ha ancora senso intraprendere avventure quali la pubblicazione di un giornale? È ancora possibile che le nostre parole vengano comprese da altri? Queste domande non dovrebbero ricevere una risposta troppo affrettata e meritano una riflessione più approfondita. Le montagne di menzogne e di manipolazioni accumulate dal potere, il suo programma di annichilimento della vita interiore dell’uomo, della sua sensibilità e della sua immaginazione, della sua capacità di ragionare e di amare potrebbero rendere tali tentativi del tutto obsoleti e disperati. Si sarebbe portati a credere che le sole parole che ancora si possono lanciare in sfida agli schiavi di questo mondo siano la folgore e il fuoco. Per distruggere tutto. Per radere tutto al suolo. A rischio di soccombere noi stessi. Ma la distruzione rischia di rimanere prigioniera di questo mondo qualora non sviluppi nel contempo l’immaginazione, la sensibilità appunto, della libertà. Qualora non riesca a vedere nella fiamma devastatrice anche la gioia della sua libertà all’opera, una promessa prometeica. Non di un mondo come descritto più volte in passato sui libri anarchici, non un’utopia che fa baluginare un paradiso nell’aldilà, ma l’esigenza vitale di non essere ridotti a un nulla che semina nulla attorno a sé. Le nostre armi devono essere caricate di futuro, e in questo la parola potrebbe ancora svolgere un proprio ruolo.
Il giornale Hors Service non si è certo distinto, lo auspichiamo, per la volontà di edificare un qualunque paradiso o lessico dell’anarchismo. Tuttavia non abbiamo neanche lasciato i nostri desideri sul limitare della porta. Abbiamo concepito questo giornale come una piccola imbarcazione che ci consentisse di andare ad esplorare isole perdute, giungle selvagge, alte montagne nella nebbia. Ma sempre cercando di suggerire qualche cosa, qualcosa di particolare. Una piccola cosa, si dirà. Una piccola cosa che si chiama attacco. E non appunto un generico attacco contiguo alla vacuità dei catechismi dell’anarchismo, ma precisi attacchi, per colpire precisi responsabili, l’attacco che piomba come un ospite inatteso nel mondo delle cose e degli uomini per portarvi distruzione e disorganizzazione. È forse un aspetto fondamentale di ciò che potrebbe essere oggi una diffusione delle idee anarchiche: il suggerimento dell’attacco, le precise informazioni necessarie alla sua propulsione, la difesa degli atti che seminano lo scompiglio nella marcia del potere. Per essere in grado di fare ciò, o quanto meno di provarci, occorrono certi ingredienti che sono gli stessi di ogni altro progetto di lotta anarchica: la conoscenza del terreno, l’analisi dei rapporti sociali, lo studio dei mezzi di lotta. Con questo piccolo apporto gli anarchici potrebbero contribuire ad alimentare ciò che cova nel ventre della società.
Hors Service, spuntato in due inchieste antiterrorismo che hanno colpito alcuni anarchici ed anti-autoritari in Belgio, non si è rivolto anzitutto agli altri anarchici, essendo per l’appunto un vascello per intervenire nelle realtà sociali, in particolare nei quartieri popolari di Bruxelles. La sua diffusione avveniva tutti i mesi (e per un periodo, ogni due settimane), stampato in alcune migliaia di copie, diffuso di mano in mano nelle strade. Il modo di scrivere, il taglio degli articoli, gli angoli d’attacco, la forma, il linguaggio non hanno prevalso sulle idee che si volevano difendere; il giornale era quindi anti-politico. Ma ciò non ci ha impedito di cogliere meglio le infinite possibilità del linguaggio, pur scontrandosi con quei limiti. Pensiamo che questa esperienza possa smentire sia chi pretende che non ci sia più niente da dire e che ogni parola sia diventata inerte e dunque superflua, sia chi di fronte alla sfida della diffusione delle idee anarchiche ritiene che sia meglio adattarsi, abbassare le pretese, livellare tutto al fine di accrescere le possibilità di gettare quel famoso ponte della comunicazione e del dialogo. Questa ultima ipotesi è semplicemente sbagliata. Applicare dei processi politici alla diffusione dell’idea anarchica non apre che una sola strada: rientrare nei ranghi dell’«opposizione critica», e poi, inevitabilmente nei gironi del potere. Pensiamo di poter affermare che l’esperienza di Hors Service mostra che è sempre possibile parlare agli altri delle idee anarchiche senza doverle diluire, proporre suggerimenti di lotta senza fare calcoli col codice penale in testa, sviluppare analisi proprie  che non oscillino a sinistra o a destra nell’illusione di colmare così il presunto «vuoto teorico» degli anarchici. Bisogna appunto osare e non aver paura di sbattere sugli scogli.
 
«Contro l'odioso accoppiamento del conformismo e de! terrore,
contro la dittatura dei “mezzi” dimentichi dei fini di cui si fanno belli,
la Gioconda dell'utopia può non prevalere ma far di nuovo aleggiare il suo sorriso
e restituire agli uomini la scintilla prometeica da cui si riconoscerà la loro riacquisita libertà»
Georges Henein, 17 agosto 1945
 
 
Hors Service
recueil d’articles du journal anarchiste 2010-2014
228 pp, 6 euro
Edizioni Tumult
 
tumult.noblogs.org
 
(In questa raccolta, abbiamo ripreso una selezione di articoli apparsi nel giornale. Non è stato facile stabilire i criteri di tale scelta, né seguirli sempre)