Brulotti

No eradicazioni, no frontiere

«Prima hanno riempito le campagne di fotovoltaico, ora vogliono tagliare migliaia di ulivi.
Protesto per il mio futuro, perché non ho più niente.
Non mi interessa di essere uscito su RaiUno, non devo fare l’attore,
voglio lottare per ottenere il mio obiettivo: la fine delle eradicazioni»
 
Mentre decine di manifestanti occupavano i binari di un paese della provincia di Brindisi per sette ore, rallentando circa trenta treni regionali e nazionali, uno dei manifestanti si esprimeva più o meno nei termini sopra riportati, per convincere gli altri a resistere ancora. 
La semplicità di quelle parole riporta la spontaneità di molti nella protesta contro le eradicazioni degli ulivi in Salento, che ha come fine appunto il ritiro del cosiddetto “Piano Silletti”, dal nome del Commissario straordinario nominato a gestire quella che si vuole far passare come l’emergenza «xylella fastidiosa», il batterio che avrebbe infettato migliaia di ulivi, secondo la propaganda statale. Molti stanno cercando, ormai da tempo, di smascherare cosa è accaduto e quali sono le ragioni che hanno portato all’emanazione di questo piano: collusioni politiche, presenza invadente e invasiva di multinazionali agroalimentari – quali Monsanto – sul territorio, interessi politici vari, utilizzo massiccio di pesticidi per decenni che ha impoverito il terreno, piani di speculazione, imposizione di un cambiamento, nella produzione di olio, da un modello agricolo tradizionale ad un modello industriale. Ma se l’analisi di ciò che sta accadendo risulta essere più chiara, più confuse risultano essere le ragioni per opporsi e i modi con cui farlo. Se è chiaro che ad avere creato questa situazione sono le istituzioni (locali, nazionali o europee, poco importa) con le loro omissioni, i loro diktat, i loro piani nascosti, a cosa può servire rivolgersi ad esse per essere tutelati e difesi. Se gli interessi dell’economia, che siano di grosse multinazionali, come di singoli rappresentanti delle istituzioni, ma di fatto al soldo di grosse lobby, come il Commissario europeo Paolo De Castro, portano verso l’imposizione di decisioni e nuovi modelli di “progresso agroalimentare”, a cosa serve appellarsi ad una Commissione Europea, al Ministro di turno o al Governatore neo eletto? Saranno anch’essi parti e pedine di un unico gioco, con il semplice scambio di ruoli e responsabilità a seconda del momento. E che senso può avere utilizzare i media, in primis giornali locali cartacei o online, la maggior parte dei quali fin dall’inizio diffonde notizie tese a disorientare e creare paura? 
La ricerca infine, apertamente schierata a sostegno dell’ipotesi «batterio uguale malattia», ha già fatto i suoi danni fungendo da giustificazione per gli abbattimenti e le eradicazioni, senza che uno straccio di analisi e di prova provata abbia dimostrato che il disseccamento sia provocato da xylella. 
Potremo continuare a difendere l’identità di un popolo (quale?), i nostri ulivi, il nostro territorio, dando sponda ad animi e idee nazionalistiche, chiuse, escludenti, oppure potremo tenere conto che ciò che accade agli olivicoltori e ai contadini in Salento, è ciò che accade in molti altri posti del mondo, dove i contadini vengono espropriati delle loro conoscenze e della possibilità di coltivare la terra a causa di semi brevettati dalle multinazionali, o a causa dell’impoverimento dei terreni usati per grosse produzioni finalizzate, ad esempio, a produrre energia (colza, mais, girasoli ecc). Ciò che abbiamo davanti agli occhi è un’imposizione del potere che si beffa dei suoi sudditi e li tratta come animali da macello. A difendere i suoi piani, le forze di polizia e di repressione, sia che ci si trovi di fronte la guardia forestale, che sorveglia che gli abbattimenti di alberi vengano eseguiti, sia che ci si trovi di fronte chi cerca di controllare e reprimere le proteste delle persone. E allora a che serve il dialogo con chi impone democraticamente le sue scelte e disprezza gli abitanti e i luoghi che governa? 
L’autodeterminazione e un obiettivo chiaro sono strumenti importanti, la coscienza degli esclusi e degli sfruttati contro gli sfruttatori può essere un fattore di accelerazione verso un cambiamento, ma questa volta tutto a nostro favore. 
 
[Brecce, n. 4, 11/15]