Brulotti

Il delatore

Abbiamo trovato questi versi sulla prima pagina de La Diana (n. 5, 1 giugno 1928), giornale anarchico diffuso da Paolo Schicchi a Parigi. Abbiamo poi scoperto che la poesia è tratta dai Canti per il popolo pubblicati nel 1843 da un autore il cui nome non merita di essere ricordato, essendo un filomonarchico parlamentare. La riproponiamo oggi, come prima candelina di una infame ricorrenza da non dimenticare, tanto per evidenziare come tanto tempo fa il disgusto per i delatori fosse pressoché universale. Mentre oggi c’è — invece — la prudente connivenza e l’oblio interessato di chi ha finito col perdere ogni dignità fra i tornanti dell’opportunismo politico.
 
***
 
Le orecchie intente, gli sguardi bassi
Tu come un’ombra segui i miei passi:
Se un lieve accento muovo al compagno,
Ratto ti sento sul mio calcagno.
Va, sciagurato, mi metti orrore;
Sei delatore!
 
Ma quando mangi pan guadagnato
Con l’abbiettezza del tuo peccato,
La bieca larva del tradimento
Non ti sta presso? non n’hai spavento?
Va, sciagurato, mi metti orrore:
Sei delatore!
 
Il sol la luce dovria negarti; 
Mai col tuo nome nessun chiamarti,
Ma con quell’altro che ti dispensa
Pane e vergogna sull’empia mensa.
Va, sciagurato, mi metti orrore:
Sei delatore!
 
Talora il ladro chiamo infelice:
Degna di pianto la meretrice;
Da me un’ascosa lagrima ottiene
Sin l’omicida stretto in catene:
Ma tu, tu solo mi metti orrore;
Sei delatore!
 
Va, sciagurato; cala il cappello,
Ti ravviluppa nel tuo mantello, 
E se un istante sul cor ti pesa
La mia parola, cerca una chiesa,
E piangi, e grida: — Pietà, Signore,
Son delatore!
 
Là solamente presso a quel trono
Può la tua colpa trovar perdono;
Impauriti de’ tuoi tranelli,
Più sulla terra non hai fratelli.
Va, sciagurato, mi metti orrore:
Sei delatore!
 
[28/12/15]