Brulotti

Orientamento

“Le cose più belle son quelle che prendono fuoco”, recita una canzone di un gruppo alla moda. Ed è quello che abbiamo pensato quando abbiamo visto le immagini della rivolta di alcuni immigrati, a Bari, stanchi di vivere una vita sospesa. Fuggiti dalla guerra o dalla miseria o in cerca di fortuna, hanno trovato davanti a loro violenza e ingiustizia. L’emigrazione, i viaggi durante i quali si rischia la morte, “l’accoglienza” fatta di filo spinato, nel Paese di approdo.
Bisogna avere le orecchie ben tappate e gli occhi ben chiusi dalla propaganda per non accorgersi della violenza che c’è dietro tutto questo. La violenza di un’economia che sempre più crea nuovi schiavi e sposta milioni di esseri umani alla ricerca di un lavoro. La violenza di leggi che escludono e classificano: chi ha diritto e chi non ce l’ha, chi è clandestino e chi è rifugiato. Confini ormai labilissimi che aumentano la rabbia e la disperazione.
Pochi giorni fa alcuni stranieri che si trovavano nel centro per richiedenti asilo di Bari, in attesa da alcuni mesi della risposta alla loro richiesta di permesso di soggiorno hanno smesso di chiedere e hanno deciso di farsi ascoltare dando vita ad una rivolta, bloccando i mezzi di trasporto e i binari e prendendo di mira le forze di polizia, come sempre schierate a reprimere la protesta e difendere quell’ordine, privilegio delle classi economiche dominanti.
Una violenza inammissibile, ha sentenziato qualche esponente istituzionale. E per una volta siamo d’accordo con lui. È una violenza inammissibile infatti, che l’ennesimo viaggio della speranza di altri stranieri in fuga si porti dietro una carico di 25 cadaveri. È una violenza inammissibile che un altro straniero muoia, per cause naturali si è detto, mentre svolge la raccolta delle angurie sotto il sole estivo del Salento, in condizioni di schiavitù, per 30 euro al giorno. Così come è una violenza inammissibile che le cosiddette energie alternative, siano impiantate con lo sforzo disumano di altri stranieri (qualcuno avrà sentito parlare del caso Tecnova e dei pannelli fotovoltaici installati da centinaia di immigrati in condizioni lavorative degne dell’800: orario di lavoro infinito e paga da fame), alla faccia di chi afferma che la green economy rappresenta il motore di un altro mondo possibile. Ed è infine una violenza inammissibile che centinaia di immigrati siano reclusi fino a 18 mesi in centri di identificazione ed espulsione, solo perché non hanno un documento in regola.
Se solo riuscissimo a vedere che le condizioni di spossessamento accomunano tutti gli sfruttati, stranieri, italiani, regolari, irregolari, troveremmo una bussola per orientarci…contro un ordine iniquo e chi lo difende.

[13/08/2011]