Appendi il tuo tiranno

Brulotti

Appendi il tuo tiranno

Harry Goni (Enrico Arrigoni)

Non è di Mussolini, Primo de Rivera o Stalin che vogliamo parlare questa volta. È di te stesso, tu che ti dici anarchico.
È il tiranno che ti porti dentro al tuo corpo, dentro il tuo cervello che vogliamo indicare. Non ti confondere: non cercare il tiranno all’infuori di te, quando lo tieni tanto vicino. Non inseguire i fantasmi attorno alla tua casa, quand’essi ti passeggiano tranquillamente dentro e fanno di te il loro trastullo, l’oggetto delle loro risate di dileggio.
Sei tu forse un redentore di schiavi? E non ti sei ancora accorto quanto poco redento e libero sei tu stesso? Vuoi creare degli uomini di carattere, di volontà, padroni del loro corpo e del loro spirito? E non t’avvedi che i vizi e le passioni malsane divorano e fanno di te un povero cencio umano, che d’umano non hai più che l’apparenza? Come puoi spezzare le catene del tuo vicino se i tuoi ceppi ancora t’impediscono di muoverti?
Credi tu forse che il problema della felicità umana consiste solamente nel distruggere il vil e panciuto borghese? E poi?

Il delatore

Brulotti

Il delatore

Abbiamo trovato questi versi sulla prima pagina de La Diana (n. 5, 1 giugno 1928), giornale anarchico diffuso da Paolo Schicchi a Parigi. Abbiamo poi scoperto che la poesia è tratta dai Canti per il popolo pubblicati nel 1843 da un autore il cui nome non merita di essere ricordato, essendo un filomonarchico parlamentare. La riproponiamo oggi, come prima candelina di una infame ricorrenza da non dimenticare, tanto per evidenziare come tanto tempo fa il disgusto per i delatori fosse pressoché universale. Mentre oggi c’è — invece — la prudente connivenza e l’oblio interessato di chi ha finito col perdere ogni dignità fra i tornanti dell’opportunismo politico.

La fabbrica di uomini

Miraggi

La fabbrica di uomini

Oscar Panizza

Colui che ha viaggiato molto a piedi acquista gradualmente una così grande pratica nel giudicare sia la posizione del sole sia quella dei percorsi tracciati sulle carte stradali da sapere quando deve partire da un luogo per raggiungere in modo sicuro, ancora prima del calare dell'oscurità, il villaggio o la cittadina che egli ha eletto quale ricovero notturno; a lui non capita, come successe tanti anni fa all'autore di questo racconto, quando, avendo solo da poco impugnato il bastone del viandante e vedendosi una sera sorpreso dal buio, incapace di consultare una cartina o la bussola, stava brancolando da due ore, solo soletto per la strada maestra, stanco, affamato, senza compagnia né meta. Tutto accadde nella parte orientale della Germania Centrale e non so davvero più in quale provincia o in vicinanza di quale grande città, cosa che non ha d'altronde nessuna importanza per la valutazione dei fatti che sto per narrare. Dopo essere giunto alla conclusione che il rimanere lì non portava a niente e che l'umidità del terreno impediva l'approntamento di un rifugio notturno all'aperto, mi risolsi a continuare a camminare senza posa, tentando di risparmiare per quanto possibile le mie energie, e questo sarebbe durato per tutta la notte anche se, presto o tardi la nota densità della popolazione tedesca mi avrebbe fatto imbattere in qualche insediamento umano. La mia perseveranza fu anche premiata dal successo giacché trovai quello che stavo cercando: un rifugio per la notte. Se il ricovero, tale qual era, potesse essere definito un successo o se l'autore non avrebbe fatto meglio a pernottare nel sudicio pantano della strada, potrà essere giudicato dal benevolo lettore alla fine di questo racconto, in quanto gli intricati avvenimenti di quest'unica notte saranno l'oggetto dei seguenti fogli.

Né guerra, né pace Rivoluzione sociale

Brulotti

Né la loro guerra, né la loro pace. Per la rivoluzione sociale

La guerra è arrivata fin davanti alla porta delle vostre case. I militari che stazionano nelle strade ne sono la dimostrazione. I controlli rafforzati in strada fanno sparire centinaia di immigrati nei campi di deportazione. Gli sbirri sono in apprensione e applicano una tolleranza zero schiacciando tutti coloro che non restano all’interno dei ranghi. I giornalisti fanno penetrare il messaggio del potere nelle nostre teste. E il denaro piove per finanziare la lotta contro «la minaccia».
Il piano annunciato dal governo di controllare ogni casa di Molenbeek, e in seguito, come dubitarne, ogni casa nei quartieri popolari, è rivelatore di quale sia il reale obiettivo: gli esclusi, i poveri, i clandestini, i ribelli. Lo Stato sfrutta l’occasione di un atto sanguinario di guerra a Parigi per dare un giro di vite. E dà un giro di vite prima di tutto a livello mentale: che si parteggi per i soldati dell’Isis, o per i soldati dello Stato. È la pura logica della guerra. I due campi ci disgustano entrambi, e per la stessa ragione: tutti e due cercano di imporci il loro potere e la loro legge. L’uno nel nome del capitalismo e del regime democratico, l’altro nel nome della religione e della costruzione del nuovo Stato del califfato. E tutti e due perpetrano massacri. La sola differenza è che uno usa i bombardieri e l’altro utilizza i kamikaze.
Entrambi hanno un nemico comune, un nemico mortale: la libertà.

È Natale

Brulotti

È Natale

Bernard Charbonneau

Noi pagani chiediamo alle feste di salvarci dalla vita di tutti i giorni, e Natale è la più importante. Ridurla nei termini del linguaggio quotidiano parrebbe quasi un sacrilegio, se il figlio di Dio quel giorno non avesse scelto come tempio una stalla abbandonata. Nel più buio dell'inverno ogni anno ritroviamo l'ultima delle festività: in fondo alla notte dei tempi brilla ancora il sangue aguzzo degli agrifogli. Scende la sera, ma il bagliore delle braci penetra, intatto, l'oblio delle ceneri e il cuore tiepido del focolare batte al respiro regolare dei suoi figli addormentati. La casa nel gelo è una nave ancorata in cui il silenzio si tende e freme d’un tratto nel corso del tempo. L'ora risuona ed annuncia una presenza. Ci perdiamo nella luce del sole, ed eccoci a ripercorrere quest'altra strada che penetra nelle nostre tenebre. E che si dirige insondabilmente verso quella stella che ci fissa nella più azzurra oscurità. Sempre più profonda, verso questo giorno il cui grido esplode nel parossismo della notte: Natale!

Quasi con Erri

Brulotti

Noi oggi quasi quasi stiamo con Erri

Ecco, nel giorno in cui molti festeggiano un’altra sentenza di tribunale decretante che il sabotaggio non va confuso con il terrorismo, il nostro pensiero va a lui, all'uomo che per primo ha avuto il coraggio di difendere sulla scena pubblica questa pratica di azione diretta contro l'Alta Velocità. Un uomo che oggi si trova vergognosamente bersagliato dalle ipocrite critiche di chi fino a ieri ne tesseva le lodi.
Il rito di unione civile e politica era avvenuto un paio di anni fa, sotto il Regno dei Cieli di Venaus. Il Movimento No Tav e lo scrittore Erri De Luca dopo un breve fidanzamento erano convolati a opportune nozze. Il primo si era subito innamorato di questo intellettuale di fama, non solo favorevole alla causa, ma capace persino di dargli dei punti difendendo pubblicamente forme di lotta estreme. Il vecchio poeta catto-comunista era riuscito a compiere una impresa pressoché impossibile al ceto politico del Movimento, pronunciare quella parola contraria alla legge per legittimarla. Fino a quel momento, davanti agli atti di sabotaggio contro l'Alta Velocità c'era stata solo...

Lotta ai radicali liberi

Brulotti

Lotta ai radicali liberi

«Coloro che resistevano al regime andavano nascosti sia all'opinione pubblica internazionale, sia in patria per non fare emuli. Ma processarli tutti sarebbe stato troppo costoso, e fucilarli troppo scandaloso. Non restava che il manicomio»
 

Così scrive Alexander Podrabinek, autore dell'opera La medicina punitiva in cui si ripercorre l'uso della psichiatria da parte del regime sovietico per neutralizzare i dissidenti. Non a caso Marija Spiridonova, una leader dei Socialisti Rivoluzionari di sinistra,  già eliminatrice nel 1906 dell'ispettore di polizia governatore di Tambov, venne rinchiusa in manicomio nel 1921. E quarant'anni dopo, nella patria del bolscevismo, entrava in vigore la circolare Per il ricovero d'urgenza dei malati di mente che rappresentano un pericolo pubblico, che estendeva il concetto di «atti socialmente pericolosi che rappresentano un grande rischio per la società». Ma sì, son tutte cose da vecchi regimi totalitari...
Invece no.

Sotto pressione

Intempestivi

Sotto pressione

Questa notte un boato ha disturbato il sonno degli abitanti del quartiere Borgo Trento, a Brescia. Un ordigno artigianale è saltato davanti alla Polgai, sede della Scuola di polizia giudiziaria, amministrativa e investigativa. Pochi i danni ma — come si usa dire sotto Natale — è il pensiero che conta. Gli esperti della Scientifica e gli artificieri sono al lavoro. Dicono che qualcuno ha "caricato" una pentola a pressione. Una volta tanto, ci crediamo sulla parola!
È la pressione di una vita sfruttata, è la pressione di una dignità umiliata, è la pressione di una libertà braccata, è la pressione generata da un mondo in cui è permesso solo obbedire. Sono i desideri più meravigliosi mortificati davanti alla pervasiva banalità dello spettacolo, sono gli stessi bisogni più semplici la cui soddisfazione è preclusa a chi non ha un portafoglio gonfio — è questa la pressione esplosa nella notte a Brescia.
E non ci sembra un caso che si sia manifestata contro una scuola di repressione. Che le forze dell'ordine siano solo gretta manovalanza lo sanno tutti, sbirri per primi (che infatti sono soliti affermare di compiere «solo il proprio dovere»). Se fare di costoro il nemico sarebbe una idiozia, giustificare e dimenticare il loro operato sarebbe una aberrazione. Dopo i morti sotto le loro botte, dopo i pestaggi nelle questure, dopo le cariche nelle piazze, dopo infinite prepotenze quotidiane che forti della propria impunità si fanno sempre più arroganti, un boato di rivolta nelle tenebre della rassegnazione è il minimo che possa accadere. Ci sono rabbie, ci sono emozioni impossibili da esprimere con una petizione (e al diavolo partiti e sindacati, preti e militanti).
Che lo sappiano, i padroni di questo mondo. Più metteranno l'esistenza umana sotto pressione e più questa pressione prima o poi inevitabilmente esploderà, fragorosa e bella come l’incontro fra un ardore e un ardire.

No eradicazioni, no frontiere

Brulotti

No eradicazioni, no frontiere

«Prima hanno riempito le campagne di fotovoltaico, ora vogliono tagliare migliaia di ulivi.
Protesto per il mio futuro, perché non ho più niente.
Non mi interessa di essere uscito su RaiUno, non devo fare l'attore,
voglio lottare per ottenere il mio obiettivo: la fine delle eradicazioni»
 

Mentre decine di manifestanti occupavano i binari di un paese della provincia di Brindisi per sette ore, rallentando circa trenta treni regionali e nazionali, uno dei manifestanti si esprimeva più o meno nei termini sopra riportati, per convincere gli altri a resistere ancora. 

La semplicità di quelle parole riporta la spontaneità di molti nella protesta contro le eradicazioni degli ulivi in Salento, che ha come fine appunto il ritiro del cosiddetto “Piano Silletti”, dal nome del Commissario straordinario nominato a gestire quella che si vuole far passare come l’emergenza «xylella fastidiosa», il batterio che avrebbe infettato migliaia di ulivi, secondo la propaganda statale. Molti stanno cercando, ormai da tempo, di smascherare cosa è accaduto e quali sono le ragioni che hanno portato all’emanazione di questo piano: collusioni politiche, presenza invadente e invasiva di multinazionali agroalimentari – quali Monsanto – sul territorio, interessi politici vari, utilizzo massiccio di pesticidi per decenni che ha impoverito il terreno, piani di speculazione, imposizione di un cambiamento, nella produzione di olio, da un modello agricolo tradizionale ad un modello industriale. Ma se l’analisi di ciò che sta accadendo risulta essere più chiara, più confuse risultano essere le ragioni per opporsi e i modi con cui farlo.

Spinto dai suoi bisogni

Brulotti

Spinto dai suoi bisogni

Ramsès Younan

Spinto dai suoi bisogni, dai suoi desideri e soprattutto dai suoi sogni, l’uomo, a partire dalla scoperta del fuoco, si è sempre sforzato di trasformare il volto del mondo.
La lotta non è mai cessata fra i giovani Prometeo, focolai di sogni incendiari, e i padri presso i quali il fuoco dei sogni si è spento e che sono diventati difensori e guardiani dell'esistente. Noi definiamo complici, quindi criminali, tutti coloro in cui l’attuale volto del mondo – sempre più atroce – non provochi la più accanita rivolta.

Un talento sprecato

Brulotti

Un talento sprecato

Si chiamava Foued Mohamed-Aggad ed aveva solo 23 anni. È lui il terzo uomo — identificato solo pochi giorni fa — che ha compiuto la strage del Bataclan a Parigi, dove sono state massacrate 90 persone. Era originario di Strasburgo e, da ragazzo, marinava la scuola, fumava spinelli e pensava solo a divertirsi. Così dicono le malelingue. La sua conversione all'islam radicale è avvenuta solo qualche anno fa, quando ha iniziato a frequentare la moschea, lasciarsi crescere la barba, vestirsi con tuniche bianche, ecc. I suoi parenti ed amici, increduli, lo ricordano come un ragazzo adorabile, gentile, buono. Mentre i suoi ex insegnanti ammettono che, sì, forse, era un po' troppo «influenzabile».
Ma questa è una caratteristica comune alla stragrande maggioranza dei giovani, in sé non spiega affatto quanto accaduto in seguito. Se non era nato sotto i bombardamenti occidentali, se non era cresciuto in mezzo al terrore e all'odio, se non era erede di una famiglia rigidamente tradizionalista, cosa l'avrà mai indotto a prendere una tale decisione? Cosa può aver colpito e sconvolto talmente tanto la sua mente da spingerlo a compiere un gesto così estremo?

Détruire l’Etat

Ostrogoto [fr]

Détruire l’Etat

Ariel Fatiman

Quatre ans après le déclenchement des insurrections de 2011, la critique de l’Etat reste le fer de lance des offensives armées des insurgés libyens, syriens et yéménites. Les opérations militaires occidentales en sont la preuve la plus flagrante. Cette répression appuyée par des « libéraux », « démocrates » et autres « laïcistes » témoigne aussi de la longue agonie des démocraties occidentales. Il est temps qu’à la critique des armes des insurgés répondent comme un hommage et un encouragement les armes de la critique.

È arrivato tranquillamente

Intempestivi

È arrivato tranquillamente

È arrivato tranquillamente, un venerdì mattina, e si è diretto verso la parte ovest di Parigi. In una zona satura di polvere per un vertice internazionale ancora in corso, e uno stato d'emergenza in vigore già da troppo tempo. Attorno a lui brulicano uomini in uniforme, con armi da guerra in spalla, e altri ancora in civile, pronti a sfoderarle. Alcune decine di metri più in là, i balletti di berline coi vetri oscurati non augurano nulla di buono a tutti i nemici interni.
In rue du Faubourg-Saint-Honoré non esiste il numero 13, soppresso dalla superstizione bigotta dell'imperatrice Eugenia, un ordine scrupolosamente rispettato da tutte le Repubbliche successive, benché lo Stato, la scienza e l'economia siano diventati gli Dei più visibili della spazzatura che ne popola i vertici. Che importa, l'uomo non si cura di questi aneddoti, non è con la storia che ha appuntamento ma con se stesso. Prosegue il suo cammino fino al numero 72, incorniciato da due piccoli alberelli di Natale tanto falsamente innevati quanto ridicolmente kitsch. Suona alla porta. Gli viene aperto. Suona una seconda volta, e la seconda porta reagisce allo stesso modo.

Distruggere lo Stato

Contropelo

Distruggere lo Stato

Ariel Fatiman

Quattro anni dopo lo scoppio delle insurrezioni del 2011, la critica dello Stato resta la punta di diamante delle offensive armate degli insorti libici, siriani e yemeniti. Le operazioni militari occidentali ne sono la prova più flagrante. Questa repressione sostenuta da «liberali», «democratici» ed altri «laici» è anche una testimonianza della lunga agonia delle democrazie occidentali. È tempo che alla critica delle armi degli insorti rispondano in omaggio ed incoraggiamento le armi della critica.
Ci sono due maniere di terminare: il compimento o la distruzione. La distruzione è per l'individuo una deficienza, un insuccesso nella partita in corso che si paga con la vita. Per una cosa, la distruzione è la sua impossibilità di esistere secondo il suo concetto, la sua scomparsa dall'orizzonte del possibile. Si prova nel momento della realizzazione pratica: come se il contatto con l'acidità della critica pratica dissolva il legame fra oggetto e idea, e a sua volta la cosa che si basava su quella relazione scompaia. In un'epoca inquinata da pensieri rachitici e da dogmi polverosi imballati in emozioni preconfezionate, è sempre una eccellente notizia che una cosa sparisca. Col senno del poi, a sembrare ancora più stupefacente è che essa abbia potuto esistere.
Come tutte le illusioni, come tutte le astrazioni, come tutti i dogmi, come tutti i palloni gonfiati con una pretesa alla totalità, come tutti i gingilli della liturgia moderna, come tutti gli oggetti d'ossequiosità dell'informazione dominante, la vocazione storica dello Stato è di scomparire sotto gli assalti della verifica pratica.

Demenza dell'autorità

Miraggi

Demenza dell'autorità

Multatuli

No, niente scappatoie. L'ho detto. Ho dichiarato che il lavoro volontario è migliore del lavoro obbligatorio. Nulla da dire. Ma adesso ritratto questo errore, convinto che nulla sia più ambiguo e più nocivo del lavoro volontario.
E come ha acquisito questa nuova convinzione? spero che mi si chieda. Perché, se non me lo domandassero, dovrei pensare che la mia predica annoi l'ascoltatore quanto me.
Come ci sono arrivato? È molto semplice. No, no... per l’amor di Dio, scusatemi, non proprio semplice! Dimenticavo che la semplicità farebbe svuotare in fretta la mia cappella e che solo la complessità è ammessa. Quindi, non proprio semplice. È estremamente complesso. Sono stato guarito dal mio errore e... indovinate da chi? Dal mio piccolo Max.
Il bambino è dolce, buono e obbediente. Temo perfino che sia troppo buono, troppo dolce. E se i vostri figli, cari ascoltatori, assomigliano ai loro genitori, il mio bambino subirà un giorno la punizione che il mondo infligge alla bontà per vendicarsi della differenza.

Militanti da riporto

Brulotti

Militanti da riporto

I militanti da caccia (anche se non amano definirsi tali) sono suddivisi in categorie e tipologie a seconda delle caratteristiche e del talento dell'animale politico. In linea generale sono suddivisi in: militanti da cerca, militanti da ferma, militanti da riporto, militanti da seguita, militanti da tana e militanti da traccia. I militanti da riporto cacciano a vista e di solito si tende a chiamare la loro bocca «soffice» in quanto non rovina la preda. Grandi sono le soddisfazioni che sanno dare ai conduttori, quando — collo alto e petto gonfio di orgoglio — tornano indietro trionfanti deponendo nelle loro mani la preda del consenso. Ottimi slalomisti, hanno anche un mantello eccezionalmente eticorepellente.
Molti dei militanti che oggi riteniamo da compagnia sono nati come militanti da riporto. Il militante da riporto è nato per recuperare la preda e riportarla integra, anche in quelle situazioni più difficili come accade per gli ambienti fangosi. Alcuni dei militanti più comuni che vivono nelle nostre città hanno un’ottima capacità nell’attività politico-venatoria. Dotati di grande sensibilità nel recupero della preda, i militanti da riporto subiscono un addestramento per il recupero della selvaggina sia a terra che in acqua. Naturalmente, esistono in natura militanti con una particolare predisposizione per il riporto ma bisogna comunque addestrarli; questo allenamento deve avvenire con un ceto politico qualificato che sa come addestrare un militante da riporto.

En avant les luttes pour la liberté

Ostrogoto [fr]

On ne reculera pas : en avant les luttes pour la liberté

A propos des sabotages des TGV et d’une caserne militaire
 
Quand les ténèbres enveloppent les quartiers, plongeant la ville dans un état de siège comme suprême affirmation du pouvoir de l’État et de son idéologie, il est facile de s’affaisser dans la résignation totale. Quand claironnent les trompettes de la guerre et du massacre, écrasant les luttes pour la liberté pour faire place à la seule bagarre entre deux pouvoirs qui cherchent à s’imposer, il est facile de croire que tout est perdu. Quand les bombardements médiatiques martèlent le message de l’ordre, poussant dans la marge tout cri de refus et de rejet, il est facile d’arrêter de penser par soi-même et de se laisser entraîner par le courant ensanglanté.

Et pourtant… Cette dernière semaine, l’État a cherché une adhésion totale à ses valeurs, menaçant tous ceux qui ne s’y plieraient pas, d’une répression brutale.

Proseguiamo le lotte per la libertà

Brulotti

Proseguiamo le lotte per la libertà

A proposito dei sabotaggi dell'Alta Velocità e di una caserma militare
 
Quando le tenebre avviluppano i quartieri, immergendo la città in uno stato d’assedio come suprema affermazione del potere dello Stato e della sua ideologia, è facile cedere alla rassegnazione totale. Quando strepitano le trombe della guerra e del massacro, schiacciando le lotte per la libertà per far largo alla contesa tra due poteri che cercano di imporsi, è facile pensare che tutto è perduto. Quando i bombardamenti mediatici martellano il messaggio dell’ordine, spingendo ai margini ogni grido di rifiuto e di ribellione, è facile smettere di pensare da soli e farsi trascinare dal flusso sanguinario.

Eppure… Nell'ultima settimana lo Stato ha cercato una totale adesione ai suoi valori, minacciando di brutale repressione chi non si fosse conformato. Di fronte alla cancrena jihadista che ha divorato, prima di ogni altra cosa, i rivoluzionari in tanti paesi del mondo (Egitto, Siria, Libia) – rivoluzionari coraggiosamente insorti contro i regimi in carica e per la libertà, e che tutti gli Stati del mondo intero hanno preferito veder massacrare dalle bombe statali o trucidare dalle esecuzioni jihadiste – ha tentato di affermare il trionfo della sua visione del mondo: un mondo agghiacciante di sfruttamento capitalista e di oppressione statale. Ed ora vorrebbe decretare che l'unica guerra a cui tutti sono chiamati a partecipare è quella che sta conducendo coi concorrenti islamisti, cercando di soffocare la sola guerra che noi, rivoluzionari contrari ad ogni potere, statale o religioso che sia, siamo pronti a condurre: la guerra sociale contro gli oppressori e gli sfruttatori. E lo Stato coglie l'occasione per rafforzare il proprio arsenale repressivo.

Brancolare nel buio

Brulotti

Brancolare nel buio

«Io credo che quando non sia possibile fidarsi dell'amicizia di un essere, 
il meno che si possa fare è considerarsi suo nemico»
Renzo Novatore
 

L’Italia è con tutta probabilità il luogo d'Europa in cui lo Stato ha negli ultimi anni sfornato la maggiore quantità di inchieste giudiziarie dirette contro coloro che desiderano farla finita con l'autorità e le sue leggi. Così – e questo anche in Spagna, Grecia, Cile, Messico – la repressione piomba puntuale su chi non accetta di vivere servo ed esorta gli altri a coltivare questo folle sogno. Ma cosa ne è della reazione dei nemici di quest'ordine? Senza la paura di ingannarsi, si può dire che essa lasci alquanto a desiderare, e ciò è dimostrato dal fatto che il vento della solidarietà rivoluzionaria, sempre più simile ad un'arma spuntata, non fa paura al potere. Troppo poco incisivo il modo in cui reagiamo alla repressione, miserabile la sopravvivenza al sempre uguale che ci domina e che non facciamo nulla per minare.
Quello della solidarietà è uno tra i tanti momenti che rischiano di diventare un vuoto galà di pacche sulle spalle e sguardi contriti. Gli autoritari con gli anarchici, gli amici della politica con i suoi nemici – nemici sì ma neanche così tanto, dopotutto non si sa mai che si debba un giorno avere bisogno perfino della solidarietà dei primi.
Che confusione, non è così? Eppure...

Distr(a)ctions

Ostrogoto [fr]

Distr(a)ctions

« L’inconscient se venge la nuit. »
Louis Scutenaire
 
Bruxelles, la capitale de l’Europe, est une ville sous état de siège. Les soldats —mitraillettes en joue et doigt sur la gâchette— y patrouillent jour et nuit.
A partir de maintenant, quiconque est animé de mauvaises intentions, et pas seulement celles qui exhortent à la guerre sainte, doit apprendre à marcher dans les rues en rasant les murs et la tête baissée. La vie du centre de ce pays, qui est aussi celui du centre politique du vieux continent, doit s’écouler de manière tranquille, normalisée, pacifiée. C’est le but de toute surveillance, le sens même de la paix sociale : rien ne doit se passer.

Distr(a)zioni

Intempestivi

Distr(a)zioni

«L'inconscio si vendica di notte»
Louis Scutenaire
 
 
Bruxelles, la capitale d'Europa, è una città sotto assedio. I soldati — mitra spianati, dito sul grilletto — la pattugliano giorno e notte.
D'ora in poi chiunque sia animato da cattive intenzioni, non solo da quelle inneggianti alla guerra santa, deve imparare a camminare per le strade rasentando i muri a testa bassa.
La vita nel centro di questo paese, che è anche il centro politico del vecchio continente, deve scorrere in maniera tranquilla, normalizzata, pacificata. È l'obiettivo di ogni sorveglianza, il senso stesso della pace sociale: nulla deve accadere.

Stramonio 2

Papiri

Stramonio 2

Naturalmente refrattari a vendere l'anima alla società e alle sue leggi, siamo come schiavi annoiati, in balìa di una quotidianità di rassegnazione e asservimento.
Nauseati all'idea di rinunciare a vivere, scriviamo Stramonio. Chissà che questo non possa condurci ad incrociare il passo di altri individui desiderosi di rivoltarsi a questa asfissiante realtà.
Lungi dall'intento di voler guardare il mondo attraverso le sporche lenti della morale, al di là del giusto e dell'ingiusto, intendiamo cogliere il senso di ciò che abbraccia l'eresia e rifiuta ogni consuetudine, di movimento o meno.
Vedere in frantumi l'ordine sociale davanti ai propri occhi potrebbe voler dire scomparire. Ne siamo consapevoli, memori della bellezza che da ciò potrebbe scaturire.
 
Noi vogliamo esser liberi
far trionfare i nostri desideri
per questo viviamo.
 
Né la forza della “ragione”, né quella delle armi riusciranno mai a ridurre questa tensione.
 
 
[novembre 2015]

La guerra è la salute dello Stato

Contropelo

La guerra è la salute dello Stato

Randolph Bourne

Nel momento in cui la guerra è dichiarata, tuttavia, la massa del popolo, attraverso una qualche alchimia spirituale, si persuade di aver voluto e compiuto l’atto in prima persona. Essa quindi, con l’eccezione di pochi scontenti, procede permettendo di essere irregimentata, coartata, sconvolta in tutti gli ambiti della sua vita, e fatta diventare un solido strumento di distruzione nei confronti di qualunque popolo sia entrato, nello schema di cose indicato, entro il raggio della disapprovazione del Governo. Il cittadino getta via il suo disprezzo e la sua indifferenza nei confronti del Governo, si identifica con i suoi scopi, ravviva tutte le sue memorie e i suoi simboli militari, e lo Stato, una volta di più, cammina, augusta presenza, attraverso l’immaginario degli uomini. Il patriottismo diventa il sentimento dominante e produce immediatamente quella confusione intensa e disperata tra le relazioni che l’individuo ha e dovrebbe avere con la società di cui è parte.
Lo Stato è il Paese che agisce come unità politica, è il gruppo che agisce come depositario della forza, autore della legge, arbitro della giustizia. La politica internazionale è una «politica di potenza» perché si tratta di relazioni tra Stati; ed è proprio questo che sono gli Stati, infallibilmente e disastrosamente: vaste aggregazioni di forza umana e industriale che possono essere slanciate l’una contro l’altra in guerra.
Quando un paese agisce come un insieme in rapporto con un altro paese, sia imponendo leggi sui propri abitanti, sia coartando e punendo individui o minoranze, sta agendo come uno Stato.