Brecce

... detto Ravachol

Folgorite [Sante Ferrini]
 
Ravachol è preso! Delle migliaia di uomini si sono associati contro colui che li ha fatti tremare; ma, alcuno di essi osa di guardarlo in faccia.
Ravachol è nella rete, ma ogni maglia preme di rinchiuderlo! Alla Corte d'Assise di Parigi, il presidente Gues gli parlava con dolcezza, e si scusava della libertà grande di giudicarlo; i gendarmi gli domandavano pardon di incatenarlo ed i giurati, sotto la minaccia delle bombe, deliberavano tremando, meno bravi di quei senatori romani, impassibili, che erano bastonati sui loro seggi ed ai quali i barbari strappavano i peli bianchi.
Quando questi giudici improvvisati si erano riuniti per discutere sulla sorte del prigioniero che avevano piedi e mani legati a loro disposizione, essi avevano deciso la morte per acclamazione; poi, nel voto a scheda segreta, avevano accordata la vita...
E Ravachol, scusato di aver fatto saltare delle case e delle persone, se ne era andato a rispondere di altri delitti innanzi ad una nuova Corte, a Montbrison. Era stato menato in un treno ricolmo di sbirri e sorvegliato come quello di un re! Ravachol aveva gustato, captivo, la gioia di essere possente e temuto.
Un commissario di polizia, al quale l'anarchico era riuscito a scappargli di mano parecchie volte, si era fisso in mente ed ingannato di credere che un pauroso simile, anche in libertà, non sarebbe stato giammai uomo da temere. Ed ora, facendo mentire il profeta-sbirro, questo evaso, ripreso, legato, condannato, colpiva di terrore quelli che lo avevano sdegnato quando era ancora libero. Quale rivincita!
Ed innanzi alle Assise della Loire, Ravachol, accusato di cinque assassini e di una violazione di sepoltura, sembra taciturno.
Il ribelle sembra piccolo quando è seduto sul suo banco; grande, quando si alza. Poi che egli non ha quasi il busto, niente corpo; null'altra che una testa per volere e delle gambe per fuggire dalle unghie degli sbirri.
Egli fissa i giurati con i suoi occhi duri, e la sua faccia terrea non manifesta alcuna emozione. Egli risponde senza fretta e con un'aria affaticata. Pertanto, vuol ben riconoscere che ha ucciso Jacques Brunel, l'eremita di Chambles, questo anacoreta rapace e quasi centenario che viveva nelle rovine del convento oratorio; egli conviene anche che ha «spogliata» la sepoltura della baronessa di Rochetaillée; ma nega di aver colpito i negozianti di ferro; egli non ha ucciso il rigattiere della Varizelle, quegli che era soprannominato: le petit bon Dieu.
Ed ecco che l'Impassibile sembra interessarsi a qualcuno! Eh! perdio, il testimonio che ha la fortuna di far ridere il terribile accusato è M. Teychenè, quel commissario di polizia «iettato» e poco perspicace che lasciò evadere Ravachol e lo credette incapace di fare altra cosa se non di fuggire a tutte gambe.
Il prigioniero ride sul «muso» del funzionario e dice:
— Potete vantarvi di aver fatto un bel colpo, lasciandomi scappare!
Ed il pubblico guarda con curiosità questo umile magistrato che, senza volerlo, ebbe cosi ridicola azione sugli avvenimenti. Se, l'anno precedente, M. Teychenè non aveva avuto i calli ai piedi (sic), avrebbe potuto dirigere in persona la spedizione degli sbirri che dovevano catturare Ravachol; l'omicida dell'eremita non sarebbe evaso, l'anarchia non avrebbe conosciuto la sua ora eroica, e la faccia del mondo non sarebbe stata quasi sul punto di cambiare completamente! Le scarpe troppo strette del commissario hanno avuto sulla Storia una analoga influenza a quella della ghiaia di Cromwell o del naso di Cleopatra!
Ma, il dibattimento segue il suo corso; Ravachol disprezza i giudici e manifesta soltanto un po' di sorpresa sol quando i giurati della Loire, meno paurosi di quelli della Senna, portano dalla loro sala delle deliberazioni, un verdetto senza circostanze attenuanti.
La condanna a morte è pronunciata. La sentenza dice che l'esecuzione avrà luogo su di una piazza pubblica della città.
Ma, quantunque la sala sia piena di sbirri; che i soldati accerchino la prigione e che la caserma rigurgiti di gendarmi, la giustizia non ha affatto l'aria di credere che il suo decreto di morte possa colpire il ribelle. E la vecchia società, che Ravachol ha voluto distruggere, si vendica paurosamente e vigliaccheggia!
Non si impiegano più neppure le forme abituali che fanno credere gli idioti ad una legittimità della repressione con la ciarlatana solennità dell'apparecchio giudiziario. È stata precipitata l'istruzione, affrettate le comparizioni: la corte di cassazione esamina il ricorso in un batter d'occhi. Non sono quattro mesi che Ravachol è sotto catenaccio; non sono ancora passati 15 giorni che è stata emessa la sentenza ed ecco che... la ghigliottina arriva.
Ma essa ha paura o vergogna; essa ha finto di andare verso Orléans e Bourges , poi è rivenuta di nascosto, per delle strade indirette. Colui che va ad uccidere la bestia, teme ancora il suo veleno; il boia si spaventa della vittima e non l'immola che rabbrividendo! Deibler si muove nelle strade di Montbrison, seguito da una scorta; delle pattuglie vanno da un punto all'altro della città. Si intendono dei comandi. 
Halte! Front! 
Si arrestano i passeggeri delle vie e si scrutano le mani delle persone come avvenne l'ultimo giorno della Comune. Si fruga nei pacchi che trasportano i passanti e si arrestano le persone sospette.
Poi, un lavoro singolare incomincia sotto le mura della prigione, lungi dal luogo ordinario delle esecuzioni: durante la corta notte di luglio, degli uomini vanno e vengono con dei fanali... delle lanterne si muovono... dei carpentieri in ritardo colpiscono a grandi colpi la legna che geme, unendosi in sinistra bisogna... dei colpi di martello .. ancora dei colpi di martello.
All'improvviso, un rumore profondo e pesante, come quello che fa il martello-pilone udito da lontano.
Si direbbe... il tonfo del padreterno che cadendo del cielo precipiti sul nostro miserabile pianeta...
Ed appena arriva la prima luce del giorno, laggiù, in un angolo, scintilla una «cosa» che rassomiglia ad un pezzo di ghiaccio trasparente ; è un coltello di acciaio che si sta «provando» e che spande la sua luce fredda tra due cupi travi.
Forse?!... Pertanto, non è in questo luogo che la giustizia assassina abitualmente le sue vittime! Sì, ma la giustizia ha talmente paura di un uomo impotente e solo che si cangia il luogo dell'esecuzione. Che si violi la sentenza della Corte di Assise, e che si tradisca il voto del legislatore: ciò non sarà l'espiazione ostentata sulla pubblica piazza, ma l'uccisione paurosa e rapida in un angolo. È sullo spigolo del crocevia che si innalza l'altare della Vendetta e sotto la porta stessa della cella, acciocché il criminale non abbia il tempo di riconoscersi e faccia un solo salto dal letto nel paniere della semola.
La porla si apre... Ravachol apparisce... la sua faccia di ocra è diventata di cenere... Il condannato, stupefatto, scorge la «macchina», là, accanto a lui... quando credeva fermamente di andare fino al lontano boulevard St-Jean. Egli emette un ruggito... Dunque, è proprio vero che lo lasceranno morire così? È ciò possibile? Ed i compagni, dove sono? È tanto difficile di gettare una bomba?
Ma... Ravachol, ha forse paura?
Eccolo che vacilla sulle sue gambe... Il grande bravaccio sembra cadere ad ogni istante e non ha più quell'aria di rappresentazione del processo...
Pertanto, la sua voce si eleva : 
 
Si tu veux être heureux 
Nom de Dieu, 
Pends ton propriétaire... 
Le bon dieu dans la merde!
 
Come è fioca, questa voce! Essa è bianca, diafana come quel coltello la cui lama, sotto la luce del giorno nascente, sembra fatta di un blocco di ghiaccio triangolare. Nella chiarezza pallida è un silenzio di morte in cui passa una voce di sepolcro.
Ah! questa volta è più che evidente: Ravachol si piega, egli ha fatto un passo in avanti... geme e si è arrestato titubante, come se fosse ubriaco. Certo, sarebbe caduto se i valletti del boia non fossero stati là, vicini a lui, a sorreggerlo.
Eppoi... eppoi l'hanno gettato sulla tavola. Il focoso ribelle è forse svenuto come gli altri, nel momento supremo? 
NO!...
I condannati che vanno alla morte, sono legati con una corda chiamata «martingale» che serpeggia sul loro corpo, con un abile allacciamento, essa cintura i reni, passa intorno al collo, fissa le mani e permette alle gambe di fare appena dei piccoli passi.
Ma, la fuga di Ravachol, se si rinnovasse, sembrerebbe ora una disgrazia talmente considerevole, che si è voluto impedirla ad ogni costo. E, con un raffinamento di crudele prudenza, il legame che attortiglia il paziente è messo in tale maniera che, scartando le gambe, Ravachol tira su di un nodo scorsoio che gli strangola i testicoli; la parte dell'organismo la più sensibile al dolore!
La serrata della corda è proporzionata all'allargamento del passo.
Raffinamenti del Boia...
Infine, la testa è saltata, in uno sgorgo prodigioso di sangue... Di questo uomo quasi senza corpo, se ne sono stati fatti due pezzi... E si getta la testa, dal terribile volere, nelle gambe incatenate... nelle gambe di cui tutta la società borghese tremava soltanto nell'udire pronunziare il nome!
 
 
[Saggi di storia contemporanea, Stamperia libertaria, Parigi, 1923]