Brulotti

Lo scarto

 

Come ammoniva un libertino del 600, «Chi può ripromettersi di resistere all'aria contagiosa che si respira nella conversazione degli uomini del nostro tempo?». Non è facile, da tanto è forte il richiamo della partecipazione nonché il timore dell'isolamento. Se tutti discutono di quello, perché io no? Evidentemente, non è conveniente ostinarsi a respingere l'odioso ricatto che sotto le sembianze della libera alternativa mortifica l'universo della realtà esterna, riducendo il suo arcobaleno di colori ad un bianco&nero tendente al grigio. Qui, non c'è spazio per il Grande Gioco. Il solo gioco ammesso e riconosciuto è testa o croce.

Cosa preferite: dittatura o democrazia? Destra o sinistra? Libero mercato o monopolio? Stato-nazione o globalizzazione? Cristo o Maometto? Coca o Pepsi? E voi, compagni, siete per l'azione individuale o per l'azione collettiva? Vi rinchiudete nella torre d'avorio del nichilismo o sguazzate nel letamaio del cittadinismo? Impossibile sottrarsi a questo vortice, ci viene detto e ripetuto che bisogna fare una scelta di campo, bisogna schierarsi, prendere una posizione, esserci. E se qualche provocatore insinua il dubbio che forse il proprio universo interiore andrebbe difeso, posto che si sta dimostrando sempre più incapace di sfuggire all'omologazione, che forse non è il caso di lasciar entrare spifferi di contagiosa aria cretinizzante in quello spazio mentale che dovrebbe costituire al tempo stesso un rifugio da ciò che ci circonda e un suo superamento, allora ci si può sempre tranquillizzare concentrandosi sulla sfumatura. Inutile perdere tempo. Se tutti discutono di quello, bisogna discutere di quello. Indipendenza e originalità non sono un problema insolubile, è facile risolverlo, basta fare una ricerca fra le diversità di tono. Mica siamo babbei, noi, non ci caschiamo nel tranello, conosciamo l'enorme differenza che intercorre, poniamo, fra democrazia rappresentativa e democrazia diretta! E se invece si vuole parlare di altro, di tutt'altro, di assolutamente altro? Suvvia, non scherziamo. Nessuno starà a sentire, e si finirà come quei pazzi che vanno a zonzo vociferando tra sé e sé. Brrr, che orribile prospettiva!
Lo confessiamo. Soprattutto in questi tempi di becera normalità, si tratta di una follia che amiamo. Il rischio è quello di morire da soli, sotto un ponte, con la propria merda nei pantaloni? E sia. In fondo, sempre meglio che morire in pessima compagnia, sotto un municipio, con la merda altrui in bocca. Pazzia per pazzia, ci vien voglia di annodare il filo che unisce le parole di un poeta che trascorse metà della sua vita in manicomio con quelle di un pensatore noto per il suo slancio utopico.
«Andiamo a fare una passeggiata: prendiamo il corso della libertà. Di tutte le strade, è il solo che non porti a Roma. Va molto più lontano, una volta che lo si è preso bisogna rimanervi con tutte le proprie forze per non smarrirsi – e tuttavia non si sa dove conduca», diceva il primo.
«Per arrivare ad un nuovo mondo continentale Colombo adottò la regola dello scarto assoluto; si isolò da tutte le strade conosciute e si impegnò in un Oceano vergine, senza tener conto degli spauracchi del suo secolo. Facciamo lo stesso, procediamo per scarto assoluto», diceva il secondo.
Il corso della libertà è uno scarto. Scarto di percorso. Di metodo. Di pensiero. Di stile. Di condotta. Scarto di principio e per principio. E scarto come principio, principio di un divenire. Un fiammifero, irrilevante in mezzo a un vento burrascoso. 
A meno che...
 
[1/1/14]