Brulotti

L'avventura tecnoromantica

 

Karl Kraus
 
Per parte mia ho sempre pensato, fin dall'inizio di questa azione, che se la dignità umana è uscita di senno è per colpa di un bacillo del cervello che la scienza, anch'essa vittima della stessa infezione, non è ancora riuscita a scoprire. L'impressione che l'insieme della comunità, associata attivamente o passivamente a tale sacrificio, sia composta da specifici elementi usciti dritti dagli asili, non è tanto conseguenza della rapidità sempre crescente con cui decidiamo di precipitare nella vergogna e nell'errore, quanto di una totale mancanza di sensibilità al cospetto dei contrasti intellettuali ed etici che fanno da sfondo a questo dramma del terrore. Ci sarebbe da credere che di fronte al carattere sistematico del destino, che ogni ora che passa permette che un giusto muoia col fuoco, con la terra o con l'aria mentre nello stesso momento un uomo si abbronza al sole dell'Engadina, in divisa da buffone su cui è apposta come segno di appartenenza ad una squadra di «bob» la targhetta «The Tank»; ci sarebbe perciò da credere che, di fronte a tutti quei contrasti continuamente visti e uditi, la bassezza di tutta questa impresa non possa che esplodere in un grido universale. Ora, più del carattere evidente di una ripartizione ingiusta in virtù della quale esiste una protezione dalla morte e un riscatto del martirio ed in virtù della quale perfino le Erinni, che questa umanità ha calpestato, si sono prostituite, è un ulteriore fattore che arriva a completare l'immagine di un'umanità dal cervello completamente corroso: quel famoso stato di un'epoca che tollera la concorrenza dei caratteri più eterogenei che si incontrano in essa senza nemmeno più sentirli. Il fenomeno che vedo all'opera nel senso del declino vittorioso è quello della «simultaneità». L'immediatezza dell'assimilazione di un'invenzione moderna ad un gioco dalle forme medievali, invenzione grazie alla quale è diventato di colpo possibile avvelenare tutta una linea di fronte così come numerose regioni situate dietro; il ricorso ad una pallida araldica al termine di una serie di azioni in cui chimica e psicologia hanno combattuto mano nella mano – ecco cosa eliminerà gli esseri umani ancor più in fretta dei gas. 
Quando la Croce Rossa lancia un appello e domanda: «La vittoria si trasformerà in vergogna per non dover più nulla né al coraggio né alla lotta leale fra soldati? Il saluto rivolto al guerriero che torna a casa sarà rivolto non più ad un eroe che ha rischiato senza esitare la propria vita per la patria, ma semplicemente ad un uomo che ha avuto ragione dei suoi nemici senza correre il minimo rischio utilizzando gas che provocano terribili sofferenze alle vittime?», la prima cosa da dire è che il dio tedesco non arriva solo in una nuvola di gas ma esce anche da una macchina; nel caso in cui un uomo salti su una mina, venga ucciso da una bomba sganciata da un aereo o da un siluro lanciato da una nave, in tutte le azioni dirette contro una folla o contro un nemico invisibile, il coraggio e la lotta leale non hanno più parte alcuna, né nell'azione né nell'attesa. Alla mancanza di coraggio nel campo che agisce corrisponde una folla di martiri nel campo che aspetta; rischiare la propria vita per la patria fa parte di quegli espedienti guerrieri che oggi si utilizzano sempre più raramente, e in seguito alla nota seduta storica del 4 agosto 1914 al Reichstag, in questa guerra non si sguaina più la spada.
Bisognerebbe inoltre menzionare che l'immortale ideologia che si basa sul concetto di eroismo potrebbe talvolta chiedersi, pur non dovendo necessariamente considerarsi problematica di fronte ai metodi moderni, se l'antica guerra avesse sufficiente bellezza per formare il cuore di tante generazioni, se il movimento dei muscoli che rinunciano coraggiosamente ai progressi della tecnica rappresenti davvero la parte più nobile dell'attività umana e se le lotta leale praticata ancora di tanto in tanto fra bambini in diversi paesi – che consiste per il bambino di un paese nel trafiggere il costato di un altro oppure, pollice verso, nel chiudergli gli occhi con cautela – abbia costituito la base più degna dell'educazione secolare che mira a preservare gli ideali patriottici. Sia come sia, sarebbe comunque un compito morale inculcare nei bambini che una bella scazzottata supera quanto ad onore qualsiasi massacro, soprattutto quando l'autore anonimo di detto massacro trova la sua vittima nella quantità anonima.
Ma tornando ai gas, la distanza astratta che separa lo strumento dalla gloria che se ne ricava è la più grande e la più spaventosa che esista; ed è questo che ha avvertito la Croce Rossa, purtroppo inutilmente, l'ho già detto e ripetuto fino ad evocare di recente l'idea che ogni soldato che utilizza il gas asfissiante, visto il suo comportamento davanti al nemico, che è tutto l'opposto di ciò che si intende per coraggio secondo il codice d'onore militare, venga escluso dall'esercito. È nel gioco di parole di una offensiva al cloro che tutto questo abominevole contrasto trova infine la sua definitiva soluzione. Un calembour potrebbe stroncare questo caos ma ogni altro terrore futuro potrebbe risolversi nella possibilità di dimostrare l'efficacia della chimica dei due campi attraverso una gara scientifica fra laboratori piuttosto che testarla sui corpi di centinaia di migliaia d'innocenti. Da quando il coraggio si è mescolato alla tecnica, ha dimenticato che la quantità ha comunque dei limiti, quelli della follia, e che non si potrà evitare di arrivare al punto in cui il predominio di forze non-militari sarà talmente evidente che converrà proprio a loro lasciare il compito di regolare questa lotta in modo da escludere l'incoraggiamento simultaneo di interessi nazionali di potere e perciò la distruzione di vite umane. Perché se si può trasmettere la voce umana e quindi anche gli ordini militari a una distanza analoga a quella che separa Vienna da Berlino, perché dovrebbe essere impossibile alla tecnica, che fa del miracolo di oggi la comodità di domani, inventare un apparecchio grazie al quale, premendo un bottone o girando una leva, un individuo inadatto al servizio militare possa far saltare in aria la città di Londra da un ufficio situato a Berlino – e viceversa?
Se è patriottismo riporre le proprie speranze in un attacco coi gas e se è un delitto di alto tradimento provarne spavento – cosa che fa di me uno dei più grandi traditori di tutte le battaglie e di tutti i tempi –, la mortale idiozia non può essere evacuata (senza che l'umanità muoia nel contempo di ridicolo) che attraverso la proposta di considerare le invenzioni dei due campi in maniera teorica e di non assimilare più dei generali a dottori honoris causa, riservando questo titolo agli uomini della tecnica, a costo di farne dei dottori in esplosofia. Il rapporto fra l'azione e l'ideologia che ne deriva è del tutto falsato ed è questo a generare l'aria così terribilmente pregna di gas in cui soffochiamo con prosopopea. Indossare una divisa pacchiana, doversi mettere sull'attenti davanti a un superiore, tutto questo insieme di regole che viene ancora preteso davanti alla morte – tutti elementi che possono anche essere di competenza di ammirevoli abitudini e istituzioni: solo che il loro rapporto con la maniera moderna di morire, per quanto esse possano incoraggiarla o magari ostacolarla, è totalmente aberrante!... Davanti a tutto questo caos di concetti, di doveri, di sofferenze e di istanze in cui si precipita a capofitto una vita che già prima non era priva di fardelli, vediamo la realtà assumere le proporzioni di un simbolo.
Chi, osservando anche solo a distanza un vagone della tramvia di Vienna, potrebbe ancora nutrire qualche speranza? Quell'ammasso di miseria e sporcizia in cui il materiale umano viene ammucchiato senza curarsi neanche di sapere a chi appartengano braccia e gambe – con questa immagine davanti gli occhi chiediamoci adesso se lì ci sia ancora posto per la «disciplina», ovvero un «servizio di controllo» incaricato di constatare se essa venga infranta quando, per esempio, dei riservisti, dei vecchi riservisti «non si alzano davanti agli ufficiali o non cedono loro il posto». Perché «i viaggiatori civili capiscono evidentemente questo e si esprimono anche su questo comportamento provocatorio e privo di disciplina». Ora, non si tratta dell'invenzione di un Brueghel degli Inferi. Perfino il diavolo, se vedesse o sentisse ciò, intrappolato in quella massa, esposto a tutte le conseguenze della penuria di sapone, non sentirebbe altro che la manifesta miseria dell'umanità e la voce di una povera donna che non fa che ripetere: «Avanti, per favore! Qualcuno è senza biglietto? Andate avanti! Avanti, per favore!». Mentre la pioggia continua a cadere. Una nuova truppa giunta dal campo di Wallenstein si accinge a salire, ammucchiano dentro i loro zaini e i loro equipaggiamenti – e tuttavia il pensiero che ci domina tutti trova ancora posto, perché abbiamo scoperto nell'insondabile legge umana che la vita è assai più bella quando si accompagna alla miseria e alla morte. Ma fermiamoci qui! Se c'è ancora posto per la disciplina, ce n'è anche per il concetto di onore. La povera voce ha strillato a un viaggiatore che non voleva andare avanti – benché fosse capitano – che era un maleducato, ignorando che fosse un capitano dato che in abiti civili nulla delle sue sembianze lo dimostrava. Le autorità superiori gli chiesero nonostante tutto di sporgere denuncia. Lei aveva detto «Vada avanti!» e lui aveva ribattuto di non voler «lasciare il suo posto». Questo avrebbe dovuto bastare perché lei si accorgesse che, malgrado i suoi abiti civili, lui non era uno qualunque. Durante il processo lei aveva detto di aver visto molte cose «durante la guerra nel tram» – parlava della guerra mondiale – ma che mai nulla di simile le era capitato. Innervosito, il capitano le domandò se lo avesse preso per un imboscato, essendo in abiti civili. Lei rispose di non averlo mai pensato, dato che non esiste «alcun rapporto fra la guerra e il tram». Il giudice la condannò perché il civile era un militare. Ecco quel che accade, mentre accade tutto questo!
Nel corso di una ritirata qualcuno che comandava, seduto in automobile, urlò di passaggio a qualcuno che doveva obbedire e che aveva un bottone slacciato: «Tu, laggiù! Ricomponiti!». Mentre altri, molto numerosi, ormai incapaci di fuggire, galleggiavano nella Drina. In un ospedale di Cracovia, a persone che sono state colpite dai gas o che si sono beccate una pallottola nel ventre viene insegnato come fare il saluto militare. Che prodigi! Sono i vecchi orpelli che decorano la nuova essenza della morte. Ma siccome questa, uscita direttamente dai cannelli, non ha potuto ancora trovarne di nuovi, non può fare a meno di quelli vecchi che conservano tutto il loro potere. Poiché il dulce non basta, occorre anche il decorum. Solo che il potere ha bisogno di questa nuova morte per mantenersi in carica, solo che la vecchia guardia preferisce dovere il proprio posto alla chimica piuttosto che abdicare, solo che le insegne statali si son ridotte a contare sulle consegne chimiche – ecco cosa ha fatto soccombere la nostra cultura vittoriosa alla morte coi gas, senza alcuna speranza di salvezza.
L'umanità, che ha svenduto la sua immaginazione per delle invenzioni, diventa incapace di immaginarne gli effetti – altrimenti, li userebbe per suicidarsi, in preda ai rimorsi! Ma siccome ha svenduto pure il suo onore per quelle invenzioni, vive e muore per qualsiasi potere che usa contro di essa simili progressi. L'impossibilità di rappresentarsi tutte le cose vissute ogni giorno, l'impossibilità di conciliare il potere con gli strumenti per imporlo, ecco cosa caratterizza la situazione in cui viviamo, e l'avventura tecnoromantica a cui ci siamo abbandonati, comunque vadano le cose, metterà fine a questa situazione.
 
 
[Die Fackel, n. 474-483, maggio 1918]