L’attività degli anarchici in Russia

Brecce

L’attività degli anarchici in Russia (1905-1907)

Orlowski-Rogdaev

 

Nell’agosto del 1907 si tenne ad Amsterdam un congresso internazionale anarchico. Per una settimana, anarchici provenienti da 14 paesi di tutto il mondo si incontrarono e dibatterono su vari argomenti. Al congresso erano presenti anche alcuni anarchici russi, i quali presentarono tre rapporti e uno studio sulla situazione nel loro paese che aveva appena vissuto la rivoluzione del 1905. Uno di tali rapporti è quello che qui ripubblichiamo, scritto da Orlowski e Rogdaev («questo pallido giovanotto che ha gli occhi che brillano di un fuoco strano»). Letto direttamente in lingua russa, senza traduzioni, questo documento passò del tutto inosservato. Considerato che la maggior parte delle discussioni che avvennero nel corso di quel congresso ruotavano attorno all’organizzazione e al sindacalismo, come avrebbero reagito i presenti se avessero inteso e riflettuto sul resoconto della furibonda attività degli anarchici russi all’alba del XX secolo?

Il maestro filosofo

Miraggi

Il maestro filosofo

Donatien-Alphonse-François de Sade

Di tutte le scienze che si inculcano nella testa di un bambino, lavorando alla sua educazione, non v'è dubbio che i misteri del cristianesimo, benché siano una delle parti più sublimi di questo suo ammaestramento, non siano affatto tra quelli che si introducono con più facilità nella sua giovane mente. Persuadere un ragazzo di quattordici o quindici anni che Dio Padre e Dio Figlio sono la stessa persona, che il Figlio è consustanziale al Padre e che il Padre lo è al Figlio ecc., anche se tutto questo è necessario alla felicità della vita, è più difficile da far comprendere dell'algebra, e se ci si vuole riuscire, si è obbligati a utilizzare alcune forme fisiche, alcune spiegazioni materiali che, malgrado siano esagerate, facilitino al ragazzo la comprensione dell'oggetto misterioso.

Lontano dagli occhi...

Fuoriporta

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore?

Calais, un territorio dove l’infamia viene messa a nudo.
Calais, dove l’arbitrio del potere sulla vita di tutti, e più violentemente su quella degli indesiderabili, non può essere negato.
Calais, dove si staglia alla luce del giorno la priorità data ai trasporti di merci e alla circolazione dei treni piuttosto che all’esistenza di esseri di carne e di sangue.
Calais, dove industria, affari e repressione banchettano al matrimonio dell’orrore e dell’indifferenza.
Calais, dove si cristallizza ciò che spadroneggia ovunque altrove.

Riflessioni di un miliziano della rivoluzione spagnola

Brulotti

Riflessioni di un miliziano della rivoluzione spagnola

Tranquillo [Giuseppe Ruozi]

Ho assistito alla nascita ed allo svolgimento della guerra civile in Spagna, guerra che si sarebbe tramutata in rivoluzione sociale se gli elementi responsabili della C.N.T. e F.A.I. non vi avessero messo dei freni avviandola quindi verso la sconfitta, dopo la prima vittoriosa tappa del 19 luglio.
Esisteva in Spagna un movimento anarchico, non omogeneo quale potevano pensarlo coloro che lo guardavano da lontano. Vi erano in esso le divergenze solite che si ritrovano in qualsiasi movimento nostro del mondo. E le divergenze più profonde erano tra gli anarco-sindacalisti. La scissione provocata dal manifesto dei 31 era finita con la creazione di una nuova sezione del sindacalismo anarchico o libertario che aveva avuto come capo Pestaña e contava più di 11.000 aderenti. Ma non vi era tra i dirigenti accordo perfetto e c'era sempre battaglia nella direzione di Solidaridad Obrera.

Il fine non giustifica tutti i mezzi

Contropelo

Il fine non giustifica tutti i mezzi

Emma Goldman

Nulla è più falso del credere che gli obiettivi e gli scopi siano una cosa, i metodi e le tattiche un'altra. Questa concezione minaccia seriamente la rigenerazione sociale. Tutta l'esperienza dell'umanità ci insegna che i metodi ed i mezzi non possono essere separati dal fine ultimo. I mezzi impiegati diventano, attraverso le abitudini individuali e le pratiche sociali, parte integrante dell'obiettivo finale; lo influenzano, lo modificano, poi fini e mezzi finiscono col diventare identici. L'ho sentito fin dal primo giorno del mio ritorno in Russia, prima vagamente, poi sempre più chiaramente e consapevolmente. I grandi obiettivi che ispiravano la Rivoluzione sono stati talmente oscurati dai metodi usati dal potere politico dominante che è diventato difficile distinguere tra i mezzi temporanei e l'obiettivo finale.

Budapest 1956

Miraggi

Budapest 1956

Georges Henein

Uno sconosciuto ha dato risata alle polveri
La vita non è più intrecciata come un quaderno di rughe
Un turbamento mattutino scioglie la chioma del vissuto

 

Gli uomini posano le loro mani a caso
Ora su un seno ora su una foresta in fiamme
Avanzano nella nudità di un mondo che si compie

Il mio differente

Brulotti

Il mio differente

Ernest Coeurderoy

Lavoro come il seminatore. Egli mette dell'amor proprio nel suo lavoro che non gli parrebbe più buono se altri al suo posto lo toccassero.

L'uomo è fatto così. Si crede diverso da tutti quelli che lo avvicinano e tuttavia li chiama propri simili. Non c'è individuo che non si consideri superiore al proprio vicino in tutte le attribuzioni. Nessuno acconsentirebbe a scambiare la propria nuda persona con un'altra ugualmente sprovvista di titoli, prestigio, fortuna.

L'uomo è proprio fatto così. Questa buona opinione che ha di se stesso salvaguarda la sua propria libertà e mantiene l'armonia nel nostro piccolo mondo a mezzo della varietà.

Dal momento che ci scostiamo da questa nozione di diversità, arriviamo a quella di similitudine, dalla nozione di similitudine passiamo a quella di uguaglianza con un piccolissimo sofisma alla maniera di Babœuf, Condorcet, Jean-Jacques, Licurgo, Robespierre, Luigi XIV e Loyola, il livellatore di cadaveri!

La forza delle idee

Contropelo

La forza delle idee

Paul Gille

Certo, l'uomo non è puro spirito, e le sue idee, come i suoi sentimenti, subiscono largamente l'influenza dell'ambiente materiale in cui si evolve, del regime economico sotto cui vive. Ma per quanto profonda, per quanto notevole sia quest'influenza, essa non è esclusiva, non è onnipotente. «L'uomo non vive di solo pane». Vi sono altre relazioni oltre quelle economiche. Vi sono altri bisogni, oltre i bisogni materiali. E se l'uomo è, come l'hanno chiamato, «figlio della bestia», la sua natura è tuttavia lontana dalla semplicità del bruto, che giustificherebbe — sino ad un certo punto — la tesi materialista. La sua natura è complessa. Vicino ai suoi bisogni materiali, egli ha dei bisogni affettivi e dei bisogni intellettuali. Gli uni e gli altri intervengono — o possono intervenire — nelle azioni con cui l'uomo reagisce all'ambiente e che testimoniano del suo grado di elevazione nella scala della vita.

Da Ret Marut a B. Traven

Autopsia

Dal rivoluzionario braccato Ret Marut allo scrittore di successo B. Traven

Charles Reeve

Oggi, tra i lettori de La nave morta e La rivolta degli impiccati, quanti sanno che Traven fu anche Ret Marut, associato alle correnti radicali degli avvenimenti rivoluzionari degli anni venti in Germania? Nel 1926, in una lettera all'editore tedesco de La nave morta, Traven scriveva: «Diciamolo chiaramente. La biografia di un creatore non ha la minima importanza. (...) L'uomo creativo non dovrebbe avere altra biografia che le sue opere». Poiché, alla vigilia della sua morte, B. Traven riconoscerà di essere Ret Marut, è impossibile leggerlo senza tener conto dell'itinerario di Ret Marut e dei testi che ha scritto sotto questo nome. La sua biografia deve includere il periodo della rivoluzione tedesca degli anni 20. E ci vuole un sacco d'ignoranza, di stupidità o di malafede per continuare a presentarlo in primo luogo come «uno scrittore senza biografia, senza identità, come molti dei suoi personaggi» (Le Monde, 29 ottobre 2004).

Finzioni e realtà

Brulotti

Finzioni e realtà

André Prudhommeaux

Allora la soluzione è chiara: che l'operaio si ribelli contro il lavoro indegno che lo abbassa al livello delle cose, che chi è soggetto ai poteri sociali assume egli stesso le proprie responsabilità, e la fatalità del sistema sarà rotta nel punto stesso dove può esserlo. Rotta essa lo è di già, dal momento che interviene la critica, con il risveglio delle coscienza addormentata, con l'analisi per mezzo della quale il lavoratore realista vede finalmente che è «il meccanico che fa la macchina» e che sono i «contribuenti, i soldati e i funzionari che fanno lo Stato».
Ritrovare le realtà viventi, e in seguito rimettere al loro posto le responsabilità, risvegliare le coscienze, riunificare e rivivificare le individualità malate (in preda ai corpi senza anima ed alle anime senza corpo d'un mondo di macchine e di fantasmi); rifare per conseguenza degli uomini; ecco un problema al quale il materialismo dialettico o storico non porta nessuna soluzione. Anzi esso continua nell'errore, dato che mistifica la macchina come il Dio o il Demonio del mondo sociale e la «dialettica delle classi» come il Dio o il Demonio del mondo politico o della storia.

Finale scontato

Macchianera

Finale scontato

Il nostro male viene da più lontano
Alain Badiou
Einaudi, 2016

Ci sono libri che, prima di iniziare a leggerli, sai già dove andranno a parare, e quale sia lo scopo del loro autore. Questo libretto del filosofo francese è uno di quei casi. Non si tratta in realtà di un libro vero e proprio, bensì della trascrizione di un seminario tenuto in un teatro francese il 23 novembre 2015; a dieci, giorni, quindi, dai massacri parigini per mano degli islamisti. Ed è proprio questo lo spunto del seminario: analizzare l'ondata di violenza che ha appena scosso le coscienze francesi e mondiali, e cercare di comprenderne le radici profonde.

Non deve essere stato facile affrontare la questione a caldo, provando a dare una visione differente da quella scatenata dalla canea mediatica di quei giorni, ricordando che massacri del genere l'Occidente li compie, ogni giorno, in vari angoli del mondo. Badiou spiega quindi che gli attentati di Parigi, che hanno colpito degli occidentali, tendono a sollecitare un riconoscimento identitario che, a sua volta, porta a stringersi attorno allo Stato e questa «idea trasforma la giustizia in vendetta» tanto che «la polizia […] uccide gli assassini appena li trova».

Propaganda e mitopoiesi

Brulotti

Propaganda e mitopoiesi

George Orwell
 

Mi ricordo che una volta ho detto ad Arthur Koestler: «La storia si è interrotta nel 1936», al che egli ha immediatamente annuito con un cenno del capo. Pensavamo entrambi al totalitarismo in generale, ma in particolar modo alla guerra civile spagnola. Nella mia vita mi sono presto accorto che un avvenimento non viene mai riportato in modo corretto su un giornale, ma in Spagna per la prima volta ho visto giornali riportare cose che non avevano più nulla a che fare con i fatti, nemmeno il genere di relazione implicita in una comune bugia.
Ho visto riportare grandi battaglie laddove nessun combattimento aveva avuto luogo, e un silenzio completo laddove centinaia di uomini erano stati uccisi. [...] Ho visto i giornali di Londra spacciare queste menzogne ​​ed intellettuali zelanti costruire sovrastrutture emotive su avvenimenti che non si sono mai verificati. Ho visto, di fatto, venire scritta la storia non in base a quello che era successo, ma in base a quello che sarebbe dovuto accadere secondo le varie «linee di partito».

Poema petrolifero

Miraggi

Poema petrolifero

Geo Bogza

Vi parlerò degli uomini del petrolio
e del loro animo più nero
e più infiammabile del petrolio.

 

Vi parlerò di me,
perché nessuno più di me può essere un uomo del petrolio
e il mio animo nero e infiammabile
mi fa parlare a voi altri con tutta la brutalità possibile.

 

Così bisogna parlare del petrolio: con brutalità.

Gli indifferenti

Brulotti

Gli indifferenti

C. Aronica

Costoro sono nati per far numero ed ombra; sono la massa bruta che intralcia il cammino dell’umanità; sono la palla di piombo ai piedi del progresso.
Giustamente scrisse Inkyo nel dramma Giustizia è fatta: «Non è provato che gli indifferenti non siano peggiori degli altri. È in grazia loro che tanti mali si perpetuano e diventano destino di tutti.
La loro indifferenza alle ingiustizie, la loro insensibilità alle sofferenze di chi è oppresso e che anela al loro aiuto per scuotere il giogo e sollevarsi alla vita, è bene una responsabilità.
Perché questa gente non sa mai dire una parola contro i prepotenti che dominano, in appoggio ai deboli che si dibattono?
Questa gente che vive la piccola vita materia di egoismi e di tornaconti e non alza mai gli occhi per accorgersi della miseria del vicino, perché dovrebbe salvarsi quando questi scuote la sua pazienza e urla la sua protesta?».