Dawa ovunque contro la maxi-prigione!

Fuoriporta

Dawa ovunque contro la maxi-prigione!

Al momento dell’avvio dei lavori, lo Stato resta sempre determinato a realizzare il suo progetto della maxi-prigione. Esso agita lo spettro della repressione contro chi lotta. Ha bisogno di difendere questo investimento gigantesco, parte di un piano ancora più vasto di una decina di nuove galere.
Il suo obiettivo è chiaro: rinchiudere sempre più persone per sempre più tempo.
E queste misure non sono riservate ai soli prigionieri di dentro. Anche fuori, il giro di vite si generalizza: con condizioni di sopravvivenza sempre più dure, migliaia di persone espulse dal mondo del lavoro, nuove uniformi che pullulano, telecamere di sorveglianza a tutti gli angoli delle strade… La maxi-prigione è solo la ciliegina sulla torta.

Viva la Muerte!

Brulotti

Viva la Muerte!

È noto come uno dei vezzi delle avanguardie storiche francesi sia stato quello di spruzzarsi addosso il profumo del crimine. Da bravi artisti con aspirazioni radicali e desiderosi di fuggire dall'estetismo, molti loro esponenti non esitavano ad esprimere pubblicamente la propria ammirazione nei confronti di chi spargeva sangue. L'esempio più celebre rimane la descrizione di Breton dell'«azione surrealista più semplice», quella consistente «rivoltella in mano, nell'uscire in strada e sparare a caso, finché si può, tra la folla». Era il 1930 ed i surrealisti — nonostante questo slancio verbale favorevole ad una violenza indiscriminata, frutto del «desiderio di farla finita a questo modo col piccolo sistema di mortificazione e d'incretinimento oggi in vigore» — si distingueranno per prendere le difese di anarchiche che avevano abbattuto politici reazionari, figlie che avevano avvelenato il padre incestuoso, cameriere che avevano liquidato i loro padroni, nonché mostri alla Landru.
Ma a differenza dei surrealisti e dei situazionisti, affascinati da un Lacenaire drappeggiato di romanticismo, oggi chi pensa di superare i loro passi nel frusto giochetto della provocazione d'avanguardia ha ben altri punti di riferimento. Il tono lo lanciarono anni fa i redattori della rivista...

Du dawa partout contre la maxi-prison !

Ostrogoto [fr]

Du dawa partout contre la maxi-prison !

A l’heure du début des travaux, l’Etat reste toujours bien décidé à réaliser son projet de maxi-prison. Il agite le spectre de la répression contre celles et ceux qui luttent. Il faut bien qu’il défende cet investissement gigantesque, faisant partie d’un plan plus grand encore d’une dizaine de nouvelles taules.
Son objectif est clair : enfermer toujours plus de gens pour toujours plus longtemps.
 

Vittoria di Abaaoud?

Intempestivi

Vittoria di Abaaoud?

«E non sarebbe la prima volta che chi viene sconfitto militarmente riesce a sconfiggere politicamente i vincitori... Una dottrina dell'umanità, del mondo, una religione per raggiungere la potenza economica e militare. A poco a poco, anche noi stiamo percorrendo quella strada. Chiediamo una mistica, quale che sia, purché serva il potere, una mistica che sappia ottenere l'adesione di tutti i cuori francesi, che li faccia agire con entusiasmo, guidandoli al sacrificio nell'esaltazione»
J. Ellul, Vittoria di Hitler? (1945)
 
Queste parole hanno riacquistato nuovamente senso ed attualità – ammesso che le abbiano mai perdute – alla luce delle misure già prese o al vaglio dei governi francesi e belgi per arginare la minaccia jihadista che, partita da Bruxelles, ha fatto strage a Parigi lo scorso 13 novembre. Settant'anni fa il filosofo francese notava come Hitler fosse riuscito a portare i propri avversari sul suo stesso terreno, costringendoli a ricorrere ai suoi stessi mezzi: massacro di popolazioni civili, disprezzo per la vita umana, soppressione della libertà, mito come strumento politico, delega allo Stato di ogni decisione riguardante la vita di tutti.

Le cronache ci dicono che anche Abdelhamid Abaaoud è stato sconfitto, abbattuto dalle pallottole delle squadre speciali della polizia francese.

Larmes sélectives

Ostrogoto [fr]

Larmes sélectives

Beaucoup de monde est descendu dans la rue, dimanche 15 novembre, pour exprimer sa solidarité avec la France, choqués par la furie terroriste des fondamentalistes islamistes, et Lecce n’a pas fait exception, avec plusieurs centaines de personnes lors d’une manifestation organisée par le PD (Parti démocrate, au pouvoir), la plupart des syndicats et des conseils municipaux. Entourés de gens sensibles, les organisateurs n’auront pas manqué de condamner le massacre et de s’émouvoir sur les victimes, ce qui aurait pu être digne, si ce n’est qu’ils avaient perdu de vue quelque chose : que pour eux, les morts ne sont pas tous égaux.

Di fronte alla guerra e allo stato d’assedio

Fuoriporta

Di fronte alla guerra e allo stato d’assedio: rompiamo le righe

Stato d’assedio a Bruxelles. Centinaia di militari appostati nella via, migliaia di poliziotti pattugliano le strade della capitale europea. Scuole e università sono chiuse, la rete dei trasporti è quasi paralizzata. Le strade sono sempre più deserte, la paura contagia. I controlli nelle vie si moltiplicano e avvengono col mitra alla tempia. Se lo spazio è stato saturato dalle forze di polizia, anche le menti lo sembrano. E forse ancor peggio.
Sembrano finiti i tempi in cui gli Stati europei potevano far la guerra altrove nel mondo con attacchi aerei, occupazioni, aperture di nuovi mercati, sfruttamento selvaggio e saccheggio delle risorse, preservando i propri territori da atti di guerra per quanto non proprio simili, in ogni caso con la stessa logica. La guerra ha colpito il cuore della capitale francese, e non svanirà furtivamente. E ogni logica di guerra raccomanda di colpire nel mucchio. Come fanno gli Stati fin dalla loro esistenza, contro i propri sudditi e contro i sudditi di altri Stati. Come hanno fatto e fanno tutti coloro che aspirano a conquistare il potere, a imporre il proprio dominio. Che sia islamico o repubblicano, democratico o dittatoriale. Perché il dominio si insedia calpestando la libertà, la libertà di ciascun individuo. Autorità e libertà si escludono reciprocamente.
Alla guerra come alla guerra, quindi.

Lacrime selettive

Intempestivi

Lacrime selettive

Tanta gente si è riversata per le strade, la domenica del 15 novembre, per esprimere solidarietà alla Francia, scioccata dalla furia terroristica di fondamentalisti islamici, e Lecce non ha fatto eccezione, portando in piazza alcune centinaia di persone in una manifestazione organizzata dal PD, dai maggiori sindacati e dalle amministrazioni comunali. Circondati da gente sensibile, gli organizzatori non avranno mancato di condannare la strage e commuoversi per le vittime, tutte cose degne se non fosse che hanno perso di vista un fatto. Che i morti, per loro, non sono tutti uguali.

Contro la guerra, contro la pace: a fuoco i progetti del potere!

Brulotti

Contro la guerra, contro la pace: a fuoco i progetti del potere!

Siamo in tempo di pace? Ufficialmente, sì. Ma ormai è da tempo che l'espressione stessa «dichiarare guerra» è diventata obsoleta. Le guerre contemporanee non vengono più «dichiarate», fanno parte della quotidianità della gestione degli Stati e delle varie potenze. Così sono state dotate di nuovi aggettivi, gli uni più ingannevoli degli altri. Operazioni umanitarie. Missioni di pace. Operazioni anti-pirateria. Colpi chirurgici. Neutralizzazioni mirate. Protezione delle frontiere. Lotta anti-terrorismo. Per cui oggi sarebbe più giusto parlare di «guerra permanente».
Per parlare ancora di pace, bisogna proprio essere ciechi come un giornalista. La guerra non è soltanto questione di massacri e di omicidi su scala industriale. Essa richiede una «mobilitazione permanente» della popolazione per difendere gli interessi del potere in carica.

Ordinanze di classe

Brulotti

Ordinanze di classe

UNA VIA QUALUNQUE DI UNA CITTÀ QUALSIASI. Negozi di stranieri poveri aperti fino a notte, consentono ad altri poveri – italiani e stranieri – di bere e mangiare a pochi soldi. Una ordinanza comunale vieta ora la vendita di alcolici la sera, col pretesto di qualche rissa avvenuta in passato. A far rispettare la legge, una pattuglia di vigili urbani occhiuti, intervengono a verificare se la ragazzina di turno abbia acquistato birra o chinotto. La differenza è fondamentale. Un check-point in piena regola, che chiarisce bene come il controllo democratico sia solo la prosecuzione del controllo totalitario con altri mezzi. Se nel Cile di Pinochet c’erano i carri armati agli angoli delle strade, a caccia di oppositori e sovversivi, nell’Italia di Renzi ci sono i vigili e la polizia agli angoli delle strade, a caccia del grado alcolico. Se una volta per essere sospetti necessitava avere desideri di rivolta, oggi basta semplicemente avere desiderio di birra. La tolleranza è diminuita, aumentano controllo e repressione.

Stragi di parole

Brulotti

Stragi di parole

Anche le parole sono scese in guerra dopo venerdì 13 novembre. A cominciare da quella che designa il nemico. Chi è stato a massacrare civili inermi a Parigi? In Francia non hanno dubbi: il nome per indicare i guerrieri del Califfato è Daesh. In altre parti del mondo, Italia compresa, (essendo la sudditanza linguistica riflesso di quella politica ed economica) si preferisce usare l'anglofono Isis. La disputa non ruota tanto sulla traduzione letterale del nome arabo Al Dawla Al Islamiya fi al Iraq wa al Sham, quanto sul significato che essa si trascina con sé. Daesh è un acronimo derivato dal nome arabo, Isis è un acronimo della sua traduzione inglese. Il primo suona incomprensibile ed è noto che risulta intollerabile a coloro che indica, forse per via della sua assonanza con un altro termine arabo che significa «seminatori di discordia»; il secondo è facilmente comprensibile da tutti ma risulta imbarazzante per chi non vuole abbinare il concetto di Stato (e/o di Islam) a quello di terrore.

Coscienza o Legge

Brulotti

Coscienza o Legge

C'è un filo che unisce le stragi che saltuariamente avvengono nei campus degli Stati Uniti e quella appena compiuta a Parigi. Come è noto il tiro a segno sugli studenti americani è una pratica nient’affatto rara in quel civile paese, e la sua responsabilità principale viene fatta ricadere sulla libera vendita di armi. L'attuale inquilino della Casa Bianca pare ne sia ossessionato, vorrebbe sopprimere l'attuale permissività legislativa in materia ma si trova con le mani bloccate dalla potentissima lobby delle armi. Ad ogni eccidio universitario, ad ogni conta dei morti, si riaccendono le polemiche. Quando qualsiasi ragazzo pieno di ormoni e privo di neuroni può procurarsi fucili d'assalto al supermercato sotto casa, è ovvio che ne farà un qualche uso.
La strage avvenuta a Parigi, invece, viene in soccorso della tesi opposta. È necessario che tutti girino armati e siano pronti a fare fuoco. Tre individui invasati da Dio ed imbottiti di anfetamine e quant’altro non avrebbero mai potuto ammazzare quasi cento persone se queste non fossero state indifese e terrorizzate, terrorizzate proprio perché indifese. Ma poiché è lo Stato a detenere il monopolio della forza, si tratta di una ipotesi che non viene presa in considerazione. Quando c'è qualche pericolo grave, ci viene insegnato, si chiama la polizia che lo risolve! Ma certo, certo. I soldati di Allah sono entrati nel Bataclan verso le 21.40 e un'ora dopo circa un ostaggio disperato supplicava tramite smartphone: «Che diano al più presto l'assalto... abbattono tutti, uno ad uno... in fretta!». Per tranquillizzarlo, i soldati della Repubblica hanno iniziato l'irruzione a mezzanotte e mezza. Ciò significa che la mattanza all'interno del locale è durata indisturbata per quasi tre ore.

To war, everyone

Ostrogoto [en]

To war, everyone

In 1997, the Hollywood film industry brought out a movie that imagined a dramatic terrorist attack in New York in revenge for the death of loved ones during one of the many civil wars fomented by Western governments (in this case, that of Bosnia Herzegovina). It was a movie made for the box office, nothing special, and would soon have slid into oblivion had it not been for the events of September four years later. With hindsight, the movie did not fail to attract the attention of certain people. And not without reason. There was a scene where the perpetrator of the attack clearly explained the reasons that had pushed him, a mature and cultivated man, to carry out such an act. There, although engraved on film of the spectacle, the reasons were anything but cinematographic. Indeed, one could imagine them pulsating in the breasts of tens and hundreds of thousands of human beings in flesh and blood scattered around the world.

Neither their War, nor their Peace!

Ostrogoto [en]

Neither their War, nor their Peace!

“We must annihilate the enemies of the Republic... and strip those who besmirch the French spirit of their nationality.” 
Manuels Valls, Prime Minister, 14th of November 2015
 
If one has to recognize a certain continuity of the French Republic, its for sure the continuity of mass murder. From the State Terror of 1793-1794 which gave birth to the word terrorism to the slaughter of the insurgents of 1848 and those of the Commune of 1871; from the colonisation or the deportation of Jews made possible by prior screening and filing to the massacres of Algerian demonstrators in 1961 in the heart of Paris, all French Republics have massacred without counting so that the powerful might continue to dominate and exploit everyone. The French Republic is a mountain of corpses of which the filth that composes the summit has only be able to stay in place by crushing its true enemies, the rebels and revolutionaries who fought for a world of justice and freedom. The “French spirit”, if this enormous stupidity would ever exist, would be a closet filled up until the point of bursting with voices crying for vengeance against the bourgeois, the politicians, the cops, the soldiers and the priests who have trampled them to establish their power. 

Tous en guerre

Ostrogoto [fr]

Tous en guerre

En 1997, l’industrie cinématographique hollywoodienne accoucha d’un film dans lequel était imaginé le projet d’un énorme attentat terroriste à New York, une vengeance suite aux morts d’êtres chers survenus au cours d’une des nombreuses guerres civiles fomentées par des gouvernements occidentaux (et dans ce cas en Bosnie). Il s’agissait d’un film fait pour les boutiques de DVD, rien de spécial, et qui serait vite tombé dans l’oubli s’il n’y avait pas eu les événements de septembre quatre ans plus tard. Après coup, ce film n’a pas manqué d’attirer l’attention de certains. Et non sans raison. On y trouvait en effet une scène où l’auteur de l’attentat expliquait avec clarté les motifs qui l’avaient poussé, lui, homme mûr et cultivé, à accomplir un tel geste. Voilà donc, bien que gravées sur la pellicule du spectacle, ces raisons qui n’avaient rien de cinématographique. Au contraire, il était facile d’imaginer qu’elles battaient dans la poitrine de dizaines et centaines de milliers d’être humains en chair et en os à travers le monde.

In guerra, tutti quanti

Contropelo

In guerra, tutti quanti

Nel 1997 l'industria cinematografica di Hollywood sfornò un film in cui si immaginava la progettazione di un clamoroso attentato terroristico a New York, una vendetta per la morte dei propri cari avvenuta nel corso di una delle tante guerre civili (nello specifico, quella della Bosnia-Erzegovina) fomentate dai governi occidentali. Era un film fatto per i botteghini, niente di speciale, e che sarebbe presto scivolato nell'oblio se non fosse per quanto accaduto nel settembre di 4 anni dopo. Col senno del poi, quel film non ha mancato di attirare l'attenzione di qualcuno. Non a caso. Vi figurava infatti una scena in cui l'attentatore spiegava con chiarezza le ragioni che lo avevano spinto – lui, uomo maturo e colto – a compiere un simile gesto. Ecco, per quanto avvolte nella pellicola dello spettacolo, quelle ragioni non avevano nulla di cinematografico. Anzi, era facile intuire che battessero nel petto di decine e centinaia di migliaia di esseri umani in carne ed ossa sparsi per il mondo.
«Voi di fronte al mio gesto direte: "è ovvio, perché no? Sono un branco di animali. Si massacrano a vicenda da secoli". Ma la verità è... che io non sono un mostro. Sono un essere umano esattamente come voi, che vi piaccia oppure no. Per anni abbiamo cercato di convivere fino a che ci siamo trovati in guerra...

Ni de leur Guerre, Ni de leur Paix !

Ostrogoto [fr]

Ni de leur Guerre, Ni de leur Paix !

« Nous devons anéantir les ennemis de la République... et déchoir de la nationalité ceux qui bafouent ce qu’est l’âme française »
Manuels Valls, Premier ministre
14 novembre 2015
 
S’il faut reconnaître une certaine continuité à la République française, c’est bien celle des assassinats de masse. De la Terreur d’Etat de 1793-94 qui a justement donné naissance au mot terrorisme jusqu’à l’écrasement des insurgés de 1848 et de ceux de la Commune de 1871 ; de la colonisation ou la déportation des Juifs permise par des fichiers antérieurs jusqu’aux massacres de manifestants algériens en 1961 en plein coeur de Paris, toutes les Républiques françaises ont massacré sans compter pour que des puissants continuent de dominer et d’exploiter tout le monde. La République française est une montagne de cadavres dont l’ordure qui en constitue le sommet n’a pu se maintenir en place qu’en écrasant ses véritables ennemis, les révoltés et les révolutionnaires qui se sont battus pour un monde de justice et de liberté. L’ « âme française », si cette connerie sans nom pouvait jamais exister, serait un placard bourré à craquer de voix criant vengeance contre les bourgeois, les politiciens, les flics, les militaires et les curés qui les ont piétinées pour asseoir leur pouvoir.

Né la loro guerra, né la loro pace!

Intempestivi

Né la loro guerra, né la loro pace!

«Noi dobbiamo annientare i nemici della Repubblica… e privare della nazionalità
coloro che si fanno beffe dell’anima francese»
Manuel Valls, Primo Ministro, 14 novembre 2015
 
 
Se c’è da riconoscere una qualche continuità alla Repubblica francese, è proprio quella degli omicidi di massa. Dal Terrore dello Stato del 1793-94 che ha appunto generato la parola terrorismo fino alla repressione degli insorti del 1848 e di quelli della Comune del 1871; dalla colonizzazione e la deportazione degli ebrei permessa dalle schedature precedenti fino al massacro dei manifestanti algerini nel 1961 nel cuore di Parigi, tutte le Repubbliche francesi hanno massacrato generosamente affinché i potenti continuassero a dominare e a sfruttare. La repubblica francese è una montagna di cadaveri la cui sconcezza che ne costituisce l’apice ha potuto preservarsi schiacciando i suoi veri nemici, i rivoltosi e i rivoluzionari che hanno lottato per un mondo di giustizia e di libertà. L’«anima francese», se mai questa stronzata senza nome esistesse, sarebbe un cartello rigurgitante voci che gridano vendetta contro i borghesi, i politici, gli sbirri, i militari e i preti che le hanno calpestate per affermare il proprio potere.

Chi più, chi meno

Brulotti

Chi più, chi meno

Fino a quel giorno, potevamo godere in tutta tranquillità — chi più, chi meno — dei privilegi insiti nell'essere nati e vissuti nella parte giusta del pianeta, vale a dire in occidente, dove un tetto sulla testa e un pasto caldo non è negato "quasi" a nessuno. Sì, avevamo più volte sentito dire che il nostro benessere aveva come contropartita la miseria di miliardi di altre persone. Ma queste persone — peraltro tanto diverse da noi — erano altrove, a migliaia di chilometri di distanza e, come vuole il detto, lontano dagli occhi...

Quando qualcuno di loro, affrontando terribili traversie, osava spingersi fino a noi ed allungare le mani per elemosinare (o per rubare), non dovevamo fare altro che chiudere gli occhi (o chiamare la polizia). Poi tutto tornava come prima. È vero che all'ora di pranzo, tra un boccone di carne ed un bicchiere di vino, la televisione ci metteva sotto gli occhi immagini di guerre, carestie, fame e distruzione. Ma perché rovinarsi un buon pasto, quando è così facile togliere l'audio o cambiare canale? Quanto ai giornali, bastava limitarsi a leggere le pagine dello sport e degli spettacoli. Naturalmente, non tutti hanno mostrato tanta indifferenza verso i mali del mondo.

Un accorato appello

Brulotti

Un accorato appello

«Si sa che la gente dà buoni consigli
sentendosi come Gesù nel tempio,
si sa che la gente dà buoni consigli
se non può più dare il cattivo esempio».

 

È intervenuto pubblicamente, dalle pagine dei quotidiani locali, Sergio D’Elia, presidente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino”, che si occupa di diritti dei detenuti e si batte per l’abolizione della pena di morte. Lo ha fatto a proposito della fuga di un ergastolano leccese, evaso dall’ospedale dove era stato portato per essere sottoposto ad un esame, dopo aver sottratto la pistola di ordinanza ad uno degli agenti della scorta ed essersi aperto la strada sparando. Lo ha incitato a lasciare l’arma e consegnarsi, garantendo che la sua associazione si farà carico affinché i suoi diritti di detenuto vengano riconosciuti e tutelati.

Il significato del sabotaggio

Brulotti

Il significato del sabotaggio

George Orwell

Ho da poco fatto una chiacchierata sulla politica della terra bruciata che ha un ruolo di primo piano in questa guerra; il che mi porta in modo del tutto naturale a parlarvi del sabotaggio. Il sabotaggio è la tattica delle popolazioni sottomesse all'occupazione straniera, proprio come la terra bruciata è la tattica di un esercito in ritirata. Un breve accenno all'etimologia di questo termine permetterà di cogliere meglio i relativi meccanismi.
Tutti hanno sentito parlare di sabotaggio. È una di quelle parole introdotte in tutte le lingue; ma la maggior parte delle persone che la usano ne ignorano l'origine. Si tratta di fatto di un vocabolo francese. Nel nord della Francia così come nelle Fiandre, contadini e operai portavano pesanti zoccoli di legno chiamati sabot. Ormai da parecchio tempo alcuni lavoratori in rivolta contro i loro padroni hanno cominciato ad introdurre i propri sabot negli ingranaggi di una macchina in funzione causando gravi danni. Questa iniziativa nociva è stata chiamata sabotaggio. Da allora in tutto il mondo questo termine indica ogni atto compiuto in maniera deliberata col fine di danneggiare il materiale e di conseguenza mettere le imprese in condizioni di non poter funzionare.

Una paralisi della coscienza

Brulotti

Una paralisi della coscienza

Georges Bernanos

Milioni di persone nel mondo appaiono vittime della propaganda, allorché ne sono complici. Credono a tutto per lo stesso motivo per cui non credono a niente. Se andate a fondo della loro apparente credulità, troverete che essa è solo una forma di rifiuto di giudicare, che soffrono di una paralisi della coscienza. Quando a costo di grandi sforzi riuscirete a risvegliare un attimo di sensibilità in questo organo, esse accettano così facilmente di essere state abbindolate che non si potrebbe mettere in dubbio il fatto che siano state delle vittime volontarie. Vi dicono: "Allora! Cosa? Che volete? Tutto va bene pur di finire la guerra".

Monello

Brulotti

Monello

Una mail con solo un link ad un quotidiano parmense dei primi giorni di ottobre. Un clic e davanti ai nostri occhi è comparsa la notizia della scomparsa di «un nome noto in città», «un ex partigiano», «un anarchico». Si chiamava Giovanni Boni, ma tutti lo conoscevano come Monello. Abbiamo letto quelle righe con tristezza, ma senza troppa commozione. Sapevamo bene che quanto sostenuto nell'articolo era falso. La morte, avvenuta un mese fa, di un vecchio di 88 anni è un lutto che non ha colpito nemmeno i suoi familiari, i quali non vedevano l'ora di liberarsi di quella ingombrante presenza. Ma il Monello, lui, era da parecchio tempo che se n'era andato.

Je/ne/fais/que/mon/travail

Ostrogoto [fr]

Je/ne/fais/que/mon/travail

« Je puis dire que, conformément à mon serment, j’ai obéi aux ordres que l’on m’a donnés; j’ajoute que durant les premières années, je n’ai eu aucun complexe ni conflit intérieur. J’étais assis devant ma machine à écrire et je faisais mon travail. » 
 

Aucun pouvoir ne pourrait exister s’il n’opprimait pas. Ou mieux formulé, tout pouvoir doit opprimer. C’est dans son essence même d’écraser la liberté de l’homme. Pourtant, ses rouages ne sont pas uniquement composés d’assassins et de dictateurs, de tortionnaires et de militaires. Si l’on convient que la prison, au-delà de toute fonction qu’on pourrait l’attribuer, est un lieu de souffrance où le pouvoir fait peser son plein poids sur l’individu enfermé (personne, même pas le plus tyrannique, ne peut prétendre que la liberté et la dignité de l’homme restent actives à l’intérieur d’une cellule), on doit logiquement la ranger parmi toutes les horreurs très visibles du pouvoir.

Faccio/solo/il/mio/lavoro

Brulotti

Faccio/solo/il/mio/lavoro

«Posso affermare che, in conformità col mio giuramento, ho obbedito agli ordini che mi sono stati impartiti; aggiungo che nei primi anni non ho avuto nessun complesso o conflitto interiore. Stavo seduto davanti alla mia macchina da scrivere e facevo il mio lavoro»
 

Nessun potere potrebbe esistere senza opprimere. O, per meglio dire, ogni potere deve opprimere. È nella sua stessa essenza schiacciare la libertà dell’uomo. Tuttavia i suoi ingranaggi non sono composti unicamente da assassini e dittatori, da torturatori e militari. Se conveniamo che il carcere, al di là di qualsiasi funzione si possa attribuirgli, è un luogo di sofferenza in cui il potere fa gravare il suo consistente peso sull’individuo recluso (nessuno, neanche l’essere più tirannico, può pretendere che la libertà e la dignità dell’uomo restino attive all’interno di una cella), dobbiamo logicamente annoverarlo tra gli orrori più visibili del potere.
È l’apparato repressivo dello Stato: esercito, polizia, frontiera, prigione.
Ma se riconosciamo il soldato che esegue gli ordini andando ad uccidere nella sua divisa, gli altri ingranaggi del potere non si distinguono necessariamente se indossano il color cachi dell’assassino professionista o il blu scuro del difensore dell’ordine statale.