J. S.
Quello che il presidente della repubblica stava per comunicare, addio, addio, ci vediamo, era già noto a tutti, ma è comprensibile che le persone fossero curiose di vedere come se la sarebbe cavata. Ecco dunque il discorso completo, cui mancano solo, per insormontabile impossibilità di trascrizione, il tremore della voce, la compunzione del gesto, l’acquetta occasionale di una lacrima a stento trattenuta.
Vi parlo con il cuore in mano, vi parlo squassato dal dolore di un allontanamento incomprensibile, come un padre abbandonato dai figli che ha tanto amato, smarriti, perplessi, loro ed io, di fronte a un susseguirsi di alcuni avvenimenti insoliti che sono venuti a spezzare la sublime armonia familiare. E non dite che siamo stati noi, che sono stato io, che è stato il governo della nazione, nonché i deputati eletti, che ci siamo separati dal popolo.
Siete voi, sì, soltanto voi, i colpevoli, siete voi, sì che ignominiosamente avete disertato dal concerto nazionale per seguire il cammino contorto della sovversione, della indisciplina, della più perversa e diabolica sfida al potere legittimo dello stato di cui si abbia memoria in tutta la storia delle nazioni.