Brulotti

Quale verità, quale giustizia?

 

Gli “abusi” della polizia… gli sbirri che taglieggiano, insultano, bastonano, mutilano, stuprano, assassinano… I servitori dello Stato ne parlano come se si trattasse di episodi rari ed isolati, conseguenze di circostanze sfortunate o, nel peggiore dei casi, causati da qualche “mela marcia”. Come a dire che, nell'insieme, le forze dell’ordine sarebbero prodi cavalieri al servizio del bene. E comunque, il cui lavoro è indispensabile per la società… Eppure, basta aprire un po’ gli occhi per accorgersi che la violenza è l’essenza stessa del potere. Una violenza spesso nascosta o considerata “normale”, come se sfruttare, brutalizzare, rinchiudere, assassinare qualcuno possa essere normale.
Troppo spesso, di fronte alle violenze poliziesche, le vittime e i loro cari condannano il comportamento poliziesco soltanto nel caso specifico che li vede coinvolti. L’esistenza dell’istituzione poliziesca e del potere che serve quasi mai viene messa in discussione. Gli sbirri accoppano Tizio? I familiari sporgono denuncia, fanno marce silenziose, soffocano la propria collera e cercano di sedare la rabbia di coloro che gridano vendetta. Denunciano le derive razziste, fasciste, antidemocratiche di alcune parti delle forze dell’ordine. Si appellano alla legge, quella legge che esiste proprio per difendere il dominio e lo sfruttamento. 
Quante volte sentiamo invocare «verità e giustizia»? Verità: che il comportamento “criminale” di qualche sbirro venga riconosciuto (e quindi il comportamento “corretto” ristabilito). Giustizia: che i responsabili siano puniti (purché il sistema resti lo stesso). E a chi vengono richieste? Alla Giustizia, quella dei tribunali, sicuro! Quella Giustizia per la quale gli sbirri lavorano e che non esisterebbe senza polizia. Quale verità e quale giustizia, allora? Quelle che la Giustizia, strumento del potere politico, economico e morale, vorrà accordarci. Tutto ciò significa avallare il potere e i suoi servi. È un circolo vizioso da cui non si può più uscire. 
Il potere talvolta può considerare utile punire (quasi sempre in modo simbolico, ma non è questo il problema) un comportamento dei suoi scagnozzi valutato eccessivo. Siamo in democrazia, non dimentichiamolo! E le “lamentele” dei sudditi, se mettono in discussione solo alcuni dettagli del sistema e non il suo complesso, gli sono utili. Il potere può correggere i propri errori e i propri eccessi, dando nel contempo l’impressione di ascoltare i propri sudditi. Elimina gli attriti interni al suo funzionamento e si rafforza. 
Finché ci sarà polizia ci saranno violenze poliziesche, per sbaglio o di proposito, allorché il potere decide di ricorrere a quella forza che solitamente tiene da parte. Ma in situazioni ordinarie, le forze dell’ordine sono ben più efficaci se si mostrano attente ai diritti dei cittadini. La favoletta della democrazia e dei diritti umani può così continuare…
Chi crede allo sbirro gentile? È comunque uno sbirro e fa il suo sporco lavoro meglio (con meno resistenze e attriti) dello sbirro brutale. Ma immaginiamo per un attimo che sia possibile una polizia perfettamente “gentile”, “democratica” e rispettosa dei nostri presunti “diritti”. Cosa significherebbe? Che, dall’altra parte, anche la popolazione sarebbe “gentile”. Un potere che si copre con la maschera della democrazia, questa colossale menzogna, avrebbe tutto l'interesse che la polizia non facesse quasi più, se non del tutto, uso della forza. Dall’altra parte ci sarebbero sudditi che obbediscono senza sgarrare. Il buon cane da pastore è mansueto perché le pecore sono obbedienti… Volere una polizia che faccia “bene” il proprio lavoro significa in pratica auspicare la propria completa sottomissione. Non ci sarebbe più bisogno del manganello, perché ciascuno e ciascuna avrebbe già uno sbirro, il più potente di tutti, nella propria testa.
Il problema di fondo non sta nella puntuale violenza delle guardie. Esso consiste nell’esistenza stessa della polizia, nell’esistenza stessa dello Stato che serve, nell’esistenza stessa di una società fondata sull’autorità e la servitù. È per questo che non vogliamo nessuna polizia, nemmeno la più democratica, soprattutto la più democratica. Non solo perché gli sbirri sono assassini. Ma perché lo stesso sistema che difendono e impongono – il mondo che esige la polizia – è sempre mortifero. Perché non vogliamo più alcuna autorità. Perché vogliamo essere liberi.
E come potrebbe funzionare la società, senza polizia? Questa società forse non funzionerebbe, o difficilmente. Ma, lo abbiamo già detto, il problema di fondo è appunto questo mondo. E il desiderio di libertà reca con sé il seme di un altro mondo, che germoglierà sulle rovine di questo.
 
[Lucioles, n. 15, febbraio 2014]