Brulotti

Distruggere lo Stato

Jean Crones
 
Oggi due questioni entrano prepotentemente negli occhi di chi è attento: da una parte democratici ed opinioni riformiste stanno sconfiggendo la creatività sovversiva con le armi e la fandonia elettorale, dall’altra un certo antifascismo vuole obbligare il potere a restare democratico, impedirgli di diventare sempre più reazionario, dando una fiducia illimitata allo Stato. Si chiede al dominio meno bastone e più carote... Miopia neutrale e mutilazione moralizzante ci indicano che le richieste allo Stato mantengono vivo e vegeto lo stesso mostro statale, tutt’al più mostruosamente tecnologico. 
Gli esseri di questa era pensano che la società sia fatta dallo Stato e non da loro stessi. Va da sé che lo Stato non è percepito solo come un fuori. Esso è dentro di noi: occupa la totalità delle esistenze e trasforma ogni rapporto in atti burocratici o in squallide attività mercantili. L’obbrobrio burocratico lavora alla felicità di tutti, essendo un fondamentale agente e l’arbitro delle vite. La convivenza fa rima con lo Stato. Il dominio riesce ad eccitare le persone per il proprio profitto, demistificandole ed indicando loro come trucidare perfino se stesse. Sopra la gente lo Stato campa, sotto lo Stato la gente crepa, ma lentamente. 
Lo Stato è così penetrato in tutta la società al punto che le poche lotte di oggi ci indicano che esso non sia più da distruggere, ma da conquistare e quindi da occupare. Ecco perché lo Stato è un rapporto sociale; essendo così dentro di noi, non ci accorgiamo neanche che molto spesso lo alimentiamo dicendo di opporvisi. 
Oggi che l’asceta è legato in modo indissolubile al consumatore di merci, attraverso l’alienazione, siamo così sicuri che il deserto di una comunità che si autoalimenta attraverso i bisogni sia la risposta alternativa al dominio? In un mondo dove nessuno può essere se stesso, l’isola felice non genera lo stesso mondo della sopravvivenza? 
Se per il cittadino un mondo senza Stato è inconcepibile, allora attraversare qualcosa di inconcepibile potrebbe far divampare il fuoco di una vita, senza l’incombente automatismo statale di un’immensa stampante 3D. Pensare che lo sconvolgimento del vivere non è uno scontro fra due eserciti, non è la lotta armata contro la polizia, ma è il subbuglio di tutti gli aspetti della vita. I «fronti» e tutti i cultori dello scontro fisico entrano in uno spazio del tutto politico in cui in palio c’è la conquista del potere, come un certo antifascismo recente ci propina. Non rispondiamo a questo appello, disertiamolo! 
Lo Stato inizia a perdere colpi quando lo si vuole liquidare, quando lo si vuole distruggere, quando gli si vuole togliere la maschera della mediazione dei conflitti. La possibilità di tendere ai propri desideri è nel movimento di liberazione individuale della distruzione capace di creare nuovi rapporti, selvaggiamente intelligente nel mettere in difficoltà il potere, ma anche di oltrepassare i movimenti sociali attuali. 
 
[Frangenti, n. 22, 6/4/18]