Brulotti

L’atto più autoritario

Apio Ludd

 

Non molto tempo fa una persona mia amica ha definito l’omicidio «l’atto più autoritario». Certo, se uccidi qualcuno che non ha chiesto il tuo aiuto per porre fine alla sua vita, stai usando la forza contro quella persona per imporle la tua volontà… E se definisci l’autorità come l’uso della forza per imporre una volontà su altri, uccidere qualcuno contro la sua volontà può essere di fatto un atto autoritario. Ma «l’atto più autoritario»? Non penso.

Prima di proseguire, voglio chiarire che io non definisco l’autorità come l’uso della forza per imporre la propria volontà su un altro. L’autorità, per come l’intendo io, richiede un passo ulteriore. Ovvero l’istituzionalizzazione di questo uso della forza al fine di imporre una volontà. Tale istituzionalizzazione consente a un gruppo particolare di monopolizzare l’uso della forza in modo di mantenere una continua imposizione della propria volontà su altri. Senza la creazione di una struttura istituzionale, l’autorità non può coagularsi. Gli stronzi che si impongono possono avere la meglio finché gli altri non li battono, non li intruppano, o magari… non li uccidono… qualora sia il solo modo per fermare la loro stronzaggine.
Ma, anche allargando la definizione di autorità a qualsiasi uso della forza per imporre una volontà, non penso che l’omicidio sia l’atto più autoritario. Se uccidi un altro essere vivente che non ha chiesto il tuo aiuto per morire, stai di fatto prendendo la sua vita, togliendogliela contro la sua volontà. Ma stai anche togliendo la sua vita da te stesso. Una volta che è morto, non hai più potere su di lui. Non è rimasto più nulla su cui puoi esercitare l’autorità.
Tuttavia esiste un altro modo per togliere la vita a qualcuno. Mi riferisco alla schiavitù, cioè all’addomesticamento. Gli schiavi hanno perso la propria vita mentre sono ancora vivi. Colui che in un dato momento ne reclama il possesso, li usa per i propri scopi. Ma un simile rapporto può essere instaurato solo se viene istituzionalizzato in relazioni sociali basate su ruoli sociali e se tutte le persone coinvolte accettano questi ruoli e rapporti istituzionalizzati. Finché la schiavitù, l’addomesticamento, la sottrazione della vita degli altri mentre sono ancora vivi richiedono l’istituzionalizzazione della forza per sussistere, considero questo furto della vita del vivente come l’atto più autoritario, perché è l’atto attraverso cui l’autorità viene instaurata. E può durare solo finché coloro che vengono così derubati si rassegnano a questa rapina. In altre parole, l’autorità non può vivere senza obbedienza. Un ordine sociale autoritario è composto da padroni e da schiavi. Affinché un padrone eserciti l’autorità, ha bisogno di vittime viventi disposte a rinunciare alla propria vita per appartenere a un altro.
Ovviamente, chi possiede l’autorità spesso uccide e qualche volta (ad esempio, in guerra o in caso di genocidi) in massa*. Ma il più delle volte uccide chi non può controllare. Il genocidio delle popolazioni indigene dei continenti americani avvenne prima di tutto perché non intendevano essere schiave dei conquistatori europei e dei loro discendenti. Gli sbirri giustiziarono Jacques Mesrine per strada perché era incontrollabile. Se i nativi avessero voluto essere schiavi, se Jacques Mesrine avesse voluto avere un normale lavoro da schiavo, le autorità avrebbero potuto lasciarli vivere.
Uno schiavo può essere costretto ad uccidere per porre fine alla propria schiavitù. Una persona libera può dover uccidere per evitare la schiavitù. In entrambi i casi, l’omicida usa la forza per imporre la propria volontà (non essere schiavo), ma così facendo attacca l’autorità che si impone su di lui, distruggendone la capacità di imporre la propria volontà. No, uccidere non è affatto l’atto più autoritario. L’atto più autoritario è comandare, rivendicare il controllo sulla vita di un altro. Il secondo atto più autoritario è obbedire, perché un comando è inutile senza obbedienza.
 

* Sebbene sia un errore definire questo un omicidio indiscriminato, in quanto chi ha il potere in questi casi discrimina eccome, per ragioni ideologiche, per ragioni di propaganda, per manipolare ulteriormente le proprie pecore obbedienti…

 
[My Own, n. 19, estate 2016]