Brecce

La rivolta di Kronstadt

Alexander Berkman
 
Agitazioni operaie a Pietrogrado 
Era l’inizio del 1921. Lunghi anni di guerra, di rivoluzione e di lotte intestine avevano dissanguato la Russia e portato il suo popolo sull'orlo della disperazione. Ma infine la guerra civile ebbe termine: i numerosi fronti furono liquidati e Wrangel, ultima speranza d'intervento dell'Intesa e della controrivoluzione russa, venne sconfitto e fu posto termine alla sua azione militare in Russia. La gente ora attendeva fiduciosa un addolcimento del duro regime bolscevico. Sperava che con la fine della guerra civile i comunisti avrebbero alleviato gli oneri, abolito le restrizioni del tempo di guerra, introdotto alcune libertà fondamentali e proceduto ad organizzare una vita più normale. Benché lungi dall'essere popolare, il governo bolscevico riscuoteva la fiducia dei lavoratori per il suo piano più volte ribadito, di voler dare inizio alla ricostruzione economica del paese non appena le operazioni militari fossero cessate. La gente non desiderava altro che cooperare, porre la propria iniziativa ed i propri sforzi creativi al servizio della ricostruzione del paese in rovina.
Sfortunatamente tali aspettative dovevano andare deluse. Lo Stato comunista dimostrò di non avere nessuna intenzione di togliere il giogo. Proseguì nel suo indirizzo, rendendo anzi ancora più schiave le persone con la militarizzazione del lavoro, con reiterata oppressione e tirannia, paralizzando di conseguenza ogni possibilità di rifioritura industriale. Le ultime speranze del proletariato stavano cadendo: si determinò il convincimento che al Partito Comunista stesse più a cuore mantenere il potere politico che salvare la Rivoluzione.
Gli elementi più rivoluzionari di Russia, gli operai di Pietrogrado, furono i primi a protestare. Accusarono la centralizzazione bolscevica, l'apparato burocratico e l'atteggiamento autocratico assunto dal governo verso gli operai ed i contadini, come le cause prime e maggiori, fra le tante, della miseria e delle sofferenze del popolo. A Pietrogrado, molte fabbriche e numerose industrie erano state chiuse e gli operai morivano letteralmente di fame. Furono indette delle riunioni per esaminare la situazione. Le riunioni furono proibite dal governo. Il proletariato di Pietrogrado, che aveva sopportato lo sforzo maggiore della lotta della rivoluzione e che col suo solo grande sacrificio ed eroismo aveva salvato la città dal generale «bianco» Judenic, si irritò, s'accrebbe l'acredine verso i metodi usati dai bolscevichi, si tennero altre riunioni. Il risultato fu identico. I comunisti non avrebbero fatto alcuna concessione al proletariato, mentre nello stesso tempo si preparavano a scendere a compromessi con i capitalisti d'Europa e d'America. I lavoratori erano indignati e cominciarono ad agitarsi. Per indurre il governo a prendere in considerazione le loro richieste, fu proclamato uno sciopero nella fabbrica di munizioni Patronny, negli stabilimenti Trubotcny e Baltyski e nella €fabbrica Laferm. Invece di prendere in esame le rivendicazioni degli operai scontenti, il governo «degli operai e dei contadini» creò un Comitato di Difesa da tempo di guerra (Komitet Oborony) con Zinoviev, che era allora l'uomo più odiato di Pietrogrado, come presidente. Scopo dichiarato di tale Comitato era quello di soffocare qualsiasi movimento di sciopero.
Il 24 febbraio venne dichiarato lo sciopero. Lo stesso giorno i bolscevichi mandarono i kursanti, gli studenti comunisti dell'Accademia Militare (ufficiali istruttori per l’esercito e la marina), a disperdere i lavoratori che si erano raccolti a Vassilevsky Ostrov, il quartiere operaio di Pietrogrado. Il giorno dopo, 25 febbraio, gli indignati scioperanti di Vassilevsky Ostrov si recarono negli uffici dell’Ammiragliato e nei moli di Galernaya ed indussero quegli operai ad unirsi alla loro protesta contro l'atteggiamento autocratico del governo. Il tentativo degli scioperanti di portare la dimostrazione per le strade fu disperso dalla soldataglia armata.
Il 26 febbraio il Soviet di Pietrogrado tenne una sessione nella quale Lascevitc, preminente comunista, membro del Comitato di Difesa e del Soviet Rivoluzionario Militare della Repubblica, denunciò il movimento degli scioperanti in termini assai duri. Fece carico ai lavoratori della fabbrica di Trubotcny di incitazione al malcontento, li accusò di essere degli «affamatori del popolo (shkurniki) e dei controrivoluzionari» e propose di chiudere la fabbrica di Trubotcny. Il comitato esecutivo del Soviet di Pietrogrado (Zinoviev presidente) accolse la proposta. Gli scioperanti di Trubotcny furono chiusi fuori dalla fabbrica e privati così automaticamente delle loro razioni.
Tali metodi da parte del governo bolscevico contribuirono a provocare ed inasprire ulteriormente gli operai.
I proclami degli scioperanti cominciano ora ad apparire nelle strade di Pietrogrado. Alcuni di essi rivestono un chiaro carattere politico e, tra i tanti affissi ai muri delle città il 27 febbraio, il più significativo dichiara:
«Si sta rendendo necessario procedere ad un cambiamento completo dell’indirizzo politico del governo. Innanzi tutto gli operai ed i contadini hanno bisogno di libertà. Non vogliono vivere secondo i decreti dei bolscevichi: essi vogliono essere padroni dei propri destini.
Compagni preservate l'ordine rivoluzionario! Con determinazione ed in modo organizzato richiedete:
- La liberazione di tutti i lavoratori arrestati, socialisti e non partigiani che siano; 
- L'abolizione della legge marziale; libertà di parola, di stampa e di riunione per tutti coloro che lavorano;
- Libere elezioni delle commissioni di fabbrica, di stabilimento, dei sindacati e dei rappresentanti dei Soviet.
- Indite delle riunioni, prendete delle risoluzioni, mandate i vostri delegati alle autorità ed impegnatevi alla realizzazione delle vostre richieste».
In risposta alle richieste degli scioperanti il governo operò degli arresti e soppresse numerose organizzazioni sindacali. Conseguenza di tale azione fu un crescente furore popolare contro i bolscevichi: cominciarono a diffondersi persino degli slogan reazionari. Cosicché il 28 febbraio apparve una dichiarazione redatta da «I lavoratori socialisti del distretto di Nevsky» che concludeva con un appello per l'Assemblea Costituente:
«Conosciamo chi ha paura dell'Assemblea Costituente. Sono coloro che non sarebbero più in grado di depredare le masse •e che invece dovranno rispondere davanti ai rappresentanti del popolo dei loro inganni, delle loro ruberie •e dei loro crimini.
Abbasso gli odiati comunisti!
Abbasso il governo sovietico! 
Viva l'Assemblea Costituente!»
Nel frattempo i bolscevichi fecero affluire a Pietrogrado dalle province• delle forze militari e richiamarono contemporaneamente da altre città i reggimenti comunisti più fidi che tornavano dal fronte. Pietrogrado fu messa sotto «legge marziale straordinaria». Gli scioperanti furono impauriti dal pugno d’acciaio che veniva calato sulle agitazioni operaie.
 
La sommossa di Kronstadt
I marinai di Kronstadt furono colpiti da quanto accadeva a Pietrogrado. Non guardavano di certo con occhio benevolo le dure misure adottate dal governo verso gli scioperanti. Sapevano quanto avesse sofferto il proletariato della capitale sin dai primi giorni della Rivoluzione, come si era battuto eroicamente contro Judenic e con quale abnegazione stava sopportando privazioni e miseria. Ma Kronstadt era ben lontana dal volere l'Assemblea Costituente o dal richiedere libertà di scambi commerciali come s’era sentito a Pietrogrado. Lo spirito e l'azione dei marinai di Kronstadt erano schiettamente rivoluzionari. Erano i più entusiasti zelatori del sistema dei Soviet e tuttavia si opponevano alla dittatura di un qualsiasi partito.
Il sentimento di partecipazione e di comprensione verso gli scioperanti di Pietrogrado ebbe inizio dapprima tra i marinai delle navi da guerra Petropavlosk e Sevastopol — le navi che nel 1917 erano state di determinante aiuto all'azione dei bolscevichi. Tale atteggiamento fu presto condiviso da tutta la flotta di Kronstadt e dai reggimenti dell’Armata Rossa ivi di guarnigione. Il 28 febbraio l'equipaggio della Petropavlosk redasse una risoluzione approvata anche dai marinai della Sevastopol. La risoluzione richiedeva, tra l'altro, libere elezioni per il Soviet di Kronstadt, essendo quello in carica alla fine del suo mandato. Contemporaneamente fu deciso l’invio a Pietrogrado di una commissione di marinai per rendersi conto della situazione locale.
Il 1° marzo si tenne in piazza Yakorny a Kronstadt un'adunata pubblica, convocata dagli equipaggi del primo e secondo squadrone della flotta baltica. 16.000 tra marinai e soldati dell'Armata Rossa parteciparono alla riunione. Dirigeva i lavori il presidente del Comitato Esecutivo del Soviet di Kronstadt, il comunista Vassiliev. Il presidente della Repubblica Federale Socialista Russa, Kalinin, ed il commissario della flotta baltica, Kuzmin, erano presenti e parlarono alla folla. Può essere ricordato come sintomatico dell’atteggiamento cordiale dei marinai verso il governo bolscevico il fatto che, al suo arrivo a Kronstadt, Kalinin venne accolto con gli onori militari, musica e bandiere.
La commissione di marinai che era stata inviata a Pietrogrado il 28 febbraio fece il suo rapporto all'adunata, confermando i più pessimistici timori di Kronstadt. Il pubblico fu esplicito nel suo sdegno per i metodi adottati dai comunisti nel rifiutare le modeste richieste dei lavoratori di Pietrogrado. Fu poi sottoposta all'adunata la risoluzione approvata dal Petropavlosk il 28 febbraio. Il presidente Kalinin cd il commissario Kuzmin attaccarono duramente la risoluzione e denunciarono i marinai di Kronstadt come avevano denunciato gli scioperanti di Pietrogrado. Ma le loro argomentazioni non sortirono effetto alcuno sul pubblico e la risoluzione del Petropavlosk passò all'unanimità. Lo storico documento diceva:
«RISOLUZIONE DELL'ADUNATA GENERALE DEGLI EQUIPAGGI DEL PRIMO E DEL SECONDO SQUADRONE DELLA FLOTTA BALTICA TENUTASI IL 1° MARZO 1921
Udito il rapporto presentato dai rappresentanti inviati a Pietrogrado dal Convegno Generale degli equipaggi navali per esaminare la locale situazione, risolvono di: 
1) Tenere immediatamente nuove elezioni con scrutinio segreto in considerazione del fatto che gli attuali Soviet non esprimono la volontà dei lavoratori e dei contadini, •indire una campagna pre-elettorale con assoluta libertà di agitazione per gli operai ed i contadini.
2) Garantire libertà di parola e di stampa per i contadini e gli operai, per gli anarchici ed i partiti socialisti di sinistra.
3) Garantire libertà di riunione ai sindacati ed alle organizzazioni contadine.
4) Indire una conferenza apartitica di operai, soldati dell’Armata Rossa e marinai di Pietrogrado, Kronstadt e della provincia di Pietrogrado, non oltre il 10 marzo 1921.
5) Liberare tutti i prigionieri politici dei partiti socialisti ed insieme tutti gli operai, contadini, soldati e marinai imprigionati in seguito ad agitazioni operaie e contadine.
6) Eleggere una commissione per riesaminare i processi di coloro che sono stati imprigionati ed inviati nei campi di concentramento.
7) Abolire tutti i politotdeli (uffici politici) perché nessun partito sia ammesso a godere di speciali privilegi nella propaganda delle sue idee o riceva aiuti economici da parte del governo a tale scopo. Istituire al loro posto delle commissioni educative • e culturali, elette liberamente e• finanziate dal governo.
8) Abolire immediatamente gli zagryaditelniye otryadi (1).
9) Conferire eguali razioni di cibo a tutti coloro che lavorano, ad eccezione di coloro che lavorano in condizioni particolarmente nocive alla salute.
10) Abolire i distaccamenti d’attacco comunisti in tutti i corpi dell'Armata, le guardie comuniste di servizio nelle industrie e nelle fabbriche. Qualora tali corpi o distaccamenti militari fossero riconosciuti necessari essi debbono essere scelti dai ranghi dell'Armata •e delle fabbriche, previa indicazione dei lavoratori.
11) Concedere piena libertà d’azione ai contadini per tutto quanto concerne la loro terra ivi incluso il diritto di possedere del bestiame, a condizione che i contadini facciano tutto con le loro forze; senza cioè impiegare manodopera altrui.
12) Richiedere a tutti i rami dell’Armata, ivi compresi i nostri compagni kursanti, di approvare la nostra risoluzione.
13) Richiedere che la stampa dia piena pubblicità alle nostre risoluzioni.
14) Formare una Commissione Viaggiante di Controllo.
15) Permettere la libera produzione fatta col lavoro individuale.
Risoluzione approvata all'unanimità nella adunata di brigata, con due astenuti.
Petricenko, Presidente dell' adunata di brigata; Perepelkin, Segretario.
Risoluzione approvata con la schiacciante maggioranza della guarnigione di Kronstadt.
Vassiliev, Presidente.
Insieme al compagno Kalinin, Vassiliev vota contro la risoluzione».
Tale risoluzione avversata strenuamente — come accennato sopra — da Kalinin e Kuzmin, passò sopra le loro proteste. Dopo il convegno, a Kalinin fu permesso di ritornare indisturbato a Pietrogrado.
Nello stesso convegno di brigata si decise di inviare una commissione a Pietrogrado per illustrare agli operai ed alla guarnigione di quella città le richieste di Kronstadt, e proporre che dei delegati apartitici fossero inviati dal proletariato di Pietrogrado affinché constatassero di persona la situazione e le richieste dei marinai di Kronstadt. Tale commissione, consistente in tre membri, fu arrestata dai bolscevichi a Pietrogrado: la sua sorte rimase un mistero. Era il primo colpo sferrato a Kronstadt dal governo comunista.
Poiché il mandato dei membri del Soviet di Kronstadt stava per scadere, il convegno di brigata decise inoltre di convocare per il 2 marzo una conferenza di delegati allo scopo di discutere il modo in cui si sarebbero tenute le nuove elezioni. Alla conferenza avrebbero dovuto partecipare delegati in rappresentanza delle navi, della guarnigione e delle fabbriche, con due delegati rappresentanti ciascuna organizzazione.
La conferenza del 2 marzo ebbe luogo nella Casa dell’Istruzione, (la vecchia scuola di ingegneria di Kronstadt) e vi parteciparono oltre 300 delegati tra i quali numerosi erano i comunisti. La conferenza fu aperta dal marinaio Petricenko, dopo di che si elesse per acclamazione un Presidium (commissione esecutiva) di cinque membri. Il problema principale che i delegati sl trovarono a risolvere, era che alle imminenti elezioni si garantissero dei princìpi più equi di quanto non fosse avvenuto sino allora nell'elezione del Soviet di Kronstadt. La conferenza doveva altresì decidere sulle risoluzioni adottate il 10 marzo ed esaminare i modi ed i mezzi atti ad aiutare la nazione a tirarsi fuori dalla situazione disperata che la carestia e la scarsità di combustibile avevano creato.
Lo spirito della conferenza era interamente sovietico: Kronstadt chiedeva dei Soviet liberi da interferenze di qualsiasi partito; voleva dei Soviet non partigiani che riflettessero veramente i bisogni ed esprimessero la volontà degli operai e dei contadini. L’atteggiamento dei delegati fu di opposizione alle leggi arbitrarie dei commissari burocrati ma amichevole verso il Partito Comunista in quanto tale. Erano dei fedeli aderenti al sistema sovietico e stavano cercando con ogni sforzo, con mezzi amichevoli e pacifici, una soluzione ai problemi più pressanti.
Kuzmin, il commissario della flotta baltica, fu il primo ad indirizzarsi alla conferenza. Uomo più d'azione che di pensiero, non era all'altezza della situazione: non sapeva come arrivare ai cuori ed alle menti di quegli uomini semplici, di quei marinai che avevano sacrificato tutto per la rivoluzione e che ora, stremati ed esausti, erano giunti al limite della disperazione. I delegati decisero di consultarsi con i rappresentanti del governo. Ma il discorso di Kuzmin fece l'effetto di una scintilla in una polveriera. Riversò sulla conferenza tutta la sua arroganza, e la sua insolenza. Negò che vi fossero dei disordini tra i lavoratori di Pietrogrado, dichiarando che la città era calma ed i lavoratori soddisfatti. Elogiò l’operato dei Commissari, mise in dubbio i motivi rivoluzionari di Kronstadt e li ammonì contro i pericoli dalla Polonia. 
Si dilungò in insinuazioni ignobili e fece balenare delle minacce. «Se volete uno stato di guerra — concluse Kuzmin — lo avrete, poiché i comunisti non cederanno le redini del governo. Combatteranno fino alla fine».
Un discorso di tal fatta, privo di tatto e provocatorio, da parte del Commissario della flotta baltica non sortì altro effetto che insultare ed oltraggiare i delegati. Il discorso del presidente del Soviet di Kronstadt, il comunista Vassiliev, che fu il secondo a prendere la parola, non fece •nessuna impressione sul pubblico: l'uomo era incolore e senza idee. Col procedere del convegno l'atteggiamento generale assunse una tinta sempre più chiaramente antibolscevica. Tuttavia i delegati speravano ancora di trovare amichevolmente un punto comune d'intesa con i rappresentanti del governo. Ma dopo non molto apparve chiaro, riferisce il resoconto ufficiale (2), «che noi non potevamo più aver fiducia nei compagni Kuzmin e Vassiliev e che si rendeva necessario incarcerarli temporaneamente, principalmente perché i comunisti erano in possesso delle armi •e noi non avevamo accesso ai telefoni. I soldati ebbero paura dei Commissari, come provavano alcune loro lettere lette durante la conferenza, ed i comunisti non permisero alla guarnigione di tenere alcuna riunione».
Kuzmin e Vassiliev furono quindi rimossi dalla conferenza e messi agli arresti. È sintomatico dello spirito che permeava la conferenza il fatto che la mozione con cui si decretava l'imprigionamento degli altri comunisti fosse respinta dalla stragrande maggioranza. I delegati decisero che i comunisti dovessero essere considerati alla stessa stregua dei rappresentanti delle altre organizzazioni e che fossero loro accordati gli stessi diritti e lo stesso trattamento. Kronstadt era ancora decisa a trovare un qualche punto d'accordo col Partito Comunista e con il governo bolscevico.
La risoluzione del 1° marzo fu letta ed approvata all'unanimità. A quel punto la conferenza fu eccitata dalla dichiarazione di un delegato che riferì che i bolscevichi stavano per attaccare la riunione e che quindici autocarri carichi di soldati e di comunisti, armati di fucili e mitragliatrici, erano stati inviati a tale scopo. «Questa informazione» continua il resoconto dell’Izvestia, «determinò un violento risentimento tra i delegati. Indagini esperite provarono che l’informazione era priva di fondamento ma le voci continuarono a circolare, si mormorava addirittura che un reggimento di kursanti, guidato dal famigerato cekista Dulkiss, stesse già marciando in direzione del forte Krasnaia Gorka». In attesa di nuovi sviluppi, e ricordando le minacce di Kuzmin e Kalinin, la riunione decise immediatamente d'organizzare la difesa di Kronstadt contro l'attacco bolscevico. Poiché il tempo incalzava, si decise di mutare il Presidium della riunione in Comitato Rivoluzionario Provvisorio, al quale fu affidato l'incarico di mantenere l’ordine e provvedere alla salvezza della città. Il Comitato fu altresì incaricato di predisporre i preparativi necessari per tenere nuove elezioni per il Soviet di Kronstadt.
 
La campagna bolscevica contro Kronstadt
Pietrogrado era in stato di grande tensione. Nuovi scioperi erano scoppiati e voci persistenti parlavano di disordini operai a Mosca, di rivolte contadine ad oriente ed in Siberia. Per la mancanza di una stampa attendibile, il popolo dava credito alle notizie più evidentemente false. Tutti gli occhi erano rivolti a Kronstadt in attesa di gravi sviluppi.
I bolscevichi non perdettero tempo ad organizzare il loro attacco contro Kronstadt. Già il 2 marzo il governo emise un prikaz (comunicato) firmato da Lenin e da Trotsky che denunciava il movimento di Kronstadt per myatezh (ammutinamento) contro le autorità comuniste. Nel documento si accusavano i marinai di essere «lo strumento dei vecchi generali zaristi che insieme ai socialisti Rivoluzionari traditori avevano ordito una cospirazione controrivoluzionaria contro la Repubblica proletaria». La sollevazione di Kronstadt mirante a liberi Soviet venne definita da Lenin e da Trotsky come «il lavoro degli interventisti dell'Intesa e delle spie francesi». «Il 28 febbraio» diceva il prikaz, «furono approvate dagli uomini del Petropavlosk delle risoluzioni ispirate ai Cento Neri (3). Dopo apparve sulla scena il gruppo facente capo all'ex generale zarista Koslovsky. Costui, e tre dei suoi ufficiali, i cui nomi non siamo ancora stati in grado di appurare, hanno assunto apertamente il comando della rivolta. Così si è svelato infine il significato dei recenti avvenimenti. Dietro i Socialisti Rivoluzionari vi è nuovamente un generale zarista. In conseguenza di tutto ciò il Consiglio del Lavoro e della Difesa ordina:
1° Di dichiarare fuori legge l'ex-generale ed i suoi collaboratori;
2° Di mettere la città di PIetrogrado •sotto legge marziale;
3° Di porre il potere supremo dell’intero distretto di Pietrogrado nella mani del Comitato della Difesa di Pietrogrado».
Vi era per davvero un ex generale, Kozlovsky, a Kronstadt. Ma era stato Trotsky a dislocarlo là in qualità di esperto in artiglieria. Non ebbe alcun ruolo negli avvenimenti di Kronstadt, ma i bolscevichi rispolverarono il suo nome artatamente per denunciare i marinai come nemici della repubblica sovietica ed il loro movimento come una controrivoluzione. La stampa ufficiale bolscevica diede quindi inizio ad una campagna di calunnia e di diffamazione contro Kronstadt, descrivendola come un covo di «cospirazione» bianca guidata dal generale Kozlovsky; inoltre si sparsero degli agitatori tra gli operai delle fabbriche di Pietrogrado e di Mosca per far levare il proletariato di quelle città «a sostegno e difesa del governo dei lavoratori e dei contadini contro l'insurrezione controrivoluzionaria di Kronstadt».
Ben lontani dall'aver qualcosa in comune con i generali e con i controrivoluzionari, i marinai di Kronstadt rifiutarono di accettare aiuto persino dal Partito Socialista Rivoluzionario, il cui leader, Victor Cernov, allora a Reval, cercò di influenzare i marinai a favore del suo partito e delle sue richieste ma non ricevette alcun incoraggiamento da parte del Comitato Rivoluzionario Provvisorio. Cernov inviò a Kronstadt il seguente messaggio radio (4):
«Il presidente dell'Assemblea Costituente, Victor Cernov, invia il suo fraterno saluto agli eroici compagni marinai, ai soldati dell'Armata Rossa ed agli operai che per la terza volta dal 1905 stanno scrollandosi il giogo della tirannia. Egli offre aiuti in uomini ed approvvigionamenti a Kronstadt attraverso le cooperative russe all’estero. Informateci di quanto e• che cosa avete bisogno. Sono pronto a venire di persona e€ porre la mia attività e la mia autorità al servizio della rivoluzione del popolo. Ho fede nella vittoria finale delle masse operaie.
Viva coloro che per primi hanno innalzato la bandiera della liberazione del popolo!
Abbasso il dispotismo delle destre e• delle sinistre!».
Contemporaneamente il Partito Socialista Rivoluzionario inviò a Kronstadt il seguente messaggio: 
«La Delegazione Socialista Rivoluzionaria all'estero, ora che la coppa dell'ira del popolo ha traboccato, si offre d'aiutare con tutti i mezzi a sua disposizione la lotta per la libertà e• per un governo popolare. Informateci in che modo desiderate aiuto.
Viva la rivoluzione del popolo!
Viva i liberi Soviet e l’Assemblea Costituente!».
Il Comitato Rivoluzionario di Kronstadt declinò le offerte dei Socialisti Rivoluzionari. Inviò la seguente risposta a Victor Cernov: 
«Il Comitato Rivoluzionario Provvisorio di Kronstadt esprime a tutti i suoi fratelli all’estero la sua profonda gratitudine per la comprensione da loro dimostrata. Il Comitato Rivoluzionario Provvisorio è riconoscente per le offerte pervenutegli dal compagno Cernov ma le rifiuta per il momento: ciò sino ad ulteriori sviluppi che chiariscano la situazione. Nel frattempo ogni cosa verrà presa in considerazione.
Petricenko, Presidente del Comitato Rivoluzionario Provvisorio».
Mosca, invece, continuò la sua campagna di linciaggio morale. Il 3 marzo la radio bolscevica diffuse al mondo il seguente comunicato (alcune parti sono indecifrabili per le interferenze di un'altra stazione):
«... Che la rivolta armata dell'ex generale Kozlovsky sia stata organizzata dalle spie dell’Intesa come altri simili complotti in precedenza, è comprovato dal giornale borghese francese Matin che due settimane prima della rivolta di Kozlovsky pubblicò il seguente telegramma spedito da Helsingford: “Come risultato della recente rivolta di Kronstadt, le autorità militari bolsceviche hanno preso delle misure allo scopo di isolare Kronstadt •e di impedire ai marinai ed agli operai di Kronstadt di invadere Pietrogrado”... È chiaro che la rivolta di Kronstadt fu preparata a Parigi ed organizzata dal servizio segreto francese... I Socialisti Rivoluzionari anch'essi controllati e diretti da Parigi si sono dati a preparare delle insurrezioni contro il governo sovietico e non appena i loro preparativi furono pronti, comparve il vero capo, il generale zarista».
Il carattere di numerosi altri messaggi emessi da Mosca possono essere giudicati dal seguente messaggio radio:
«Pietrogrado è in ordine e calma e persino nelle nuove fabbriche dove erano state mosse delle accuse al governo sovietico si comprende ora come tutto fosse dovuto ad attività di provocatori. Esse comprendono dove le portano gli agenti dell’Intesa e della controrivoluzione.
Proprio in questo momento, mentre il nuovo governo repubblicano d'America è sul punto di prendere le redini del governo •e si dimostra intenzionato ad iniziare delle relazioni d'affari con la Russia sovietica, il diffondersi di notizie false e di organizzazioni insurrezionali a Kronstadt hanno l’unica mira di influenzare il nuovo Presidente americano e• di fargli cambiare la sua politica nei confronti della Russia. Nello stesso tempo la conferenza di Londra sta tenendo le sue sessioni ed il diffondersi di tali voci hanno lo scopo di influenzare la delegazione turca e renderla più docile alle richieste dell'Intesa. La rivolta dell'equipaggio del Petropavlosk fa senza dubbio parte di un grande complotto diretto •a creare dei torbidi all'interno della Russia• sovietica e mettere in cattiva luce la nostra posizione in campo internazionale. Tale piano è stato messo in atto in Russia da un generale zarista e da ex-ufficiali e la loro attività è sostenuta dai Menscevichi e dai Socialisti Rivoluzionari».
Il Comitato di Difesa di Pietrogrado, presieduto da Zinoviev, assunse il pieno controllo della città e del distretto di Pietrogrado. L'intero distretto settentrionale fu messo sotto legge marziale e le riunioni proibite. Furono prese misure precauzionali straordinarie per salvaguardare le istituzioni del governo e furono appostate delle mitragliatrici nell’Astoria, l'albergo occupato da Zinoviev e da alti esponenti bolscevichi. I proclami affissi sui cartelli per le strade ordinavano l'immediato ritorno alle fabbriche di tutti gli scioperanti, proibivano la sospensione del lavoro ed ammonivano la popolazione dal raggrupparsi per strada. «In tal caso», diceva l'ordinanza, «la truppa farà ricorso alle armi. In caso di resistenza, sparerà senza indugio».
Il Comitato di Difesa si assunse il compito di «ripulire sistematicamente la città». Numerosi operai, soldati e marinai, sospetti di simpatizzare per Kronstadt, furono arrestati. Tutti i marinai di Pietrogrado e molti reggimenti dell'Armata Rossa, sospettati di essere «politicamente infidi», furono inviati in luoghi lontani, mentre le famiglie dei marinai di Kronstadt che vivevano a Pietrogrado furono prese in custodia come ostaggi. Il Comitato di Difesa notificò a Kronstadt la sua azione con un proclama lasciato cadere sulla città da un aeroplano il 4 marzo che diceva: «Il Comitato di Difesa dichiara che gli arrestati sono trattenuti come ostaggi in cambio del Commissario della flotta baltica, N. Kuzmin, del presidente del Soviet di Kronstadt, T. Vassiliev e• degli altri comunisti. Se la minima offesa sarà sofferta dai nostri compagni detenuti, gli ostaggi pagheranno con le loro vite».
«Non vogliamo nessun bagno di sangue. Non abbiamo sparato ad un solo comunista», fu la risposta di Kronstadt.
 
Gli obiettivi di Kronstadt 
Kronstadt fu pervasa da una nuova vita. L'entusiasmo rivoluzionario raggiunse il livello dei giorni d'Ottobre, quando l'eroismo e la devozione dei marinai ebbero un ruolo decisivo. Ora, per la prima volta da quando il Partito Comunista aveva assunto il controllo assoluto della rivoluzione e del destino della Russia, Kronstadt si sentiva libera. Un nuovo spirito di solidarietà e di fratellanza portò i marinai, i soldati della guarnigione, gli operai delle fabbriche e persino gli elementi non partigiani ad unirsi nello sforzo per la causa comune. Persino i comunisti furono contagiati dallo spirito di fratellanza che aleggiava sulla città e si unirono al lavoro preparatorio per le prossime elezioni del Soviet di Kronstadt.
Tra i primi provvedimenti presi dal Comitato Rivoluzionario Provvisorio vi fu il mantenimento dell'ordine rivoluzionario a Kronstadt e la pubblicazione dell'organo ufficiale del Comitato, il quotidiano Izvestia di Kronstadt. Il suo primo appello al popolo di Kronstadt (numero 1, 3 marzo 1921) è altamente indicativo dell'atteggiamento e dello spirito dei marinai. Esso diceva: «Il Comitato Rivoluzionario si preoccupa in particolare che non si sparga sangue. Esso cerca con ogni mezzo di procedere all'ordine rivoluzionario nella città •e nei forti. Compagni e cittadini, non interrompete il lavoro! Operai, rimanete alle vostre macchine; marinai e soldati, state ai vostri posti. Tutti i funzionari •e le organizzazioni sovietiche proseguano la loro attività. Il Comitato Rivoluzionario Provvisorio richiede a tutti voi compagni e cittadini il vostro sostegno ed il vostro aiuto. La missione è di organizzare con la vostra fraterna cooperazione le condizioni necessarie a tenere elezioni giuste e• oneste per il nuovo Soviet».
Le pagine dell’Izvestia recano infinite testimonianze della fede profonda che il Comitato Rivoluzionario poneva nella popolazione di Kronstadt e della sua fede nei Soviet come nella vera strada verso la liberazione dall'oppressione della burocrazia comunista. Nel suo organo quotidiano e nei messaggi radio il Comitato Rivoluzionario respinse indignato la campagna bolscevica di calunnie e ripetutamente si appellò al proletariato russo e mondiale in cerca di comprensione, di simpatia e di aiuto. La radio del 6 marzo reca la nota saliente dell'invocazione di Kronstadt:
«La nostra causa è giusta: noi siamo per il potere dei Soviet •e non dei partiti. Noi siamo per i rappresentanti delle masse lavoratrici liberamente eletti. I surrogati di Soviet manipolati dal Partito Comunista si sono sempre dimostrati sordi ai nostri bisogni ed alle nostre richieste; l'unica risposta che abbiamo ricevuto è stata una sparatoria. Compagni! Essi non solo vi ingannano: essi deformano deliberatamente la verità e fanno uso della calunnia più infamante. A Kronstadt il potere è esclusivamente in mano ai marinai rivoluzionari, ai soldati ed agli operai, e non ai controrivoluzionari guidati da un certo Kozlovsky, come, mentendo, radio Mosca cerca di farvi credere. Non ritardate, compagni! Unitevi a noi, mettetevi in contatto con noi, richiedete ai vostri delegati di venire a Kronstadt. Solo essi potranno dirvi l'intera verità ed esporvi le diaboliche calunnie sul pane finlandese e sulle offerte dell'Intesa! 
Viva il proletariato e le campagne rivoluzionarie!
Viva il potere dei Soviet liberamente eletti!».
Il Comitato Rivoluzionario Provvisorio tenne il suo quartier generale inizialmente sulla nave portabandiera Petropavlosk ma dopo pochi giorni lo trasferì alla «Casa del Popolo», nel centro di Kronstadt, allo scopo di essere, come disse l'lzvestia di Kronstadt, a più diretto contatto col popolo e di dare accesso al Comitato più facilmente di quanto non fosse possibile sulla nave. Benché la stampa comunista continuasse nella sua virulenta denuncia di Kronstadt definendola «la rivolta controrivoluzionaria del generale Kozlovsky», la verità era che il Comitato Rivoluzionario era esclusivamente proletario e consisteva per la maggior parte di operai dal passato chiaramente rivoluzionario.
Il Comitato comprendeva i seguenti 15 membri: Petricenko, impiegato d’ufficio della nave ammiraglia Petropavlosk; Yakovenko, operatore dei telefoni del distretto di Kronstadt; Ossossov, macchinista della nave Sevastopol: Arkhipov, ingegnere; Perepelkin, meccanico della Sevastopol; Patruscev, capo meccanico della Petropavlosk; Kupolov, assistente medico; Verscinin, marinaio della Sevastopol; Tukin, elettromeccanico; Romanenko, guardiano dell'arsenale dell'aviazione; Orescin, direttore della Terza scuola industriale; Valk, operaio; Pavlov, operaio; Baikov, carrettiere; Kilgast, marinaio d'alto mare.
Non senza ironia, l'lzvestia di Kronstadt ebbe a rimarcare a tale proposito:
«Questi sono i nostri generali, cari signori Trotsky e Zinoviev, mentre i Brussilov, i Kamenev, i Tukacevski (5) e le altre celebrità del regime zarista sono dalla vostra parte».
Il Comitato Rivoluzionario Provvisorio riscuoteva la fiducia dell'intera popolazione di Kronstadt. Si guadagnò il rispetto generale fissando, ed attenendovisi rigidamente, un principio: «A tutti eguali diritti, privilegi a nessuno». Il razionamento del cibo (pahyok) fu esteso a tutti in modo uniforme. I marinai, che sotto l'ordinamento bolscevico ricevevano razioni di molto superiori a quelle distribuite agli operai, votarono essi stessi di non voler accettare più di quanto ne ricevesse un normale cittadino, caso mai anche di meno. Razioni speciali e leccornie furono distribuite soltanto agli ospedali ed agli asili infantili.
L’atteggiamento giusto e generoso del Comitato Rivoluzionario verso i membri del Partito Comunista di Kronstadt — dei quali solo pochi erano stati arrestati nonostante le misure repressivo adottate dai sovietici e la detenzione in ostaggio di numerose famiglie di marinai di Kronstadt — accattivò il rispetto degli stessi comunisti locali. Le pagine dell'Izvestia di Kronstadt riportano numerosi comunicati di gruppo ed organizzazioni comuniste di Kronstadt che stigmatizzavano l'atteggiamento del governo centrale e concordavano invece con le misure e la posizione assunte dal Comitato Rivoluzionario Provvisorio. Molti comunisti di Kronstadt annunciarono pubblicamente la loro uscita dal Partito in segno di protesta contro il dispotismo e la corruttela burocratica. In molti numeri dell’Izvestia di Kronstadt si possono reperire centinaia di nomi di comunisti la cui coscienza rendeva loro impossibile «rimanere nel partito del carnefice Trotsky», come alcuni di loro espressero. Le dimissioni dal Partito Comunista divennero allora tanto numerose da sembrare un esodo generale (6). Le seguenti lettere, prese a caso da un grosso pacco, rivelano esaurientemente la posizione mentale dei comunisti di Kronstadt.
1) Lettera pubblicata dalla Izvestia di Kronstadt il 5 marzo 1921:
«Sono giunto a rendermi conto che la politica del Partito Comunista ha condotto il paese in uno stretto vicolo dal quale non vi sono vie d'uscita. Il Partito è divenuto burocratico, non ha appreso nulla e non ha intenzione di farlo. Rifiuta d'ascoltare la voce di 115 milioni di contadini; non vuol prendere in considerazione il fatto che soltanto attraverso la libertà di parola e• la possibilità di partecipare alla ricostruzione del paese con mutati processi d'elezione, può spingere il nostro paese fuori dal letargo in cui giace attualmente. Rifiuto, d'ora in poi, di considerarmi membro del Partito Comunista Russo. Approvo completamente la risoluzione approvata nel raduno di tutta la città del 1° marzo e pongo d'ora in poi tutte le mie energie e le mie capacità al servizio del Comitato Rivoluzionario Provvisorio.
F.to: Herman Kaney (ufficiale dell'Armata Rossa)». 
2) Lettera pubblicata dalla Izvestia di Kronstadt l’8 marzo 1921:
«Compagni, miei studenti delle scuole industriali dell'Armata Rossa e• delle Scuole Navali!
Per circa trent'anni ho vissuto in grande amore per la gente, ed ho portato i lumi della conoscenza, in mio possesso, a quanti ne erano assetati, fino all'attuale momento.
La rivoluzione del 1917 diede un grande scopo al mio lavoro, accrebbe la mia attività e dedicai me stessa con rinnovata energia al servizio del mio ideale.
Lo slogan comunista “Tutto per il popolo” mi infiammò per la sua nobiltà e bellezza, •e nel febbraio del 1920 entrai come candidata nel Partito Comunista. Ma il “primo colpo” tirato sulla popolazione inerme, sui miei cari ragazzi, dei quali ve ne erano circa settemila a Kronstadt, mi fa pensare con orrore che io possa venire considerata coinvolta nella responsabilità per il sangue di innocenti così versato. Sento di non poter più credere •e propagare ciò che si è rovinato da se stesso con un atto diabolico. Perciò col “primo colpo” ho cessato di considerarmi un membro del Partito Comunista.
F.to: Maria Nikolaievna Sciatel (insegnante)».
Comunicati simili apparvero in quasi ogni numero dell'Izvestia. Altamente significativa è la dichiarazione dell'Ufficio Provvisorio della sezione di Kronstadt del Partito Comunista, il cui manifesto ai suoi membri venne pubblicato sul n. 2 dell’Izvestia di Kronstadt il 4 marzo:
«È indispensabile che ogni compagno del nostro Partito si renda conto dell’importanza dell'ora attuale.
Non date credito alle false voci che danno per fucilati i comunisti e che i comunisti di Kronstadt stanno per sollevarsi in armi. Tali voci sono sparse per causare spargimento di sangue.
Noi dichiariamo che il nostro Partito ha sempre difeso le conquiste della classe operaia contro tutti i nemici, conosciuti e non, del potere degli operai •e dei contadini sovietici, e che continuerà su questo indirizzo.
L'Ufficio Provvisorio del Partito Comunista di Kronstadt riconosce la necessità di nuove elezioni dei Soviet e chiama i membri del Partito a prendere parte a tali elezioni.
L'Ufficio Provvisorio del Partito Comunista ordina a tutti i membri del Partito di rimanere ai loro posti • e non ostacolare o interferire in alcun modo con le misure adottate dal Comitato Rivoluzionario Provvisorio.
Viva il potere dei Soviet!
L’Ufficio Provvisorio della Sezione di Kronstadt del Partito Comunista Russo: F. Pervuscin, Y. Ylyin, A. Kabanov».
Varie altre organizzazioni, civili e militari, in modo non diverso, espressero la loro opposizione al regime di Mosca ed il loro completo consenso con le richieste dei marinai di Kronstadt. Altre risoluzioni in tal senso furono approvate anche dal reggimenti dell'Armata Rossa di stanza a Kronstadt o di servizio nei forti vicini. La lettera seguente — pubblicata il 7 marzo 1921 sull'Izvestia di Kronstadt — è indicativa dello spirito che li animava e della loro impostazione mentale: 
«Noi, soldati dell'Armata Rossa del forte Krasnoarmeetz, ci schieriamo completamente col Comitato Rivoluzionario Provvisorio, e difenderemo fino all'ultimo il Comitato Rivoluzionario, gli operai ed i contadini.
Nessuno presti fede alle menzogne dei proclami comunisti gettati dagli aeroplani. Non vi sono generali o soldati zaristi tra di noi. Kronstadt è sempre stata una città di operai •e di contadini •e tale rimarrà. I generali sono al servizio dei comunisti.
Attualmente, mentre il destino della nazione è in sospeso, noi che abbiamo preso il potere nelle nostre mani ed abbiamo affidato la conduzione della lotta al Comitato Rivoluzionario — noi dichiariamo a tutta la guarnigione ed agli operai che siamo pronti a morire per la libertà delle masse operaie. Liberati dal giogo triennale dei comunisti e• dal terrore, moriremo piuttosto che recedere anche di un solo passo.
Viva la Russia libera ed il popolo operaio!
F.to: L'equipaggio del forte Krasnoarmeetz».
Kronstadt era ispirata da un amore appassionato per la Russia libera e da una fede illimitata nei Soviet genuini. Era sicura di riscuotere l'appoggio di tutta la Russia, di Pietrogrado in particolare, e potere in tal modo conseguire la liberazione finale della nazione. L'lzvestia di Kronstadt reiterò tale atteggiamento e tale speranza, ed in numerosi articoli ed appelli cercò di chiarire la sua posizione verso i bolscevichi e la sua aspirazione di porre le fondamenta di una nuova, libera vita per essa stessa e per il resto della Russia. Tale generosa aspirazione, la purezza dei suoi motivi e la fervida speranza di liberazione, si stagliano in rilievo nelle pagine dell’organo ufficiale del Comitato Rivoluzionario Provvisorio ed esprimono compiutamente lo spirito che animava soldati, marinai ed operai. Agli attacchi virulenti della stampa bolscevica, alle infamanti bugie irradiate dalla stazione radio di Mosca, accusanti Kronstadt di controrivoluzione e di cospirazione bianca, il Comitato Rivoluzionario rispose con grande dignità. Nel suo organo quotidiano esso riporta sovente i proclami di Mosca allo scopo di dimostrare alla popolazione di Kronstadt a quale bassezza fossero caduti i bolscevichi. Di quando in quando si fa un resoconto, sulle pagine dell’Izvestia, dei metodi usati dai comunisti e Ii si commenta naturalmente con giusta indignazione; come, ad esempio, nel numero 6 dell'8 marzo, sotto il titolo «Noi e loro».
«Non sapendo come conservare il potere che sta loro sfuggendo di mano, i comunisti ricorrono ai mezzi provocatori più vili. La loro stampa infame ha mobilitato tutte le sue forze per incitare le masse contro di noi •e presentare la rivolta di Kronstadt come una cospirazione della guardia bianca. Ultimamente quella cricca di infami senza ritegno ha detto al mondo che “Kronstadt si è venduta alla Finlandia”. I loro giornali sputano fuoco e veleno •e poiché non sono riusciti a convincere il proletariato che Kronstadt è nelle mani dei controrivoluzionari, ora stanno cercando di eccitare il sentimento nazionale.
Tutto il mondo ormai sa, attraverso la nostra radio, per che cosa stanno combattendo la guarnigione e gli operai di Kronstadt. Ma i comunisti cercano con ogni mezzo di stravolgere il significato degli avvenimenti e• trarre così in inganno i nostri fratelli di Pietrogrado.
Pietrogrado è circondata dalle baionette dei kursanti e dalle “guardie” del Partito, e• Maliuta Skuratov — Trotsky — non permette ai delegati dei soldati •e degli operai non partigiani di venire a Kronstadt. Teme che qui vengano a conoscenza della realtà e• che la verità faccia immediatamente piazza pulita dei comunisti e che le masse operaie, così illuminate, possano prendere il potere nelle loro mani callose.
Questa è la ragione per cui il Pietro-Soviet (il Soviet di Pietrogrado) non risponde al radiotelegramma in cui chiedevamo che compagni veramente imparziali fossero inviati a Kronstadt.
Temendo per la loro vita, i leader comunisti sopprimono la verità •e spargono menzogne, dicendo che a Kronstadt stanno agendo le guardie bianche, che il proletariato di Kronstadt si è venduto alla Finlandia ed alle spie francesi, che i Finlandesi hanno già organizzato un'armata allo scopo di attaccare Pietrogrado con l'aiuto degli myatezhniki (ammutinati)• e così via.
A tutto questo noi ci limitiamo a rispondere: Tutto il potere ai Soviet! Tenete lontane da essi le vostre mani, quelle mani che sono macchiate del sangue del martiri della libertà, morti combattendo contro le guardie bianche, i latifondisti e la borghesia!».
Con semplici e franche parole Kronstadt cercò di esprimere le aspirazioni del popolo, desideroso di libertà, e di poter forgiare da solo il proprio destino. Esso si sentì, per così dire, l'avanguardia del proletariato russo che stava per insorgere a difesa di quei luminosi ideali per i quali aveva combattuto e sofferto nella rivoluzione d'Ottobre. Profonda e salda era la fede che Kronstadt riponeva nei Soviet; il suo slogan che racchiudeva un po’ tutto il suo programma era: Tutto il potere ai Soviet, non ai partiti!
Tale il suo programma; ma non ebbe il tempo per teorizzarlo e svilupparlo. Lottò per l'emancipazione del popolo dal giogo comunista. Quel giogo non più sopportabile rese necessaria la rivoluzione, la Terza Rivoluzione. La via alla libertà ed alla pace poggia su Soviet liberamente eletti, «la pietra miliare della nuova rivoluzione». Le pagine dell’lzvestia di Kronstadt traboccano di testimonianze sulla linearità morale e purezza cristallina dei marinai e degli operai di Kronstadt, e della fede toccante che essi avevano nella loro missione di iniziatori della Terza Rivoluzione. Tali aspirazioni e tali speranze erano chiaramente espresse sul numero 6 dell'lzvestia dell'8 marzo, nell’editoriale intitolato «Per cosa combattiamo»:
«Con la rivoluzione d'Ottobre la classe lavoratrice sperava di conquistare l'emancipazione. Invece ne è derivato uno stato di schiavitù della persona umana persino maggiore.
Il potere della polizia •e della gendarmeria monarchiche cadde nelle mani degli usurpatori — i comunisti — che invece di liberare il popolo, hanno ispirato in esso un costante terrore della Ceka, che con i suoi orrori ha persino oltrepassato la polizia •e la gendarmeria zariste. Tra tutte, la fazione comunista è la peggiore e più criminale: è penetrata persino all'interno delle masse operaie, obbligando ognuno a pensare come essa imponeva.
La Russia di coloro che faticano, quella che per prima ha levato la bandiera rossa dell'emancipazione del lavoro, è bagnata del sangue di coloro che sono stati immolati per la gloria maggiore della dominazione comunista. In tale mare di sangue i comunisti stanno affogando tutte le loro belle promesse e• tutto quanto poteva offrire la rivoluzione dei lavoratori. È chiaro ormai che il Partito Comunista non è il difensore delle masse lavoratrici come esso pretenderebbe di essere. Gli interessi del popolo che lavora gli sono divenuti estranei. Avendo conquistato il potere, non ha altro timore che quello di perderlo e quindi si giova di tutti i mezzi a disposizione: diffamazione, inganno, violenza, assassinio e vendetta sulle famiglie dei ribelli.
Vi è un termine anche alla pazienza più lunga. Qua e lì nella nazione si accendono fuochi di rivolta, della lotta contro l’oppressione e• la violenza. Gli scioperi dei lavoratori si sono moltiplicati, ma il regime poliziesco bolscevico ha preso ogni precauzione contro l'insorgere dell'inevitabile Terza Rivoluzione.
Ma a dispetto di tutto ciò essa è scoppiata, portata dalle mani delle classi lavoratrici. I generali del comunismo si accorgono che ad insorgere è il popolo, il popolo che si è convinto che i comunisti hanno tradito le idee del Socialismo. Temendo per la loro vita, e sapendo come non vi è luogo per essi dove nascondersi all’ira dei lavoratori, i comunisti cercano ancora di terrorizzare i rivoluzionari con la prigione, le sparatorie ed altre barbarie. Tuttavia vivere sotto la dittatura comunista è molto peggiore della morte stessa.
Non c’è via di mezzo. Vincere o morire! 
L'esempio l'ha dato Kronstadt, il terrore della controrivoluzione di destra e di sinistra. Qui ha avuto luogo il grande avvenimento rivoluzionario. Qui s'è levata la bandiera della rivolta contro la tirannide triennale e l'oppressione dell'autocrazia comunista, che è riuscita persino a mettere in ombra trecento anni di dispotismo monarchico. Qui, a Kronstadt, è stata posta la pietra miliare della Terza Rivoluzione che infrangerà le ultime catene dei lavoratori e• schiuderà una nuova, ampia strada alla forza creatrice del Socialismo.
Questa nuova rivoluzione farà levare le masse dell'oriente e dell’occidente e fornirà l'esempio della nuova costruttività socialista in contrapposizione alla “costruzione” di stampo governativo dei comunisti. Le masse lavoratrici impareranno che ciò che è stato fatto finora nel nome dei lavoratori e dei contadini non era assolutamente Socialismo.
Senza sparare un sol colpo, senza versare una sola goccia di sangue, è stato fatto il primo passo. Chi lavora non ha bisogno di sangue. Lo verseranno soltanto a propria difesa. I lavoratori ed i contadini stanno marciando: lasciano dietro di loro la utchredilka (Assemblea Costituente) col suo regime borghese, e la dittatura del Partito Comunista con la sua Ceka ed il suo capitalismo di Stato, che hanno avviluppato attorno alla gola dei lavoratori un nodo scorsoio e minacciano di strangolarli.
L'attuale cambiamento inoltre dà la possibilità di assicurare alle masse lavoratrici dei Soviet liberamente eletti, che esplicheranno le loro funzioni senza il timore della frusta del Partito; essi possono ora riorganizzare i sindacati resi governativi in associazioni volontarie di operai e contadini • e di intellighenzia lavoratrice. Infine esso ha annullato l'apparato poliziesco dell'autocrazia comunista».
Contro questo programma, contro queste rivendicazioni, il governo bolscevico iniziò il suo attacco a Kronstadt alle ore 6,45 del pomeriggio del 7 marzo 1921.
 
L'ultimatum bolscevico a Kronstadt
Kronstadt fu generosa. Neppure una goccia di sangue comunista fu versato, nonostante tutte le provocazioni, nonostante il blocco alla città e le misure repressive da parte del governo bolscevico. Rifiutò di seguire l'esempio comunista della vendetta, giungendo persino ad avvertire la popolazione di Kronstadt di non rendersi colpevole di eccessi nei confronti del membri del Partito Comunista. Il Comitato Rivoluzionario Provvisorio richiamò l'attenzione della popolazione avvertendola a tale riguardo, insistendovi anche dopo che il governo bolscevico ignorò la richiesta dei marinai di liberare gli ostaggi tenuti a Pietrogrado. La richiesta di Kronstadt inviata per radio al Soviet di Pietrogrado ed il manifesto del Comitato Rivoluzionario Provvisorio furono pubblicati lo stesso giorno, il 7 marzo, e sono qui di seguito riprodotti:
«In nome della guarnigione di Kronstadt, il Comitato Rivoluzionario Provvisorio di Kronstadt richiede che le famiglie dei marinai, dei lavoratori e dei soldati dell'Armata Rossa trattenuti come ostaggi dal Soviet di Pietrogrado siano liberate entro 24 ore.
La guarnigione di Kronstadt dichiara che i comunisti godono di piena libertà a Kronstadt e che le loro famiglie sono assolutamente al sicuro. L'esempio del Pietro-Soviet non è stato da noi imitato, perché riteniamo che tali metodi (trattenere degli ostaggi) sia assolutamente indegno e non giusto anche se determinato da disperato furore. La storia non conosce simili infamie.
Marinaio Petricenko, Presidente del Comitato Provvisorio; Kilgast, Segretario».
Il Manifesto al Popolo di Kronstadt diceva:
«… La lunga e continuata oppressione delle masse lavoratrici da parte della dittatura comunista ha prodotto nella popolazione una naturale indignazione ed una reazione rabbiosa. In conseguenza di ciò, i parenti dei comunisti sono stati in qualche caso destituiti dai loro incarichi e boicottati. Ciò non deve più accadere. Noi non vogliamo vendicarci — noi difendiamo i nostri interessi di lavoratori».
Kronstadt visse nello spirito della sua santa crociata. Riponeva grande fede nella giustezza della sua causa e si eresse a difensore della rivoluzione. In tale atmosfera i marinai rifiutarono di credere che il governo li avrebbe attaccati con la forza delle armi. Nel profondo dell'anima di questi semplici figli della terra e del mare, forse, germinava la sensazione che la vittoria potesse conquistarsi anche senza la violenza. La psicologia slava sembrava credere che la giustezza della causa e la forza dello spirito rivoluzionario fossero destinati a vincere. In ogni modo Kronstadt rifiutò di prendere l'offensiva. Il Comitato Rivoluzionario Provvisorio non volle accettare il consiglio di effettuare uno sbarco improvviso a Oranienbaum, un forte di grande importanza strategica. I marinai e gli operai di Kronstadt miravano ad istituire dei liberi Soviet e desideravano difendere i loro diritti da qualsiasi attacco; non sarebbero mai stati loro gli aggressori.
A Pietrogrado voci insistenti dicevano che il governo stava preparando una spedizione militare contro Kronstadt, ma non si volle dar credito a tali storie: la cosa pareva tanto oltraggiosa da sembrare assurda. Come già detto, il Comitato di Difesa (ufficialmente conosciuto come il Soviet del Lavoro e della Difesa) dichiarò la capitale in «stato straordinario d’assedio». Furono proibiti gli assembramenti per strada e le riunioni. Gli operai di Pietrogrado sapevano poco di quanto stava accadendo a Kronstadt, poiché le uniche informazioni ottenibili erano quelle diffuse dalla stampa comunista e da frequenti bollettini del tipo:
«Il generale zarista Kozlovsky ha organizzato un moto insurrezionale controrivoluzionario a Kronstadt». Ansiosamente le persone attendevano l'annunciata sessione del Soviet di Pietrogrado che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla questione di Kronstadt.
Il Pietro-Soviet si riunì il 4 marzo, e vi si era ammessi dietro presentazione di una speciale tessera, che di regola soltanto i comunisti possedevano. Chi scrive, allora in rapporti amichevoli con i bolscevichi e con Zinoviev in particolare, poté presenziarvi. In qualità di presidente del Soviet di Pietrogrado, Zinoviev aprì la seduta ed in un lungo discorso espose la situazione. Debbo confessare che ero giunto alla riunione piuttosto ben disposto verso il punto di vista di Zinoviev: stavo in guardia contro la più vaga possibilità di degenerazione controrivoluzionaria a Kronstadt. Ma il discorso di Zinoviev, di per sé, mi convinse di come le accuse comuniste a Kronstadt fossero pure argomentazioni capziose, senza un minimo fondo di verità. Avevo avuto modo di ascoltare Zinoviev in molte altre occasioni. Lo trovavo oratore suadente, una volta accettate le sue premesse. Ma ora, l'intero suo atteggiamento, le ragioni portate, il tono ed il modo — tutto contribuiva a far trapelare la menzogna dalle sue parole. Potevo sentire la sua coscienza protestare. L'unica «prova» presentata contro Kronstadt si riduceva alla famosa risoluzione del 1° marzo, le cui richieste erano giuste e persino moderate. Tuttavia sulla base di quell'unico documento, appoggiato dalla denuncia isterica di Kalinin, la decisione fatale fu presa. Preparata in anticipo e presentata dalla voce stentorea di Yevdikimov, il braccio destro di Zinoviev, la risoluzione contro Kronstadt fu approvata dai delegati in un parossismo d'isteria che attinse ai più alti livelli d’intolleranza e di sete di sangue, tra il tumulto di proteste elevate da parte dei delegati delle fabbriche di Pietrogrado e dei rappresentanti dei marinai. La risoluzione dichiarava Kronstadt colpevole di insurrezione contro-rivoluzionaria contro il potere dei Soviet e richiedeva la sua resa immediata.
Era una dichiarazione di guerra. Persino molti comunisti militanti rifiutarono di credere che la risoluzione sarebbe stata messa in atto: era mostruoso attaccare con la forza delle armi «la gloria ed il vanto della rivoluzione russa», come Trotsky aveva chiamato i marinai di Kronstadt. Nell'intimità delle loro amicizie, molti comunisti non settari minacciarono di dimettersi dal Partito se si fosse proceduto a tale eccidio.
Ci si era aspettato che Trotsky parlasse al Pietro-Soviet ed il suo mancato arrivo venne interpretato da alcuni come indicativo dell'esagerazione dell’importanza attribuita al problema. Ma giunse a Pietrogrado durante la notte. Il mattino successivo, il 5 marzo, inviò l'ultimatum a Kronstadt:
«Il governo degli operai e dei contadini ha decretato che Kronstadt •e le navi dei ribelli si sottomettano immediatamente alla Repubblica Sovietica. Perciò ordino a tutti coloro che hanno levato la mano contro la madrepatria del Socialismo di deporre immediatamente le armi. I renitenti saranno disarmati o deferiti alle autorità sovietiche. I commissari e gli altri rappresentanti del governo debbono essere rilasciati immediatamente. Soltanto chi si arrende senza condizioni può sperare nella grazia della Repubblica Sovietica.
Nello stesso tempo sto emanando le disposizioni necessarie per reprimere l'ammutinamento con la forza delle armi. La responsabilità dei danni che la popolazione pacifica potrà soffrire, ricadrà interamente sulla testa dei controrivoluzionari ammutinati. L’avvertimento è definitivo.
Trotsky, Presidente del Soviet Militare Rivoluzionario della Repubblica; Kamenev, Comandante in capo».
La situazione s'era aggravata. A Pietrogrado e nei dintorni affluivano continuamente forze militari. L'ultimatum di Trotsky fu seguito da un prikaz con la storica minaccia: «Vi ucciderò come fagiani». Un gruppo di anarchici allora a Pietrogrado fece l'ultimo tentativo per indurre i bolscevichi a riesaminare la loro decisione di attaccare Kronstadt. Sentirono che era loro dovere verso la rivoluzione fare un estremo tentativo, anche se senza speranze, per evitare l’immediato massacro del fiore rivoluzionario della Russia: i marinai e gli operai di Kronstadt. Il 5 marzo inviarono una nota di protesta al Comitato di Difesa, mettendo in luce le intenzioni pacifiche e le giuste richieste di Kronstadt, ricordando ai comunisti la storia rivoluzionaria dei marinai e proponendo un compromesso che potesse soddisfare i compagni ed i rivoluzionari. Il documento diceva: 
«Al Soviet del lavoro e della Difesa di Pietrogrado.
Presidente Zinoviev:
Rimanere silenziosi ora è impossibile, persino criminale. I recenti avvenimenti obbligano noi anarchici a parlare e manifestare il nostro punto di vista sull’attuale situazione. Il fermento e l’insoddisfazione che si sono manifestati tra molti lavoratori e marinai è il risultato di cause che richiedono la nostra più seria attenzione. Il freddo e la fame hanno prodotto malcontento politico e la mancanza di libertà di parola, cioè di discussione e di critica, spinge i lavoratori ed i marinai a portare la loro insoddisfazione all'aperto.
Le guardie bianche desiderano e possono cercare di aizzare tale insoddisfazione nel loro stesso interesse di classe. Nascoste dietro i lavoratori ed i marinai, esse spargono slogan sull'Assemblea Costituente, sul libero commercio e simili richieste.
Da tempo noi anarchici abbiamo sottolineato la doppiezza di tali slogan e dichiariamo al mondo intero che combatteremo con le armi contro ogni tentativo controrivoluzionario, insieme a tutti gli amici della rivoluzione sociale e fianco a fianco con i bolscevichi.
Per quanto riguarda il conflitto tra il governo sovietico ed i marinai e gli operai, noi sosteniamo che esso deve essere appianato senza far ricorso alla forza delle armi, ma con un cameratesco e• fraterno accordo rivoluzionario. Fare ricorso allo spargimento di sangue da parte del governo sovietico, nell'attuale situazione, non potrà intimidire od acquietare i lavoratori. Al contrario, riuscirà soltanto ad aggravare la situazione •e rafforzare le posizioni dell’Intesa e della controrivoluzione interna. Inoltre, cosa ancora più importante, l'uso della forza da parte del governo degli operai •e dei €contadini contro i marinai e i lavoratori avrà un contraccolpo reazionario sul movimento rivoluzionario internazionale e• si risolverà ovunque in un danno incalcolabile per la Seconda Rivoluzione.
Compagni bolscevichi, ricordatevene prima che sia troppo tardi! Non giocate col fuoco: state per prendere una risoluzione troppo grave e determinante.
Qui di seguito noi vi sottoponiamo la seguente proposta: sia scelta una commissione di cinque membri, due dei quali anarchici. La commissione vada a Kronstadt per appianare la disputa con mezzi pacifici. Nell'attuale momento questo è il metodo più radicale. Risulterebbe di importanza rivoluzionaria internazionale.
Alexander Berkman, Emma Goldman, Perkus, Petrovsky.
Pietrogrado, 5 marzo 1921».
Zinoviev, informato che un documento concernente il problema di Kronstadt stava per essere sottoposto al Soviet della Difesa, inviò il suo rappresentante personale. Se la lettera fosse stata discussa o meno da quell'organo non è a conoscenza di chi scrive. In ogni modo nessuna deliberazione fu presa al riguardo.
 
Il primo colpo
Kronstadt, eroica e generosa, stava sognando di liberare la Russia con la Terza Rivoluzione, che era fiera di aver iniziato. Non formulò alcun programma specifico. Libertà e fratellanza universale erano i suoi slogan. Pensava alla Terza Rivoluzione come ad un graduale processo di emancipazione, il cui primo passo sarebbe stato l'elezione di Soviet indipendenti, non controllati da nessun partito politico, espressione della volontà e degli interessi del popolo. Quei semplici marinai proclamavano col cuore in mano ai lavoratori di tutto il mondo il loro grande ideale, e chiamavano il proletariato ad unire le sue forze nella lotta comune, fiduciosi che la loro causa avrebbe trovato appoggio incondizionato ed entusiastico e che i lavoratori di Pietrogrado, per primi, sarebbero accorsi in loro aiuto.
Nel frattempo Trotsky aveva raccolto le sue truppe. Le divisioni più fide tra quelle che tornavano dal fronte, reggimenti di kursanti, distaccamenti della Ceka ed unità militari composte esclusivamente da comunisti furono raccolti nei forti di Sestroretsk Lissy Noss, Krasnaia Gorka ed in postazioni fortificate vicine. I massimi esperti militari russi furono portati sul luogo per studiare e predisporre il blocco e l'attacco a Kronstadt. Il noto Tukacevski fu nominato comandante in capo dell'assedio di Kronstadt.
Il 7 marzo alle ore 6,45 pomeridiane le batterie comuniste di Sestroretsk e di Lissy Noss spararono i primi colpi contro Kronstadt.
Era l'anniversario della giornata della donna lavoratrice. Kronstadt, assediata ed attaccata, non dimenticò ii grande giorno festivo. Sotto il fuoco del cannoni, i coraggiosi marinai inviarono un messaggio d'augurio alle donne lavoratrici di tutto il mondo, tipica azione della psicologia della Città Ribelle. La Radio annunciò:
«Oggi è una festività universale. Il giorno della donna che lavora. Noi di Kronstadt mandiamo, tra il rombo dei cannoni, i nostri fraterni auguri alle donne lavoratrici di tutto il mondo. Possiate ottenere la vostra liberazione da ogni forma di violenza e di oppressione.
Viva le libere donne lavoratrici rivoluzionarie!
Viva la rivoluzione sociale di tutto il mondo!».
Né meno tipico fu il pianto straziante di Kronstadt, «Fate sapere al mondo intero», pubblicato dopo che il primo colpo era stato sparato, sul n. 6 dell'Izvestia di Kronstadt l’8 marzo:
«Il primo colpo è stato sparato... In piedi, immerso sino alle ginocchia nel sangue dei lavoratori, il maresciallo Trotsky è stato il primo ad aprire il fuoco contro Kronstadt rivoluzionaria che si è sollevata contro l’autocrazia dei comunisti e per istituire un vero potere dei Soviet.
Senza spargere una goccia di sangue, noi, uomini dell’Armata Rossa, marinai e lavoratori di Kronstadt, ci siamo affrancati dal giogo comunista ed abbiamo persino risparmiato le loro vite. Con la minaccia dell'artiglieria essi vogliono ora sottometterci nuovamente alla loro tirannia.
Non volendo spargere sangue, abbiamo domandato che dei delegati non partigiani del proletariato di Pietrogrado fossero mandati da noi, perché potessero constatare con i loro occhi che Kronstadt stava combattendo per il potere ai Soviet. Ma i comunisti hanno celato le nostre richieste ai lavoratori di Pietrogrado ed ora stanno aprendo il fuoco contro di noi — la naturale risposta di un falso «governo di lavoratori e di contadini» alle richieste delle masse lavoratrici.
Fate sapere ai lavoratori di tutto il mondo che noi, i difensori del potere dei Soviet, stiamo custodendo le conquiste della rivoluzione sociale.
Noi vinceremo o moriremo sotto le rovine di Kronstadt, combattendo per la giusta causa delle masse lavoratrici.
I lavoratori del mondo saranno i nostri giudici. Il sangue degli innocenti ricadrà sulle teste dei fanatici comunisti ubriachi di autorità.
Viva il potere dei Soviet».
 
La sconfitta di Kronstadt
I bombardamenti dell'artiglieria su Kronstadt, iniziati la sera del 7 marzo, furono seguiti da un tentativo di prendere d'assalto la fortezza. L'attacco fu portato da nord e da sud da truppe scelte comuniste, indossanti bianchi mantelli il cui colore si mimetizzava alla neve che giaceva alta sul golfo gelato di Finlandia. Questi primi violenti tentativi di prendere d'assalto la fortezza causarono il sacrificio di molte vite umane, compiante dai marinai con toccante dolore per la sorte dei loro fratelli d'armi, portati a credere Kronstadt controrivoluzionaria. In data 8 marzo l'Izvestia di Kronstadt scrive:
«Noi non volevamo spargere il sangue dei nostri fratelli •e non abbiamo sparato un solo colpo finché non ne siamo stati costretti. Siamo stati obbligati a difendere la giusta causa delle masse operaie e sparare — sparare sui nostri stessi fratelli mandati a morte sicura dai comunisti che si sono ingrassati alle spese del popolo.
Per vostra sfortuna è scoppiata una terribile tempesta di neve e• la notte nera ha mescolato tutto in nero. Nondimeno, i boia comunisti senza considerare il costo in vite umane, vi hanno spinti sul ghiaccio, minacciandovi da tergo con le loro mitragliatrici, in mano ai soli distaccamenti comunisti.
Molti di voi sono periti quella notte sulla ghiacciata distesa del golfo di Finlandia. E quando spuntò il giorno e• la tempesta si acquietò, soltanto i restanti di voi, in pietose condizioni, stanchi ed affamati, a stento capaci di muovervi, veniste a noi, avvolti nei vostri bianchi mantelli.
All’alba eravate già un migliaio e• più tardi nella giornata un numero incalcolabile. Avete pagato caro, col vostro sangue, questa avventura; dopo il fallimento del tentativo, Trotsky corse indietro a Pietrogrado per condurre nuovi martiri alla carneficina — dato che egli non dà troppo peso al sangue versato dai contadini e dagli operai!…».
Kronstadt visse con la profonda speranza che il proletariato di Pietrogrado sarebbe accorso in suo aiuto. Ma colà i lavoratori erano terrorizzati e ferreo il blocco attorno a Kronstadt, cosicché non ci si poteva aspettare alcuna assistenza da chicchessia.
La guarnigione di Kronstadt consisteva di meno di 14.000 uomini, 10.000 dei quali erano marinai. Doveva difendere un fronte vastissimo, molti forti e le batterie sparse per tutto l'arco del golfo. I ripetuti attacchi dei bolscevichi cui il governo centrale inviava truppe fresche in continuità, la mancanza di approvvigionamenti nella città assediata, le lunghe notti insonni passate di guardia nel freddo, tutto stava minando la vitalità di Kronstadt. Tuttavia i marinai perseverarono eroicamente, fidando sino all'ultimo che il grande esempio di liberazione da loro dato sarebbe stato seguito da tutta la nazione e avrebbero così ricevuto aiuto e sollievo.
•Nel suo «Appello ai Compagni Operai e Contadini», il Comitato Rivoluzionario Provvisorio dice (Izvestia di Kronstadt n. 9, 11 marzo):•
«Compagni operai, Kronstadt sta combattendo per voi, per la fame, il freddo e• la mancanza di indumenti. Kronstadt ha innalzato la bandiera della rivolta ed è fiduciosa che decine di milioni di lavoratori e di contadini risponderanno alla sua chiamata. Non è possibile che l'aurora iniziata a Kronstadt non debba divenire giorno pieno •e luminoso per tutta la Russia. Non è possibile che l’esplosione di Kronstadt debba mancare di far levare l'intera Russia e• prima di tutti Pietrogrado!».
Ma nessun aiuto stava giungendo e col passare dei giorni Kronstadt diventava sempre più esausta. I bolscevichi continuarono ad ammassare nuove truppe contro la fortezza assediata, indebolendola con continui attacchi. In più tutti i vantaggi erano dalla parte dei comunisti: il numero, le scorte, la posizione. Kronstadt non era stata costruita per sostenere un attacco dal retroterra. Le voci sparse dai bolscevichi che i marinai intendessero bombardare Pietrogrado erano false. La famosa fortezza era stata progettata all'unico scopo di servire da difesa a Pietrogrado contro invasori provenienti dal mare. Per di più, nel caso in cui la città fosse caduta nelle mani dei nemici, le batterie della costa ed i forti di Krasnaia Gorka erano stati studiati in funzione di un bombardamento contro Kronstadt. Prevedendo simile possibilità, i costruttori avevano di proposito omesso di fortificare la zona di Kronstadt prospiciente il retroterra.
Quasi ogni notte i bolscevichi reiterarono gli attacchi. Per tutto il 10 marzo le artiglierie comuniste spararono senza sosta dalla costa settentrionale e da quella meridionale. Nella notte tra il 12 ed il 13 i comunisti attaccarono da sud, facendo nuovamente uso dei mantelli bianchi e sacrificando molte centinaia di kursanti. Kronstadt lottò disperatamente, nonostante le molte notti insonni, la mancanza di cibo e di uomini. Combatté eroicamente contro attacchi simultanei da nord, da est e da sud, mentre le batterie di Kronstadt erano in grado di difendere la fortezza soltanto dal lato occidentale. I marinai mancavano persino del rompighiaccio per impedire alle forze comuniste d'avvicinarsi.
Il 16 marzo i bolscevichi portarono un attacco concentrato dai tre lati contemporaneamente, da sud, da est e da nord. «Il piano d'attacco» spiegò più tardi Dibenko, ex-commissario navale bolscevico ed in seguito dittatore della sconfitta di Kronstadt, «fu preparato nei minimi dettagli secondo le direttive del comandante in capo Tubacevsky e degli ufficiali di campo dei corpi meridionali. AI cader delle tenebre, iniziò l'attacco contro i forti. I mantelli bianchi ed il coraggio dei kursanti resero impossibile avanzare in colonna».
Il mattino del 17 marzo parecchi forti erano caduti. Attraverso la parte più debole di Kronstadt — le porte di Pietrogrado — i bolscevichi irruppero nella città e si gettarono al più inaudito massacro. I comunisti risparmiati dai marinai ora li attaccavano proditoriamente alle spalle. Kuzmin, commissario della flotta baltica e Vassiliev, presidente del Soviet di Kronstadt, liberati dalla prigione dai comunisti presero parte al corpo a corpo che si combatteva nelle strade con fratricida spargimento di sangue. La lotta disperata dei marinai e dei soldati di Kronstadt contro un numero soverchiante di nemici continuò sino a tarda notte. La città che per quindici giorni non aveva levato la mano su di un solo comunista era ora bagnata del sangue degli uomini, delle donne e dei bambini di Kronstadt.
Dibenko, nominato commissario di Kronstadt, fu investito di poteri assoluti per «ripulire la città ammutinata». Seguì un'orgia di vendetta, con la Ceka che sterminò innumerevoli persone nelle sue sparatorie notturne fatte all'impazzata.
Il 18 marzo, il governo bolscevico ed il Partito Comunista di Russia commemorarono pubblicamente la Comune di Parigi del 1871, soffocata nel sangue dei lavoratori francesi da Gallifet e Thiers. Nello stesso tempo celebrarono la «vittoria» contro Kronstadt.
Per molte settimane le prigioni di Kronstadt rigurgitarono di centinaia di prigionieri. Ogni notte, per ordine della Ceka, ne venivano prelevati a piccoli gruppi e scomparivano per non essere più visti tra i vivi. Tra gli ultimi ad essere uccisi vi fu Perepelkin, membro del Comitato Rivoluzionario Provvisorio di Kronstadt.
•Le prigioni ed i campi di concentramento nei gelati distretti di Arcangelo e le prigioni sotterranee del lontano Turkestan portarono lentamente a morte gli uomini di Kronstadt che si erano levati contro la burocrazia bolscevica e che nel marzo del 1921 avevano fatto loro lo slogan della rivoluzione dell’Ottobre 1917: «Tutto il potere ai Soviet!».
 
 
(1) Unità armate organizzate dai bolscevichi allo scopo di sopprimere il traffico e di confiscare cibi ed altri prodotti. L'irresponsabilità e l'arbitrarietà dei loro metodi erano proverbiali in tutta la nazione. Il governo le abolì nel distretto di Pietrogrado alla vigilia del suo attacco a Kronstadt nel tentativo di accattivarsi il proletariato di Pietrogrado.
(2) lzvestia del Comitato Rivoluzionario Provvisorio di Kronstadt, n. 9, 11 marzo 1921.
(3) Organizzazione zarista di tipo fascista.
(4) Pubblicato in Revoltsionnaya Rossiya (giornale dei Socialisti Rivoluzionari) n. 8, maggio 1921. Vedere altresì l'lzvestia di Mosca (comunista) n. 154, 13 luglio 1922.
(5) Generali dell'esercito zarista che aderirono al governo sovietico.
(6) Il Comitato Esecutivo del Partito Comunista di Russia vide la sua sezione di Kronstadt tanto demoralizzata che dopo la sconfitta di Kronstadt ordinò un completo riesame di tutti i comunisti di Kronstadt.