Miraggi

Il deserto emozionale che stiamo attraversando gioca brutti scherzi. Provoca miraggi, allucinazioni in cui ciò che è pura immaginazione viene percepita come realtà. Ma questo stato morboso non è, al tempo stesso, una forma esasperata di lucidità? Non è proprio il miraggio a spingerci a resistere, ad andare avanti fino ad uscire dal deserto? La narrativa, la poesia, possono istigare ad avvistamenti di terre rigogliose, altrettanti inviti ad evadere dai campi della sopravvivenza.

Lo stalin

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Lo stalin

Armand Robin

I miei, contadini, operai, che nulla inganna, né può ingannare,
m'hanno detto: «Su ogni paese c'è odor di merda;
Tutti i giorni c'è un po' più odor di merda;
Ogni giorno si uccide un popolo per aumentare la merda;

 

Giorni di merda, radio di merda, manifesti di merda
Con grandi parole di merda annunciano progressi di merda;
I giudici non somministrano più che sentenze di merda;
Persino noi, lavoratori, si vuole che siamo di merda...

Bisogna pur incominciare

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Bisogna pur incominciare

A. C.

E soprattutto voi, mio corpo e mia anima, trattenetevi dall'incrociare le braccia nell'atteggiamento sterile dello spettatore, poiché la vita non è uno spettacolo, poiché un mare di dolore non è un palcoscenico, poiché un uomo che grida non è un orso che balla...

 

Parole?
Ah sì, parole!
Ragione, ti maledico vento della sera.
Sinonimo d'ordine il tuo nome?

Canzone della forca

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Canzone della corporazione dei fratelli della forca

 

Christian Morgenstern (1871-1914) è uno dei più noti poeti tedeschi del grottesco. La sua opera più celebre è Canti della forca (o Canti patibolari), apparsa nel 1905 e che gli diede grande fama.
Le poesie raccolte in quest'opera sono immaginate come canzoni di un gruppo di impiccati.
Nella prefazione Morgenstern afferma di aver inteso esprimere attraverso la «poesia del patibolo» la sua concezione del mondo, la sua riflessione sull'essere umano:
«La poesia della forca è un aspetto della concezione del mondo. È la libertà senza scrupoli del rimosso, dello smaterializzato, che si manifesta in essa. Si sa che cos'è una futura matricola: l'invidiabile passaggio intermedio tra i banchi di scuola e l'Università. Ebbene: un fratello di forca è l'invidiabile passaggio intermedio tra l'uomo e l'universo. Nient'altro. Dal patibolo si vede il mondo diversamente e si riconoscono le altre cose come l'Altro».

Il mattino del filosofo

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Il mattino del filosofo

Jakob Van Hoddis

Proclama: «Non timidamente sulla costa
In mare aperto voglio bagnarmi –
(Che metafora ardita!):
Libero dalle catene del presente
Incederò sui sentieri cosmico-creativi» –
(Cosmico, dice proprio così).

Disobbedienza civile

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Disobbedienza civile

 

Antonio José Forte (1937-1988), poeta surrealista portoghese.
D'un lirismo violento, la cui disperazione non vuole cedere che alle sole
ingiunzioni luminose dell'amore, la poesia di Forte apre a tutti i venti
uno spazio mentale in cui l'urlo della rivolta impone al linguaggio
la sfida di re-incantare il reale.
Il suo itinerario ostinatamente singolare e l'esperienza dell'esilio
l'hanno portato al punto di rottura in cui si incontrano
le idee anarchiche, surrealiste e situazioniste.

La lussuria

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La lussuria

René Char

L’aquila vede sempre più svanire le piste della memoria gelata
La distesa della solitudine rende appena visibile la preda sfuggente
Attraverso ogni regione
Dove si uccide dove si è uccisi liberamente
Preda insensibile
Proiettata indistintamente
Di qua dal desiderio e al di là della morte

Tirannia, Democrazia e Anarchia

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Tirannia, Democrazia e Anarchia

Maksim Gorkij

La Terra è il teatro di una lotta tra il Nero e il Rosso.
La forza del Nero è la sua sete insaziabile di regnare sugli uomini. Crudele, avido e cattivo egli ha disteso sul mondo le sue ali pesanti e avviluppato tutto il globo nell’ombra gelida del suo terrore. Egli vuole che gli uomini servano lui solo, e opprimendo l’universo col ferro, coll’oro e colla menzogna, egli invoca Dio unicamente nello scopo che l’essere supremo confermi il suo oscuro potere sugli uomini.
Egli dice freddamente: — Tutto è per me. Io sono la forza, e, per conseguenza, io sono l’anima e la ragione della vita, io sono il padrone di tutti gli uomini. Chi è contro di me è contro la vita; è un criminale!

Una commedia

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Una commedia

E. F.

«Che cosa stai facendo di bello? Cinema?».
«No, sto scrivendo una commedia».
«Interessante. Ti dispiace accennarmene la trama, il problema, la tesi?».
«Volentieri. Si tratta in breve di questo». (Pausa). «Ecco... tutto fa credere che l'uomo, nel futuro, man mano che le popolazioni aumenteranno, sarà sempre più solo, specie nelle grandi città. Sempre più solo, sempre più frenato dalle inibizioni, dalle leggi, dal controllo reciproco, dalla tirannia delle macchine, dalla necessità del successo, dall'enigma del futuro, dal terrore di una guerra. E poi, un giorno, anche l'arte finirà, come finirà l'amore».
«Molto interessante».
«Ma in una provincia arretrata, in una specie di zona depressa, sono ancora vivi l'uno e l'altra, l'amore e l'arte. La gente se ne vergogna un po', specialmente dell'amore. È così provinciale! “Ma d'altronde” si giustificano “che cosa vuoi fare, qui, in questo paese di quattro gatti?”. Così coltivano l'arte e l'amore. Scrivono brutti libri, fanno quadri, e rincasando a notte alta fischiettano musica elettronica, superatissima, anzi dimenticata nel resto del mondo. E fanno, rassegnati e arretrati, l'amore».

Terra bruciata

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Terra bruciata

Maurice Blanchard (1890-1960) è stato definito «poeta del fallimento e della rivolta». In un certo senso, fallimento della vita e rivolta contro il fallimento. Secondi i registri dello stato civile, è nato nel paese francese di Montdidier il 14 aprile 1890. Secondo un suo testo autobiografico, scritto in terza persona, è nato nel 1927 con trentasette lunghi anni di ritardo, durante i quali è stato un bambino trascurato, un adolescente operaio, un militare eroe di guerra, un progettatore di aerei di successo: un perfetto candidato al suicidio.
La voce di Blanchard non è quella dell’irriducibile ribelle pieno di gioia di vivere, è quella della belva tenuta in cattività per oltre trent’anni. Fino alla fine dei suoi giorni non mancherà di gridare di dolore per le ferite infertegli e di disperazione per una vita senza uscita, ma anche di reclamare vendetta contro tutto ciò che ci umilia: «Tutto è permesso. Tutti i semi hanno le loro possibilità, e un giorno il seme dell’albero che canta germinerà. Tutto è possibile, condizione del progresso. Morte allo Stato».

Le qualità

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Le qualità

Günther Anders

L’alto funzionario G. venne citato in giudizio come testimone, al processo che lo Stato di Molussia aveva intentato contro i responsabili dello sterminio del popolo baranico, al fine di accontentare i paesi esteri. «Signor testimone», domandò il procuratore sventolando un atto d’intimazione, «avete redatto voi o no, quest’ordine di sterminio?».
«Nella mia qualità di giurista», rispose G., «non posso rispondere a una domanda così approssimativa».
«Bene. Volete dunque lasciar intendere che sia stato qualcun altro a redigere il testo?».
«Non ho affermato niente del genere».
«Allora siete stato voi».
«Ecco, sono proprio questi ragionamenti che non posso fare a meno di definire “approssimativi”. Perché l’autore del testo che oggi è qui all’ordine del giorno, a quel tempo lo scrisse unicamente nella veste di Vicepresidente del Governo. La deduzione che costui sia personalmente concorde è una pura illazione che non posso tollerare. Io non mi sono mai identificato con il testo».
Il presidente sembrava persuaso.
«Vorreste farci credere», continuò il legale, «di avere le mani pulite?».

Contro le patrie

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Contro le patrie

Laurent Tailhade

Sarebbe un errore credere che la religione soltanto abbrutisca gli intelletti e disonori i costumi, perché l’ignominia umana può scendere ancora di qualche grado. L’uomo civilizzato può cadere più in basso ancora dell’ultimo cannibale, al di sotto pure del bruto e dell’animale più infimo. Se egli aggiunge all’esecrabile idea di Dio l’idea buffona e scellerata di patria, non gli resta più nulla da conquistare nell’ambito della bestialità.
Mentre scrittori, pensatori, filosofi, economisti si sforzano di rendere l’uomo alla ragione, alla fraternità che il suo interesse, in mancanza d’altro movente, prescrive come una legge primordiale dell’esistenza; mentre i veri internazionalisti si sforzano di abbassare le frontiere e disprezzare il patriottismo, non vi è un crapulone, un ruffiano, un fallito che non s’inchini dinanzi la bandiera nazionale e non porti a questo straccio infame e sanguinante le genuflessioni da bordello della sua indegnità.

Atene Sta Chiamando

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Atene Sta Chiamando

Atene sta chiamando le città sperdute

Ora la crisi è dichiarata e la battaglia è cominciata
Atene sta chiamando l’oltretomba
Venite fuori dall’armadio, tutti voi ragazzi e ragazze
Atene sta chiamando, smettete di rimirarci
Tutta questa televisione è finita a mordere la polvere
Atene sta chiamando, badate che non v'è nulla di moda
Tranne che il roteare di quel manganello

 

Ora senti questo
Atene sta chiamando, sì, c’era l'insurrezione
E sai cosa dissero? Beh, che in parte era vero!
Atene sta chiamando al momento cruciale
Dopo tutto questo, non vuoi rivolgerle un sorriso?

Il lungo giorno

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Il lungo giorno

G. R.

Un giorno Sua Eccellenza il Conte andò nei campi a sorvegliare il lavoro dei suoi servi. Essi lavoravano diligentemente da mattina a sera, ma a Sua Eccellenza non parve abbastanza. Il giorno era troppo corto per i suoi gusti. Perciò radunò la gente e disse:
- Il giorno è troppo corto e voi non lavorate abbastanza. Bisognerà allungare il giorno. A chi ci riuscirà darò un ducato d’oro.
Un giovane si fece avanti e disse che aveva inventato una macchina per allungare il giorno. Prese una enorme ruota da carro, fissò la ruota ad un asse, vi aggiunse una manovella, e la macchina fu pronta.
Il Conte scosse la testa e disse:
- Ma questa è solo una ruota con una manovella!
- Certamente, ma è un’ottima macchina. L’unico inconveniente è che dovete girarla voi stesso, altrimenti il giorno non si allungherà. E deve essere girata senza interruzioni, dall’alba al tramonto. - Bene, - disse il Conte, - se non c’è altra soluzione, lo farò io.

La parola che mi porta

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La parola che mi porta

Nato a Mosca, Georges Schwartz (1905-1987) trascorre la sua esistenza in Francia, a Vitry. Medico omeopata dei poveri, presta le sue cure soprattutto ai barboni, agli immigrati, ai marginali, a coloro che non hanno accesso ai servizi sanitari statali. Fuori dall'ambulatorio si dedica alla poesia, di cui si considera un umile servitore, tanto da scegliersi lo pseudonimo letterario di Paul Valet. Per lui la poesia non è un innocuo passatempo, ma uno strumento di bellezza e di lotta per la libertà, come testimoniano gli stessi titoli delle sue raccolte (Senza museruola, Parole d'assalto, Astri di non-sottomissione).
Durante la guerra partecipa alla Resistenza e alla Liberazione rifiuta sia di suonare i pifferi della propaganda (ben sapendo che «una stretta fraterna senza patria né partito è più forte di tutte le dottrine dei dottori» e che «non si libera l'uomo dai suoi maledetti Stati condannandolo a vita da un modello di Stato») che di trasferirsi a Parigi e fare carriera nel bel mondo delle lettere. Negli anni successivi «l'eremita di Vitry» alzerà la voce contro le raffinerie di petrolio che inquinano la Senna, Parigi, ed i suoi abitanti, meritandosi così l'odio feroce di industrie e sindacati, uniti nella difesa del posto di lavoro. Viene minacciato dai loro dirigenti, bastonato in mezzo alla strada dai loro scagnozzi, denunciato per ingiurie e calunnia dai loro avvocati. A lungo resisterà, solo contro tutti, fino a crollare e a conoscere l'orrore degli ospedali psichiatrici.

Lasciami senza salvezza

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Lasciami senza salvezza

Ibn al-Hadjadj (941-1001)

Oh mio Dio lasciami senza pietà,
Oh mio Dio lasciami senza salvezza,
Tutta la vita con una mano su una natica
E nell’altra un bicchiere di vino.

 

Servimi quel vino
Che i versetti del Corano proibiscono a questa gente.
Servimi, in compagnia del prete,
Lo pisceremo all’inferno.

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