Brulotti

Richiamo sotto le armi

Klabund (Alfred Henschke)
 
Malgrado fosse trascorso molto tempo dalla mia morte, un bel giorno ricevetti l'ordine di presentarmi sotto le armi.
Ciò mi stupì non poco, e nonostante la grande impressione che suscitavo lungo le strade, mi recai al comando del distretto militare.
«Scusi, signor maresciallo», dissi battendo i denti e scuotendo la polvere dai miei piedi scheletriti, «qui ci deve essere un errore! Io sono morto fin dalla grande rivoluzione del 1797. Sono morto stranamente, ma secondo legge di natura, soffocato da un osso di tacchino. E adesso devo ancora fare il servizio militare? Questa è una contradictio in adiecto»
Il maresciallo del distretto mi squadrò con un piglio critico.
«La grande rivoluzione? Ma lei è socialista?» .
«Scusi, ma io... prima di tutto le faccio notare questo... io non sono proprio niente: sono stato una volta...»
«Non voglio spacconate! Lei è un anarchico. Rinnega lo Stato che dovrebbe difendere»
«Signor maresciallo, quando siamo stati rinnegati noi stessi, rimane poco tempo e poca voglia per rinnegare gli altri» 
Il maresciallo corrugò la fronte.
«Basta! Ho già perduto troppo tempo a far della filosofia! Sto dimenticando il rispetto che so di dovere alla dignità dei miei galloni. Ecco che mi metto a discutere coi miei inferiori. Lei è nato… quando?»
«Nel 1747!»
«Classe 1747? Ma, figliol mio, allora lei appartiene ormai all'ultima leva della territoriale. Quella classe lì difficilmente sarà richiamata. In più, lei ha un torace maledettamente striminzito. Ha qualche difetto fisico degno di rilievo?»
«Ho la carie ossea!» gridai, e lasciai scorrere un po' di polvere gialla dalle mie costole.
«Sì, in effetti ha un aspetto un po' denutrito! Può andare! Aspetti nuovi ordini!»
Arrancai giù per la scala, cascando quasi addosso ad un tenente giovanissimo che salutai militarmente, poiché così prescrive il regolamento del distretto. Guardai le sue giovani floride guance, i suoi occhi lampeggianti, la sua brillante andatura, e senza accorgermene mi buttai al suo collo e piansi senza lacrime.
«Fratello», esclamai, «anche tu dovrai morire come me. Abbi pietà di me, e ridammi un po' di sangue. Là dentro il tuo maresciallo fulmina paragrafi su paragrafi. Mettimi un po' di carne tra costola e costola e con gioia riesporrò il mio corpo mille e mille volte al bersaglio delle mitragliatrici.
Oh, poter respirare un attimo solo! Vedi ? Non ho più i polmoni. Da tanto tempo non sono più vivo»
Il tenente mi stacco da sé bruscamente, e mise il monocolo all'occhio destro. «È ubriaco fradicio, lei, per dare del tu ad un tenente reale prussiano? Tre giorni di prigione!» 
Fece un cenno all'ordinanza. Balzai rapidamente giù per le scale e corsi difilato verso il cimitero dove, più che mai stanco dopo gli avvenimenti di quel giorno e niente affatto disposto ad andare in gattabuia, mi distesi nella bara, richiudendo sopra di me il coperchio. Mi cerchino pure, se vogliono! Sarà ben difficile che mi trovino. Il postino che conosce il numero della mia tomba non mi tradirà, poiché egli riceve da me, con assoluta certezza, ogni volta che mi porta una raccomandata, una lauta mancia.