Brulotti

Bestia da soma e da voto!

Bert Lione
 
Cittadino elettore — t'han chiamato gli altri. E del titolo onorifico tu vai superbo.
Io non t'alliscio, io ti insulto oggi. Io non debbo accaparrarmi le tue simpatie, i tuoi suffragi, i tuoi applausi: non voglio il tuo applauso oggi. Io voglio da te l'odio e la vendetta, non l'entusiasmo flaccido e parolaio.
Ti caricarono sul dorso erculeo il fardello pesante di mille fatiche. Tu curvasti silenzioso la schiena e t'incamminasti lungo il calvario doloroso senza un lamento. I veggenti, i coscienti ti chiamarono bestia da soma.
Un giorno stanco delle tue fatiche, delle tue miserie, dei tuoi dolori, insorgesti. Credesti di vincere perché fosti chiamato libero cittadino della libera nazione. Poi ti diedero anche di più, spontaneamente. Ti diedero il voto.
La tua plebe cenciosa, la canaglia bastarda e reietta, divenne il popolo sovrano; lo schiavo dell'officina e della gleba divenne il cittadino elettore.
Col tuo voto, tu sancisti la tua miseria, la tua oppressione, il tuo sfruttamento. Abdicasti alle tue rivendicazioni, ai tuoi diritti.
I veggenti, i coscienti, ti chiamarono bestia da voto.
Bestia da soma e da voto, ascolta!
 
Son salito ultimo sulla bigoncia, sacra alle lotte elettorali, per ridirti tutto quello che gli altri ti dissero, se per caso tu lo avessi dimenticato.
Sappi intanto ch'io non sono un candidato, né un fautore di candidati. Saprai poi chi sono.
Ti disse il candidato monarchico costituzionale: «La monarchia ti fece redento dalla tirannia straniera e papale. Ti diede la patria libera, indipendente ed una. Ti ha dato medici e medicine, ti ha dato scuole e maestri. Ti ha dato ieri nuove terre, nuovi mari: una più grande patria.
Sii fedele alla monarchia. Vota pel suo candidato ed avrai nuovi medici, nuovi maestri, nuove terre e nuovi mari, avrai più acqua, più pane».
Al candidato della monarchia io rispondo per te che non sai o che non ricordi: 
«Eravamo schiavi degli stranieri e dei papi, divenimmo schiavi dei re della patria che rabberciammo col sacrificio, col martirio nostro. Ai nuovi re della patria domandammo più pane, i suoi sgherri ci regalarono piombo, ci massacrarono nelle vie della patria come le pecore, ci cacciarono dalla patria che non aveva pane e non aveva case per noi. Per una patria più grande e più ricca demmo le nostre forze, i nostri quattrini, il nostro sangue.
Rimanemmo ancora i figli bastardi della patria di lor signori…
Votando per la monarchia avremo più piombo, più carceri, più fame, più tasse».  
Disse il candidato repubblicano:
«La monarchia è il governo dei privilegiati, dei nobili. La repubblica è il governo del popolo.
Votando per il candidato repubblicano tu voterai pel candidato del popolo, per te stesso dunque. Il candidato repubblicano andrà in parlamento per lottare per l'aumento delle tasse sui ricchi, per la
diminuzione delle tasse sui poveri, contro la monarchia, per la repubblica.
Vota pel candidato repubblicano, dunque». 
Rispondi al repubblicano:
«Il governo, porti la corona del monarca o il berretto frigio della repubblica, è sempre il guardiano del privilegio.
Ve n'è più d'una di repubblica al mondo. E dovunque il popolo che lavora e che vota è sfruttato, vilipeso ed oppresso, come in monarchia, più che in monarchia alle volte. Anche la repubblica è
una menzogna.
A che vale cambiar padrone? A che vale cambiar il basto quando la soma rimane la stessa? No, non voterò pel candidato repubblicano». 
È il candidato clericale che parla:
«Avevamo un regno, e un monarca ce lo usurpò. Noi ci ritirammo disgustati, offesi per l'onta patita, sperando nella giustizia divina.
Dal parlamento, i cortigiani di "colui che detiene" insultarono e vilipesero la nostra chiesa, la nostra religione. Noi risentiti ci dirigemmo al popolo credente perché mandasse in parlamento uomini di fede sicura che avessero fatto rispettare i canoni ed i diritti della chiesa.
Se avete a cuore là religione di Dio, in nome del Signore, in nome di Cristo, in nome del suo vicario in terra, votate pel candidato della chiesa cattolica apostolica romana».
«Candidato del prete, ti conosco. Sei una vecchia volpe. Non solo il vizio, ma neanche il pelo hai cambiato.
Il più gran male ce l'han fatto i preti, razza maligna e senza discrezione. Il tuo passato è troppo infame, troppo fosco, perché tu possa in qualche modo giustificare il tuo presente, farci sperare nel
tuo avvenire. 
Indietro, indietro. Io non voto pel prete». 
Dulcis in fundo. Parla il candidato socialista. Urla più degli altri. Ascoltiamolo: 
«Il partito che rappresenta il popolo, che per la difesa degli interessi operai ha combattuto sempre e dovunque le più aspre battaglie, è il partito socialista.
I socialisti furono ed andranno al parlamento per la conquista delle più urgenti riforme operaie, per la elaborazione di una sana legislazione sociale feconda di benessere per il popolo: per la graduale diminuzione delle spese militari, per la graduale diminuzione delle imposte sul popolo minuto, per la graduale diminuzione della tassa sul grano.
I socialisti sono per la tassa progressiva sul reddito, sono contro il protezionismo, contro l'alcolismo, contro il re e contro la guerra… qualche volta, contro i padroni e la proprietà fino a un certo punto, contro i preti e la religione… qualche volta.
Sono per il popolo, del popolo, col po-po-lo».
Diciamo noi:
«Già… qualche volta. Quando il popolo è bon figliolo, timorato di tutte le cose sante, devoto ai sinedri venerati, pupillo docile ai tutori saputi, armento domestico dei pastori scaltriti.
Bubbole! bubbole anche le promesse socialiste! Se di repubbliche ve ne son tante, di deputati socialisti ve ne sono a iosa. Rinnegati tutti. Di partito operaio non ha che l'etichetta il partito socialista. Oggi è il partito delle mezze coscienze, degli uomini di poca fede. Il partito degli avvocati senza cause, dei dottori senza malati. È la scaletta che serve tanto bene alla mediocrità, per salire e farsi un posto. Poi ciao!
Alla malora coi socialisti. Sono nemici del re ed al re giurano fede. Sono contro i privilegiati e con i privilegiati manipolano le leggi che ribadiscono il privilegio. 
Bugiardi anche. Si chiamano rivoluzionari e vanno in parlamento a legiferare. La rivoluzione si fa nella strada.
Chi è pel popolo e col popolo, non ha da salire a Montecitorio. Il popolo non va al parlamento.
È nelle officine, nelle miniere e nei campi, nelle piazze e nelle vie. Io non voto pel candidato socialista». 
 
Non voterò per nessuno. Io non rinuncio alle mie vendette, alle mie rivendicazioni. Non mi vendo.
Bestia da soma e da voto! Se sei stanco d'una vita di dolori e di digiuni, se vuoi un po' più di benessere, un po' più di felicità, insorgi!
Il diritto operaio non si compra con l'oro, né si mendica con le suppliche. Si riscatta col ferro e col fuoco.
Non votare! diserta le urne! Sii uomo, uomo libero, uomo forte.
 
Compagni anarchici! Mentre il gregge mansueto s'inginocchia ai tiranni che l'opprimono, ai potenti che lo dissanguano, ai pastori che lo tradiscono, ai giuda che lo vendono, voi, sprezzanti d'ogni tutela, ribelli contro ogni pastoia, ergetevi in piedi.
Fate eco al mio grido: «Viva la rivoluzione sociale!»
 
 
[Cronaca Sovversiva, anno XI, n. 43, 1 novembre 1913]