Brulotti

Atene, la piovra

 

Fredy Perlman
 
Adesso ha inizio l'ascesa della grande, immensa Atene così tanto riverita dallo spirito occidentale moderno e dal suo cosiddetto Rinascimento. Agli occhi occidentali corazzati, le successive sei generazioni brulicheranno di «forme di libertà» infinitamente varie, visibili a chi vedrà solo la retorica ateniese senza vedere schiavi, uva e olive.
La retorica ateniese proclama che le città anatoliche sono ora libere e possono ricominciare da dove avevano lasciato. Ma l'imbattuta marina ateniese abbraccia tutte queste città in una Lega di Delo, un nome retorico per indicare l'Impero ateniese. Città della Caria e della Lidia, che rifiutano garbatamente di essere coinvolte in questo abbraccio, vi sono costrette dalla piovra ateniese venuta dal mare, che sostituisce ora il verme persiano venuto dalla terra.
La discordia raggiunge la stessa metropoli, dove si formano due partiti: il partito del verme e quello della piovra.
Gli autoritari del partito del verme sanno che un impero ha bisogno di una grande concentrazione di potere militare per evitare di smembrarsi.
Da parte loro, i mercanti del partito della piovra, guidati dal tiranno costituzionale Pericle, sanno che la ricchezza di Atene deriva dai suoi tentacoli che si muovono liberamente; e sanno anche che una grande concentrazione militare prosciugherebbe le sorgenti della ricchezza, svuoterebbe le navi e porterebbe l'impero alla perdizione. I mercanti sanno che i tentacoli non sono esseri umani liberi ma pezzi di corazza, parti di polis, schegge che come frecce assolvono al loro compito solo quando vengono tirate.
Grazie a questo buon senso mercantile, l'arconte Pericle verrà lodato in un'epoca successiva come un difensore della libertà. Pericle difende la libertà della circolazione delle merci, non quella delle persone. Due terzi della popolazione della stessa metropoli sono costituiti da zek, da squadre di lavoro impegnate nelle miniere, nelle cave, nell'artigianato, nei lavori domestici. E le città dell'Impero ateniese pagano i tributi come quelle dell'Impero persiano.
Il partito del verme viene sconfitto ma gli ateniesi non rinunciano alle loro aspirazioni da vermi. Cercano di inglobare nel loro Impero tutto il loro entroterra, la Beozia di Esiodo. Questo porta alla guerra con Tebe e Sparta, mentre gli ateniesi sotto il governo di Pericle danno inizio alla metamorfosi, al quasi quotidiano cambiamento da piovra flessibile a verme radicato, e viceversa. Sotto Pericle essi mandano tentacoli in Egitto, ma costruiscono mura. Sconfitti dagli spartani e dai loro alleati, gli ateniesi rinunciano al loro impero di terra ma si affrettano a sottomettere le colonie di mare Samo e Bisanzio.
All'interno della stessa metropoli sorgono quelli che Toynbee descriverà come lavori architettonici dalla bellezza suprema, pagati con tributi imperiali estorti dalla forza armata ateniese e, aggiungerei, dall'astuzia commerciale.
La libertà di Pericle è la libertà che artigli e tentacoli hanno di afferrare tutto ciò che può essere afferrato. La funzione di arte, architettura e teatro dalla suprema bellezza è quella di nascondere gli artigli e i tentacoli, prima di tutto agli ateniesi stessi. Questi ultimi, tuttavia, sono consapevoli dell'esistenza di artigli e tentacoli, dal momento che sono essi stessi a farli funzionare. Solo gli apologeti di altri artigli comparsi in età successive vedranno niente altro che bellezza suprema nell'Atene di Pericle.
Esaltato dal suo potere di imperialista di successo, l'arconte Pericle e i suoi compagni mercanti si spingono troppo lontano, tanto che gli stessi ateniesi chiamano questa tracotanza cieca arroganza: Pericle e compagni cercano di arraffare gli avamposti d'oltremare di Corinto. Ma Corinto non è una polis ionica messa fuori uso dagli esattori di tributi persiani. Corinto è invece una vicina della porta accanto, seconda solo ad Atene quanto a possedimenti d'oltremare.
Ha inizio ora un racconto di violenza disumana che si svolge per mare e per terra, un racconto di asservimenti, massacri e tormenti conosciuto col nome di Guerra del Peloponneso, un racconto preservato all'eternità da Tuciclide per una lettura scrupolosa. Ogni alleato di Atene, ogni confederato e ogni Colonia si ribellano contro le forme di libertà che l'Atene di Pericle aveva condiviso con loro.
Dopo più di una generazione di guerra fratricida e genocida, Atene è ridotta a una semplice polis come le altre, una polis stracarica di monumenti della gloria passata. E gli ateniesi sconfitti diventano devoti. Ordinano l'esecuzione di un uomo chiamato Socrate perché questi ha annunciato pubblicamente la morte degli dei ateniesi. Questi ultimi erano morti già da tempo, ma non è questo il momento di annunciarne il decesso. Senza la copertura dei loro dei, gli ateniesi sono solo mercanti di vino e olive e nemmeno mercanti di prima qualità. I fenici di Cartagine sulla costa africana settentrionale sono ben più sagaci, mentre la greca Siracusa ha oltrepassato Atene in dimensioni e ricchezza, se non anche in opere meravigliose.
La grande epoca di Atene è finita. Atene è ascesa alla gloria e poi è caduta. Tutto ciò che ne resta è il tentativo di Platone di fondare il Leviatano ideale, la polis perfetta.
Platone è un ateniese tipico: parla la lingua del tempio e si concentra sulle decorazioni che nascondono la corazza. Si riferisce a schiavi, uva e olive solo quando spiega che alcuni uomini sono nati per spremere succhi, mentre altri sono nati per venderli. Anzi, egli pensa che gli schiavi saranno felici se qualcuno fornisce loro questa spiegazione.
Platone non sa, non può sapere, che un suo contemporaneo nella lontana Cina sta mettendo a punto una teoria quasi identica, usando però il linguaggio dello stesso Leviatano, un linguaggio disadorno.
Questo esatto contemporaneo di Platone è Shang Yang, ministro del duca di Ch'in, il quale è l'erede di un segmento di verme sull'estremità occidentale della Cina, un segmento che forse è stato trasportato lì da pastori nomadi sotto l'influenza dagli assiri oppure degli sciiti.
La polis ideale di Shang Yang non ha nessuno dei fronzoli di Platone. Il re-filosofo di questa Repubblica fa muovere le cose trasformando la terra delle comunità contadine in merce vendibile sul mercato. Successivamente i mercanti impoveriscono i contadini e li trascinano nel debito. Ora il duca espropria i contadini che non pagano i tributi oppure sono i contadini stessi a vendere la loro terra per pagare i debiti. In entrambi i casi, l'antica comunità basata sulla fratellanza è distrutta, la terra passa al duca e ai suoi scagnozzi e un gran numero di ex-contadini ormai senza terra diventa forza per le squadre di lavoro e per gli eserciti. Il Leviatano viene costruito su queste basi solide. È vincolato da coercizione, i suoi anziani sono la polizia segreta, il suo argomento è il terrore. La musica, la poesia e la morale sovvertono i suoi fini e vengono completamente liquidate. Lo scopo della macchina è allargarsi attraverso guerre perpetue e preparazioni per la guerra.
 
Platone e Shang Yang trovano entrambi monarchi a cui offrire i loro servizi ma solo quello di Shang Yang accetta l'offerta. Il tiranno di Siracusa a cui Platone offre i suoi servizi non sa che farsene degli orpelli. Siracusa non usa più il linguaggio del tempio.
Aristotele, allievo e ammiratore di Platone, trasfonde la saggezza del maestro in libri di testo, la forma più adatta per l'accademia. E quando Filippo il Macedone invita questo filosofo a raccontare a suo figlio Alessandro tutto quello che c'è da sapere sulla polis, Aristotele accetta l'invito.
 
Lo stesso Filippo va abbastanza d'accordo con la saggezza del filosofo. Per cominciare, ha riparato un segmento arrugginito che era stato abbandonato in Tracia da Dario il Persiano durante la sua caccia agli Sciiti. Filippo sa cose che Aristotele non sa. Sa - forse intuitivamente, forse per averlo sentito dal fato della Fenicia - che una piovra venuta dal mare non può associarsi a un verme venuto da terra, specialmente ora che ogni polis dell'Egeo è stremata dal tentativo di Atene di essere al tempo stesso piovra e verme.
 
L'ultimo difensore della piovra ateniese è un uomo chiamato Demostene. Intanto altri mandano ambasciate da Filippo, ma il partito della piovra fondato da Pericle sembra essere defunto insieme all'impero di mare.
Dernostene difende la piovra ma egli è un ateniese e un oratore. Parla il linguaggio della retorica, il linguaggio adornato che nasconde anziché rivelare. Se egli fosse Shang Yang parlerebbe direttamente di vino e olive, ricorderebbe ai suoi compagni ateniesi che la loro ricchezza deriva ancora dalla circolazione continua delle merci stivate nelle loro navi e che una breve visita dell'esercito di Filippo svuoterebbe le suddette navi. Se Filippo restasse al potere ancora a lungo, le navi si fermerebbero e i mercanti ateniesi diventerebbero poveri come i loro schiavi.
Chi ascolta Demostene resterebbe sordo perfino ai chiari avvertimenti di Shang Yang. Gli ateniesi, infatti, preferiscono avere a che fare con Filippo piuttosto che con un'altra Guerra del Peloponneso, mentre gli altri greci non possono immaginare che i macedoni siano peggiori perfino della Lega ateniese. Essi invitano il Macedone, o fanno finta di invitarlo, mettendo a tacere tutti quelli che si appellano alla resistenza. E naturalmente loro si sbagliano mentre Demostene, o piuttosto Shang Yang, ha ragione. Atene se la cava nelle viscere di un verme macedone non meglio di quanto non avesse fatto Hiram II di Tiro nel verme assiro.
La storia delle polis greche e dei loro tentacoli che si muovevano liberamente è ora completamente finita. L'umanità leviatanizzata ha fatto un altro grande passo nell'ascensione della scala. E Filippo di Macedonia diventerà un nome noto a tutti gli scolari.
L'unica polis sopravvissuta è la lontana Siracusa, situata su un'isola a metà strada tra l'Italia e Cartagine. E Siracusa non sarà mai bella come Atene. Gli ateniesi avevano saccheggiato il loro tempio e trasportato il suo contenuto all'Agorà; avevano già profanato quello che un tempo era sacro ma avevano fatto tutto questo con i pennelli dei pittori, con l'arte. I siracusani lo fanno con coltelli da macellaio e presto il loro Archimede venderà il potere dei visionari a un tiranno che volgerà i siracusani contro la vita stessa, contro la Madre Terra. Questo Archimede si vanterà: «Datemi una leva e solleverò il mondo»; e quando il tiranno uccide grazie alle leve e alle carrucole dell'inventore e Archimede griderà «Eureka!», Siracusa non sarà più una bella polis. Essa si trova tra il mondo adornato delle polis greche e il futuro mondo disadorno delle squadre di lavoro e delle macchine assassine, i cui visionari senza più ispirazione esprimeranno i loro precetti morali letali traducendo «Eureka!» con «Funziona!».
Appena subentra Filippo, i greci achei lasciano le loro città meravigliosamente adornate. Le loro navi cominciano a marcire e presto si raggiungeranno le navi di Tiro sul fondo del mare. Gli ex-mercanti di vino e olive si faranno assumere da ogni sovrano abbastanza ricco da reclutare mercenari. Da questo momento in poi, ci saranno greci su entrambi gli schieramenti di ogni guerra in Eurasia orientale a ovest della Cina.
Sembra che Filippo venga ucciso su ordine della madre del giovane Alessandro. Il coraggioso Demostene propone un decreto alla memoria dell'assassino del tiranno. Ma il figlio del tiranno non sta per mettere in pratica i precetti che ha imparato da Aristotele. E nemmeno gli uomini forti di sua madre o quelli di suo padre hanno mai avuto intenzione di farlo. Anche se Alessandro guardava oltre il suo maestro e imparava da solo quello che doveva sapere su uva e olive, non c'è niente che egli possa fare per continuare a far funzionare la piovra.
Così il ventenne Alessandro si lascia diventare «Magno». Lascia che una manciata di uomini forti lo chiamino generale dei greci e si appresta con l'aiuto dei suoi adulatori a diventare re dei re e signore dei signori, seguendo sentieri aperti per lui da Ciro, da due Sargon e da Lugalzaggizi. Infine, all'età di trentatré anni, trova la morte a Babilonia.
Molti dei greci rimasti lasciano le polis per aiutare il generale dei greci a conquistare il trono lasciato vuoto da Dario III e si scontrano con altri greci che erano stati assunti per mantenere il persiano sul suo trono. Questi greci, o almeno una parte di essi, diventano gli amministratori di regni che uomini forti hanno ricavato dal voluminoso Leviatano di Alessandro, una cosa che tali uomini avevano già in mente di fare quando si erano mobilitati insieme all'allievo di Aristotele. Ogni uomo forte diventa un re dei re in una o più delle migliaia di lingue parlate nel Leviatano decomposto di Alessandro. E presto gli ornamenti greci, gli orpelli che saranno successivamente salutati come «forme di libertà», adornano, coprono e nascondono fauci e artigli di ogni tipo concepibile di verme artificiale.
 
 
[Contro la storia, contro il Leviatano]