Brulotti

Bring zombies home!

 
Talvolta mi domando se ostinarsi a disseppellire dotte riflessioni per dare un senso a quanto accade sotto i propri occhi non sia una perdita di tempo, facilmente evitabile ricorrendo a reazioni istintive più immediate. Prendete ad esempio l’eccitata esaltazione di un glorioso passato — di cui si è in piena consapevolezza non solo rimosso gli aspetti peggiori, ma anche tradito e rinnegato quelli migliori — pur di fare affari con questo miserabile presente. Ecco, davanti a simili patetici espedienti vale davvero la pena di scomodare le riflessioni di Nietzsche sulla cattiva coscienza («Considero la cattiva coscienza come quella grave malattia in balìa della quale doveva cadere l’uomo sotto la pressione della più radicale tra tutte le metamorfosi che egli abbia mai vissuto — quella metamorfosi in cui si venne a trovare definitivamente incapsulato nell’incantesimo della società e della pace»)? Non basterebbe sputare di passaggio sul paraculismo bottegaio? L'ennesima occasione per pormi questo interrogativo me l'ha fornita l'arrivo qui in Italia di Bill Ayers e della sua consorte Bernardine Dohrn.
Quando erano esseri umani, vivi, pieni di sogni e di desideri (seppur pesantemente infestati dall’ideologia più sinistra), erano due rivoluzionari assai celebri negli United States of America degli anni 70. Dal 1969 al 1981 parteciparono ai Weather Underground, ovvero la più famosa organizzazione armata di sinistra (composta da soli bianchi, essendo all'epoca i neri attratti per lo più verso il Partito delle Pantere Nere) attiva nella roccaforte del capitalismo, autori di alcune delle più notevoli azioni di guerra (di classe) contro lo Zio Sam. La loro vita finì nel momento in cui si arresero e si consegnarono all’FBI, nel 1981, ovvero quando — riuscendo ad evitare la prigione grazie allo smascheramento degli imbrogli degli agenti del governo — iniziarono la loro carriera all’interno di questa società. Il motivo della visita di questi due zombie è il lancio dell'edizione italiana dell’autobiografia di Ayers intitolata Fugitive Days, già pubblicata alcuni anni da Cox 18 ed ora ristampata da Derive & Approdi. Non ho letto il libro, che già sono allergico alle memorie dei reduci indigeni, ma ho purtroppo letto alcune delle recensioni che lo hanno osannato e...
Ecco, non so bene cosa dire. Fra l'autore, gli editori e i recensori, dovrei pensare anch'io all'«uomo che in mancanza di nemici esterni e di resistenze, rinserrato in una opprimente angustia e normalità di costumi, faceva impazientemente a brani se stesso, si perseguitava, si rodeva, si aizzava, si svillaneggiava, quest’animale che si vuole “ammansire” e dà di cozzo alle sbarre della sua cella fino a coprirsi di piaghe, questo essere che manca di qualcosa, che si strugge nella nostalgia del deserto e che deve far di se stesso un’avventura, una camera di supplizi, una selva insicura e perigliosa – questo giullare, questo desioso e disperato prigioniero divenne l’inventore della “cattiva coscienza”»? Oppure no, troppa inutile fatica, meglio lasciar perdere simili toccanti citazioni che in fondo interessano a ben pochi e limitarmi a sghignazzare senza ritegno davanti all'ultimo «evento» pompato ad arte da tutti questi veri e propri cazzari della memoria?
Quindi, un ex rivoluzionario di nome Bill Ayers ha scritto un libro sul suo trapassato remoto clandestino trascorso a combattere la società borghese, anche a rumor di bombe. Io non so se quanto da lui narrato sia vero o meno (c'è anche un'altra ex militante dei Weathermen che lo ha definito una «carnevalata»). Ciò che so è che Ayers lo ha scritto durante i suoi Accademic Days, cioè dopo che le marachelle giovanili hanno lasciato posto alle lezioni universitarie. Non piazza più cariche di dinamite negli uffici governativi, collabora con le autorità di Chicago con tale dedizione da venire eletto nel 1997 «uomo dell'anno» dall’amministrazione comunale! Dall’amore per Bob Dylan all’odio contro la guerra del Vietnam, e da Bring war home a Sweet home Chicago, insomma. Nemmeno sua moglie è rimasta una fuorilegge d'America, anzi, al contrario! Da molti anni la «pasionaria della sinistra fuori di testa» si è ravveduta, ed essendo rientrata nella sua testa da militante di sinistra si è messa a insegnare legge in una istituzione universitaria. I loro avversari repubblicani li danno per amici di un’altra coppia celebre, Barack&Michelle, mentre i loro amici democratici li danno per semplici vicini di casa e conoscenti? Mah, chissà se è vero. Resta il fatto che Ayers dei suoi giorni clandestini ha conservato solo la fedeltà alla meteorologia, infatti indossa sempre gli abiti indicati dal barometro: estremisti in tempi di burrasca, moderati in tempi di quiete.
Con una tale preistoria da rivoluzionario di cui vantarsi ed una simile storia da cattedratico con cui rassicurarsi, non c'è da stupirsi che Ayers abbia così tanti spasimanti fra la sinistra radical-chic e becero-shock, la quale va ghiotta per le mutazioni da estetizzare, commerciare e propagandare. Ma quanto è bella la lotta armata fatta una quarantina di anni fa? Si può anche fare a meno di chiederlo ai suoi editori, a chi voleva trasformare i centri sociali in imprese commerciali (e di tanto in tanto fa lo strillone elettorale per la sinistra) o a chi si compiace della rima fra dissociazione e rivoluzione, dato che lo spiegano fin troppo bene gli esaltati recensori di Fugitive Days. Sandro Moiso su Carmilla, in piena botta di mitopoiesi, definisce i Weathermen «un gruppo di giovani incoscienti e coraggiosi» partiti «sulle orme di Hukleberry Finn e di Ishmael, l'io narrante di Moby Dick». Ma certo che sì, cazzo! I loro maestri erano Mark Twain ed Herman Melville, mica Mao e Ho Chin Min! D'altra parte, è risaputo che Stalin era Robin Hood e Kamo il suo fido Little John, mentre Renato Curcio era Lancillotto e le Brigate Rosse niente meno che i Cavalieri della Tavola Rotonda. Tutta questa bella gente non lottava per conquistare il potere, naaaaa, bensì l'amore di Lady Marian e Ginevra! E la dittatura del proletariato altro non era che una ingenua e candida metafora per indicare il Sacro Graal (e Sergio Segio, ma quanto è stato bravo ad ispirare il bel tenebroso Scamarcio?). Valerio De Simone, su Alfabeta2, ci assicura che «il libro di Ayers interessa in particolar modo per lo spaccato di un’America in cui i giovani criticavano il sistema capitalistico, con accenti talora non distanti da quelli infuocati che usa oggi il candidato alla leadership democratica, il socialista Bernie Sanders». Ma è ovvio, come ho fatto a non pensarci? Chi voleva distruggere l'imperialismo americano non è talora distante da chi ambisce alla Casa Bianca… vai Bernie, fai saltare anche tu il Pentagono e il Campidoglio! Anzi, aprili dall’interno come una scatola di sardine! In fondo, è quasi la stessa cosa. Il docente di Scienze politiche Fabrizio Tonello, sfidando il senso del ridicolo, ci assicura che Guy Debord sarebbe «stato entusiasta di analizzare un gruppo che produceva manifesti politici di 80 pagine in perfetto gergo marxista-leninista ma al tempo stesso riscriveva i testi del musical West Side Story in chiave terzomondista». Altro che, tanto quanto avrebbe votato per Grillo e il Movimento 5 Stelle! E l’ex militante di Potere Operaio e portavoce di Rifondazione Comunista al Senato, Andrea Colombo, dalle pagine del quotidiano dei pompieri della rivolta Il Manifesto ci esorta anche lui a buttare sempre e comunque la rivoluzione in pura letteratura: «Ma per chi a un libro di questo genere chiede invece di restituire il senso, le emozioni e quasi le sensazioni fisiche di un’epoca, Fugitive Days è impareggiabile», essendo «anche scritto benissimo, tanto da poterlo leggere come un romanzo avvincente».
Davvero, davanti a questa apoteosi di ipocrisia è impossibile stupirsi se a Bologna il pensionato cattedratico americano sarà introdotto dal nonno dei recuperatori italioti, l’insulso Bifo. È il minimo che potesse capitare ad entrambi. Mah, sempre meglio che trascorrere la vita dietro alle sbarre come il suo ex compagno David Gilbert, quel povero fesso che non si è mai arreso e che è stato arrestato all’inizio degli anni 80 dopo una rapina (Bill & Bernardine ne hanno poi adottato il figlio appena nato, ma non chiamatela coscienza sporca…).
Ma perché rimuginarci sopra, mi domando… In fondo è lo stesso Ayers a ricordare che «Dall’inizio del 1969, fino alla primavera del 1970, negli USA ci furono più di 40 mila minacce o attentati e 5 mila esplosioni riuscite contro obiettivi governativi o imprenditoriali, una media di sei attentati al giorno. Salvo due o tre casi, l’intera orgia di esplosioni era rivolta contro le proprietà, non contro le persone […] Cinquemila esplosioni, circa sei attentati al giorno, e i Weather Underground ne avevano rivendicate sei, in tutto. Sono cifre che fanno riflettere». Già, sull’inutilità delle vedette della rivoluzione e sulla miseria degli interessati badanti della loro vecchiaia.
 

[18/11/16]