Lavoro salariato

Brulotti

Lavoro salariato

René Chaughi
 
Il lavoro attualmente non è uno scambio di servizi, come dicono gli economisti; è una pena accollata per un'elemosina.
Si dice: il lusso dei ricchi fa vivere i poveri.
È come se si dicesse: i capricci di coloro che hanno usurpata la terra fanno vivere coloro a cui è stata usurpata.
Degli uomini si sono impadroniti di tutto quanto esiste. I diseredati sono quindi costretti di ricorrere ad essi per vivere. Si presentano umilmente e dicono: «Signore, se vuol essere buono con me, mi dia quanto basta per non morire oggi. In cambio, posso affaticarmi per il suo benessere. Cosa le abbisogna oggi? Vuole che seghi degli assi, scavi del carbone, lavi il suo cavallo o asciughi il suo vaso da notte? Ecco le mie braccia».

Un plagio ultra-scientifico

Contropelo

Un plagio ultra-scientifico

Warlaam Tcherkesoff 

 

Principi del Socialismo; Manifesto della democrazia nel diciannovesimo secolo, Victor Considerant, II edizione, 1847, Parigi

Manifesto del Partito comunista, Karl Marx e Friedrich Engels, 1848

 

«Ciò che si deve attaccare, sono i capi egoisti e gli organi ciechi che guidano e sfruttano i partiti,

sforzandosi di ritenerli entro idee strette ed esclusive, e in istato d'ostilità, per dominarli meglio».

Victor Considerant

 

 

In uno dei miei articoli in cui trattavo della teoria del valore basata sul lavoro (Temps nouveaux, n.16 e 17, 1897), ho dimostrato con numerose citazioni che la pretesa di Marx reclamante la paternità di questa teoria, esposta così ammirabilmente da Adam Smith giusto un secolo prima della pubblicazione del Capitale, non era molto «scientifica».

Altrettanto si dica dell'affermazione fatta da Engels e ripetuta in tutte le pubblicazioni sociali-democratiche da tutti i pretenziosi «scientifici», cioè che il plus-valore definito da Sismondi, esposto da W. Thompson (1824), adottato da Proudhon nel 1845, fosse pure stato scoperto da Marx...

«La Storia splendida»

Miraggi

«La Storia splendida»

Lettera inedita di Arthur Rimbaud

 
Una lettera autografa di Rimbaud, sconosciuta fino ad oggi, è stata trovata negli archivi familiari di Jules Andrieu, pedagogo, giornalista, poeta ma soprattutto comunardo amico di Verlaine. Nonostante le verifiche siano ancora in corso, tutto spinge a ritenerla autentica. In quel periodo Rimbaud si trovava nella capitale inglese in compagnia di Germain Nouveau (all'inizio di quel mese di aprile si erano entrambi iscritti alla biblioteca del British Museum), il quale avrebbe usato lo stesso indirizzo presente in questa lettera come recapito per un suo annuncio apparso qualche settimana dopo. È inoltre noto che Rimbaud aveva conosciuto Andrieu nel settembre 1872, durante il suo primo soggiorno a Londra, assieme a Verlaine. 
Questa lettera è stata pubblicata per la prima volta dal pronipote di Andrieu che l'ha scoperta, includendola nella biografia che ha dedicato al suo avo: C'était Jules. Jules Louis Andrieu (1838-1884). Un homme de son temps. 
La lettera inedita è stata ripresa lo scorso fine settembre dal sito della rivista di studi rimbaldiani Parade sauvage. Si tratta dell'unica missiva di Rimbaud datata 1874 e va collocata fra il suo periodo poetico e quello del suo silenzio.

Una miniera mortale



Brulotti

Una miniera mortale



Dal 1971 al 1986, la miniera di Salau [sul versante francese dei Pirenei] va a pieno regime. Nonostante una forte presenza di amianto nel terreno, vi viene estratto tungsteno. Le scorie della miniera generano due discariche che rilasciano nell'ambiente particelle di amianto ed altri agenti cancerogeni. A distanza di trentatré anni, un cocktail di sostanze chimiche, tra cui arsenico e antimonio, continua a diffondersi nel terreno circostante.

Ma non sarà né l'inquinamento né il decesso per cancro di 15 minatori a far chiudere questa miniera. La causa è semplicemente legata ai rischi di concorrenza nel mondo capitalista. Non potendo più la miniera di Salau fronteggiare la produzione cinese, gli imprenditori andranno ad investire altrove lasciandosi alle spalle due cumuli di merda tossica ed altre sorprese inquinanti all'interno delle gallerie.



Morte per morte

Intempestivi

Morte per morte

La mattina del 4 agosto 1878 Sergej Kravčinskij — l'anarchico russo che un anno prima era stato arrestato per la sua partecipazione alla banda del Matese — accoltella all'addome il generale Nikolaj Mezencov, capo della Terza Sezione (la polizia politica), mentre questi sta passeggiando per le strade di Pietroburgo in compagnia del tenente colonnello Makarov. Mezencov morirà poche ore dopo, mentre il suo attentatore riesce a fuggire e a mettersi in salvo. 
Vi sembra una storia del lontano passato? Non lo è.
La mattina del 31 ottobre 2018 Mikhail Zhlobitsky, un anarchico di diciassette anni, si è fatto saltare in aria nell’atrio dell’edificio che ospita la sede del FSB, i servizi segreti russi. È accaduto ad Arkhangelsk, città all'interno del Circolo Polare Artico, a circa 1200 chilometri a nord di Mosca.

Une idée en armes

Ostrogoto [fr]

Une idée en armes

Expériences anarchistes aux États Unis et en Russie au début du 20ème siècle
 
Un des bastions idéologiques de la domination, c’est son éternité supposée, sa présence pérenne. Pour ne pas être questionnée, elle prétend être comprise et acceptée par tous comme si son existence était inévitable et naturelle. Si l’autorité a toujours existé, naturelle comme le soleil et l’eau, si le besoin de commander et le besoin d’obéir sont aussi inévitables que le besoin de manger et le besoin de dormir, alors toute critique radicale du pouvoir, toute tentative de le renverser, toute désertion de ses rangs, est complètement dénuée de sens. Une idiotie, avant d’être une utopie.

Un'idea in armi

Brulotti

Un'idea in armi

Esperienze anarchiche negli Stati Uniti e in Russia agli inizi del 900
 
Una delle roccaforti ideologiche del Potere è la sua pretesa eternità, la sua presenza perenne. Per non essere messo in discussione, pretende di essere compreso ed accettato da tutti come se la sua esistenza fosse ineluttabile e naturale. Se l’autorità esiste da sempre, naturale come il sole e l’acqua, se il bisogno di comandare e la necessità di obbedire sono considerati inevitabili come il bisogno di mangiare e la necessità di dormire, allora ogni critica radicale del potere, ogni tentativo di abbatterlo, ogni diserzione dai suoi ranghi, è del tutto priva di senso. Una idiozia, prima ancora che un’utopia. 
Ecco perché il dominio vuole che il suo mondo venga percepito come il solo ed unico possibile, magari da perfezionare e correggere, mai da demolire. Questa opera di convincimento non avviene solo fuori di noi, materialmente, giorno dopo giorno, attraverso gli obblighi quotidiani che ci vengono imposti. Avviene anche dentro di noi, nella nostra testa, nell’immaginazione. 
Per sradicare l’idea stessa che un mondo privo di autorità sia possibile, il dominio deve di continuo riscrivere la storia a propria immagine e somiglianza.

La pozzanghera e l'oceano

Brulotti

La pozzanghera e l'oceano

 
Un antico dilemma. Aprirsi ai possibili complici sconosciuti di cui si dà per certa (o si ipotizza, o anche solo si auspica) l’esistenza fuori dell’uscio di casa, oppure chiudersi in compagnia dei proverbiali quattro gatti che già si conoscono e che godono della propria fiducia? Si tratta di una scelta che va ben al di là delle singole attitudini caratteriali, così come della valutazione dei rispettivi pro e contro, ma coinvolge le proprie aspirazioni, i propri sogni. Non tanto un’opzione strategica da calcolare, quanto una prospettiva umana da vivere. Ciò detto...
A tarpare le ali ad ogni tensione utopica nell’ultimo decennio è piombato il flagello della comunellanza politica, l’infettante convinzione che per nuotare nell’oceano sociale sia obbligatorio alleggerire il più possibile il proprio bagaglio rivoluzionario al fine di renderlo più galleggiante, sia necessario porgere il microfono ad esperti possibilmente di fama per farsi prendere sul serio da masse a digiuno di aspirazioni radicali, sia doveroso insomma correre dietro alla gggente per blandirla ed ottenerne i favori (il tutto facendo da sponda a chi ha sempre affossato le idee antiautoritarie).

Grande Produzione di Cose

Brulotti

Grande Produzione di Cose

Voltairine De Cleyre
 
Noi deridiamo quelle antiche superstizioni e parliamo molto della scienza sperimentale esatta. Ci sforziamo di esaltare i corpi greci e fingiamo di gradire la cultura fisica. Ci dilettiamo di molte cose; ma l'unica reale grande idea della nostra epoca, non copiata da una qualunque altra età, non finta, non portata in vita da qualche congiura, è la Grande Produzione di Cose – non la creazione di cose belle, non il piacere di spendere energia vitale in lavoro creativo; piuttosto l'indecente e spietata spinta ed esasperazione a sprecare e a drenare l'ultima goccia di energia, solamente per produrre mucchi e mucchi di cose – cose brutte, cose nocive, cose inutili, e nella migliore delle ipotesi in gran parte superflue. 
Per quale scopo si produce?

Volontarismo

Brulotti

Volontarismo

Free-lancer [Luigi Galleani]
 
«Prima la volontà,
 poi la forza,
 infine la vittoria»

Multatuli
 

Non lasciatevi ingannare dal titolo. Non vuol essere una disquisizione filosofica, questo mio articolo. Metto in discussione un problema indubbiamente vecchio, a cui la guerra dà forza nuova e nuovo sapore di attualità. Si tratta di indagare se la volontà è un fattore rivoluzionario. In termini più espliciti: se è vero che i fatti storici sono ferreamente concatenati, se essi sono determinati e diretti da una legge naturale di causalità meccanica, che non ammette eccezioni; se il «salto» è o no possibile nel corso della storia, se la volontà umana può o no con un audace atto di violenza, imprimere allo sviluppo storico della società un indirizzo nuovo, creare un nuovo ordine di cose, sovvertendo i rapporti sociali esistenti.


Il commercio

Brulotti

Il commercio

Edward Carpenter
 
«Egli (Vespasiano) s'era messo in un affare, vergognoso anche per un semplice cittadino, 
comperando gran quantità di merci e• rivendendole con grande guadagno».
Svetonio
 
Io credo che il carattere speciale della nostra età commerciale, nel suoi lati buoni e cattivi, possa esser studiato meglio sul mercato che altrove.
Quando la prima volta mi trovai con dinanzi la mia propria merce, a rivendere al pubblico frutta, patate, rose e lamponi coltivati da me, fu come se si squarciasse un velo avanti ai miei occhi! Ero stato spesso prima d'allora al mercato, ed ero abituato, lo dico con ritegno, a considerare il negoziante come la personificazione della cattiveria e dell'astuzia insieme, come persona che complotta coi suoi colleghi per derubare il pubblico e profittare della sua inesperienza. Ma quando io stesso mi trovai nel novero dei commercianti e nel loro ambiente, guardai la situazione in modo del tutto diverso.