Nessuna legittimazione

Contropelo

Nessuna legittimazione

Quale sia il punto, non è difficile capirlo. Questi ultimi anni hanno visto un moltiplicarsi di conflitti ed è facile prevedere che le aule dei tribunali siano destinate ad affollarsi sempre più di persone incriminate – anche nonostante le loro migliori intenzioni – per aver manifestato contro questa o quella decisione presa dall'alto, per aver infranto in qualche misura questa o quella legge. La repressione che sta colpendo la lotta NoTav in Val Susa – con alcune centinaia di imputati e migliaia di indagati fra i suoi attivisti, per non parlare dell'offensiva mediatica lanciata loro contro – costituisce un lugubre avvertimento ad uso e consumo di tutti gli insoddisfatti dell'attuale ordine sociale; siano essi lavoratori licenziati o studenti deprezzati, precari sfruttati o occupanti sgomberati, cittadini avvelenati o inquilini sfrattati.
Più aumenta il disagio, più si manifestano turbolenze, più aumenta la repressione. Ciò pone ovviamente la questione di come affrontare la reazione dello Stato, al di là del ricorso ai margini di manovra consentiti dalla legge.

Il popolo si diverte

Brulotti

Il popolo si diverte

Albert Libertad

L'operaio esce dalla fabbrica appestante. È l'ora della liberazione. Dopo il duro lavoro, un po' di riposo.
Esce, probabilmente stanco, scoraggiato, col cuore pieno di odio contro chi lo tiene così rinchiuso per ore pur di assicurarsi il lusso.
Ma dove dirige i suoi passi? Esce, va, corre verso i chioschi di giornali. Un sorriso di soddisfazione mi sale sulle labbra, egli è stanco, ma ha ancora nel cuore tenace la fierezza umana: va là a cercare l'opuscolo, lo scritto dalle parole rivendicatrici, al fine di entrare in comunione di idee con tutti coloro che soffrono, coi fratelli di miseria, con gli sfruttati di tutti i mondi.

Rivoluzione o dittatura

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Rivoluzione sociale o dittatura militare

André Prudhommeaux

I nostri tiranni si atteggiano a liberatori. La parola «libertà» non ha dunque perduto il suo valore emotivo, nonostante le scrollate di spalle degli scettici, le vuote dichiarazioni dei retori e malgrado tutti i delitti liberticidi commessi, fino sui suoi altari in onore della dea. Gli stessi che si sono vantati di farla finita con questa «grue metafisica», di torcere il collo a questa «sgualdrina grondante sangue» o perfino di «calpestare il suo cadavere putrefatto» sono ben felici, quando l'occasione si presenta, di chiamarla alla riscossa, o per lo meno di agitare a loro volta, per i bisogni della loro cattiva causa, il suo grande nome religioso, «libertà nazionale», «libertà di Stato», «libertà di culto», «libertà di lavoro», «libertà dei mari»; «libertà» di pensare in mucchio, «libertà di sfruttare», «libertà d'opprimere», e per conseguenza «libertà» di non essere liberi (perché la bestia è schiava del gregge e il padrone è prigioniero dello schiavo)!... qual magnifico programma per un partito, per tutti i partiti, per i partiti delle libertà, che tutte si riassumono così bene nel motto: «piazza libertà» cioè «levati di là perché mi ci metta io».
Ma la nostra libertà, la libertà di essere diversi? E la vera, la grande, quella che trova nella «libertà» degli altri la sua conferma, la sua estensione, non il suo limite? Chi la difenderà?

La guerra che viene

Brulotti

La guerra che viene

Max Sartin

L'ideale e il privilegio, la moltitudine diseredata e la minoranza dominante, la Rivoluzione e l'Ordine costituito, l'Anarchia e lo Stato, battono vie diverse, e quando s'incontrano «sangue umano stilla»: il sangue della ribellione o il sangue della persecuzione.
Cerchiamo pure un atteggiamento attivista che ci permetta di «marciare senza dubbi, senza incertezze, senza sopprimerci e senza tradire»; ma sappiamo fin da ora che, se tale atteggiamento non può essere pacifista, non può neanche essere belligerante a fianco e sotto le insegne dell'uno o dell'altro dei blocchi guerreggianti.
Belligeranti, sì, ma contro tutti i governi, contro tutti gli imperialismi, contro tutta la borghesia dominante.

Inutili cerimonie

Intempestivi

Inutili cerimonie

 
«E i padroni stessi ammettono che, se un servitore viene quando è chiamato, basta»
Jonathan Swift
 
 
No, non viene più, ma basta lo stesso. In fondo andare è una perdita di tempo, le istruzioni alla servitù vengono diffuse in tutte le stanze dell'edificio sociale attraverso enormi amplificatori. Sono sempre le stesse, giorno dopo giorno, immutabili, mandate ormai a memoria. Allora, a cosa servono gli appelli ufficiali per inutili cerimonie? A nulla e lo sanno bene tutti, servitori e padroni.

A dimostrarlo è una curiosa concomitanza di fatti appena accaduti. Il giorno in cui sono stati resi pubblici i dati sulle elezioni regionali in Sardegna è anche il giorno in cui è stato nominato il nuovo capo del governo.

Rabble-rousers

Ostrogoto [en]

Rabble-rousers

One of the more grim collateral effects of the “turn” undertaken by a part of the anarchist movement over the last few years – leaving behind the absolute rejection of the existent in favour of a more pragmatic and realistic possibilism – was on other fronts mirrored by an allergy towards any kind of social struggle. In many cases it was sufficient to just mention the words social struggle in order to upset and irritate quite a few comrades, who nowadays immediately link it to citizenist begging in search of popular consensus, which is increasingly willing to compromise.
As if the intervention into social struggles could be conceived only by hiding ones own rebellious thoughts in order to show off one that is more pleasing and reformist, as if the search of accomplices in such a context would necessarily materialize in the most embarrassing groveling for alliances.

Archipelago

Ostrogoto [en]

Archipelago

Affinity, informal organization and insurrectional projects

Why should we come back to questions about affinity and informal organization? Certainly not because we are lacking attempts to explore and deepen these aspects of anarchism, because yesterday's discussion, like today's, have partially been inspired by them, and also not because there is a lack of texts – true, most of the time in other languages – that approach these questions perhaps in a more dynamic manner. However, without a doubt, certain concepts require a permanent analytical and critical effort, if they don't want to loose their meaning by being all-too-often used and repeated.

Derive d'avanguardia

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Derive d'avanguardia

Barthélémy Schwartz

L’avanguardismo artistico-radicale, vissuto sotto una forma caricaturale e grottesca dai lettristi, è presente fin dai primi giorni dell’internazionale situazionista e dà un proprio tono alle attività del collettivo fino ai primi anni 60. Durante questo periodo, i situazionisti esplorano i limiti di una posizione avanguardista nella cultura (sistematizzata da Constant e dall’urbanismo unitario), in un’epoca in cui il capitalismo ha ritrovato una crescita economica ed è cambiato nella forma (capitalismo ad economia mista); ma esplorano anche il superamento di questa posizione avanguardista scoprendo le correnti non autoritarie della critica sociale, come Socialisme ou Barbarie (itinerario di Debord, Vaneigem, eccetera). È questo il periodo che viene qui affrontato.
Se è vero che il comportamento sociale è legato all'ambiente circostante, bisogna modificare quest'ultimo per intervenire sull'affettività degli individui. Così si costruisce in maniera deliberata una situazione sociale. Ma nel maggio '68 sarà il movimento sociale a creare la situazione, non certo l'avanguardia.

Marx e lo Stato

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Marx e lo Stato

André Prudhommeaux

La concezione marxista dello Stato, per il suo fondamento d'osservazione e per le idee che accoglie, appartiene ad un momento storico e ad un dominio geografico ben determinato: l'Inghilterra del XIX secolo.
Per spiegare e chiarire le lotte politiche che Marx, emigrato a Londra, aveva sotto gli occhi (lotte tra proprietari terrieri e capitalisti, o capitalisti ed operai; pro o contro il suffragio universale, o le tariffe doganali sul grano) questa teoria poteva anche essere sufficiente. Poteva, in una certa misura, applicarsi alla monarchia censitaire di Luigi Filippo, ma non all'analisi delle grandi rivoluzioni e contro-rivoluzioni francesi del 1489-1815, analisi che Marx non ha mai tentato.
Quanto alla descrizione dei rapporti di potere in seno alla Francia del Secondo Impero, della Germania di Bismarck, e della Russia Zarista, in Marx non era che frammentaria e in completa contraddizione con la sua teoria centrale. Lo stesso è per l'interpretazione – molto meno marxista che bakuninista – che Marx ha dato della Comune, come forma di organizzazione rivoluzionaria.

La Bomba

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La Bomba

Dwight Macdonald

Ad averci spaventati è stata innanzitutto la sua esplosione. «Il TNT è appena due volte più potente di quanto lo fosse la polvere nera sei secoli fa. La Seconda Guerra mondiale ha visto una produzione di esplosivi sessanta per cento più potenti del TNT. La bomba atomica è 12.000 volte più potente del migliore TNT. Centoventitré aerei, tutti caricati con una sola bomba atomica, rappresenterebbero una potenza distruttiva pari alla totalità delle bombe (2.453.595 tonnellate) sganciate dagli Alleati sull'Europa durante questa guerra». Ma pian piano è apparso chiaro che il vero orrore della Bomba non sta nella sua esplosione bensì nella sua radioattività. La scissione dell'atomo sprigiona ogni genere di sostanze radioattive, la cui potenza è deducibile dal fatto che nella fabbrica che ha prodotto la bomba ad Hanford l'acqua utilizzata per raffreddare il «reattore» (la struttura composta dall'uranio e dalle altre sostanze la cui interazione provoca l'esplosione) è esposta a una quantità di radiazioni sufficiente da «riscaldare in modo considerevole il fiume Columbia».

Rabelais

Autopsia

Il pensiero libertario di Rabelais

Hem Day

Non bisogna cercare di scoprire nell'opera di Rabelais ciò che non vi è ed ancor meno non bisogna cercare di far dire a Rabelais quello che non ha mai detto e scritto.
Ciascuno ricordi il prologo di Gargantua:
«Bisogna aprire il libro e pensare attentamente ciò che vi è raccontato. Allora voi conoscerete che la droga che vi è racchiusa ha un valore ben diverso di quello che la scatola prometteva: cioè che la materia che vi è trattata non è così leggera come il titolo pretendeva».
Se per esaltare questo grande uomo, si dovesse piegare il suo pensiero agli imperativi di una dottrina sociale, filosofica od etica – fosse pur essa anarchica – sarebbe meglio rinunciarvi subito, perché si commetterebbe la peggiore aberrazione e l'insulto che si farebbe a Rabelais ricadrebbe immancabilmente sul nostro ideale al quale renderemmo il peggiore dei servizi.
Per questo io cercherò di estrarre da questa sostanziale materia, tutto quello che può arricchire le nostre idee, tutto quello che può risvegliare risonanze amiche e fraterne con il nostro pensiero anarchico, eternamente sveglio ed alla ricerca costante di tutto ciò che può vivificarlo ed abbellirlo.

Al di là della Fede

Brulotti

Al di là della Fede

Auro d'Arcola

La fede, una fede: ecco il pregiudizio.
F.T. Marinetti ed i suoi amici futuristi non sanno concepire l'individualismo anarchico senza una fede. Io all'opposto trovo, dimostro assurdo ed insussistibile l'individualismo anarchico con una fede.
Che significa fede? Credenza?
Credenza in una Patria, in una Società, in un diavolo, in un dio, in un avvenire; in tutto ciò, insomma, che non è, e che mai sarà per la stessa ragion d'esistere della fede. La fede è quindi ciò che si vorrebbe essere e non ciò che si è, e ciò che si potrà essere.

Il Re dei Mendicanti

Miraggi

La ballata del Re dei Mendicanti

Jean Richepin

Dallo zolfo all'acqua santa. A modo suo è stata una parabola caratteristica quella compiuta da Jean Richepin (1849-1926), poeta e scrittore francese del tutto sconosciuto qui in Italia. Quando era un giovane scalmanato, assiduo frequentatore dell'umanità marginale del Quartiere Latino della capitale, Richepin si fece poeta degli straccioni, dei vagabondi, delle prostitute, dei tagliagola. Il suo esordio fu La chanson des gueux, opera apparsa nel 1876 che gli valse 500 franchi di multa e una condanna ad un mese di prigione per oltraggio al pudore. Ne seguirono altre, scandalose, violente, blasfeme, scagliate contro l'ordine sociale. Per alcuni anni Richepin fece il guastatore nel bel mondo delle lettere e in quello della militanza politica più pacata e ragionevole. Ma come tanti altri poeti e sovversivi, i suoi eccessi giovanili non fecero altro che aprirgli la strada verso il riconoscimento pubblico. Diventò famoso, quindi inoffensivo. Nel 1908 entrò a far parte dell'Accademia Francese, nel 1912 venne eletto sindaco di un piccolo comune. Morì da commendatore della Legione d'Onore. Allora, a cosa era servita tutta la sua ira? Come gli scrisse Léon Bloy fin dal 1877, «L'applauso, l'ignobile schiaffo del pubblico imbecille, ecco il pane quotidiano che occorre alla vostra anima fiera». Ma poiché la sola fierezza è nella rivolta, di Jean Richepin è meglio ricordare solo i versi dedicati alla teppa parigina.

Gradualismo catastrofico

Macchianera

Gradualismo catastrofico

George Orwell

Lo Yogi e il commissario
Arthur Koestler
Liberal Libri, Firenze, 2002

 

C'è una teoria che non è stata ancora formulata con accuratezza e nemmeno ha finora avuto un suo nome, ma che è molto largamente accettata ed è messa avanti ogni qualvolta occorra giustificare qualche azione che urta contro il senso di decenza del medio essere umano. Si potrebbe chiamarla, finché non si trovi qualche nome migliore, la teoria del Gradualismo Catastrofico. Secondo questa teoria, nulla viene mai ottenuto senza sangue, menzogne, tirannia ed ingiustizia – ma d'altra parte non ci si possono aspettare mutamenti considerevoli nemmeno dal più grande sommovimento. La storia procede necessariamente attraverso calamità, ma ciascuna età sarà cattiva quanto quella cui succede, o poco meglio. Non si deve protestare contro le epurazioni, le deportazioni, le polizie segrete e così via, perché questo è il prezzo che occorre pagare per il progresso; ma d'altra parte la «natura umana» farà sempre sì che il progresso sia lento o magari impercettibile. Se tu obietti alle dittature sei un reazionario, ma se ti aspetti che le dittature producano dei buoni risultati sei un sentimentale.

Mani sporche e guanti bianchi

Brulotti

Mani sporche e guanti bianchi

Chi l'avrebbe detto? È trascorso più di un mese da quel 9 dicembre che vide il paese in subbuglio in occasione della scadenza di lotta lanciata dal cosiddetto Movimento dei Forconi. In quei giorni, di fronte a un dibattito tutto interno ad una baldanzosa sinistra antagonista, pubblicammo un breve articolo intitolato Si va o si fischia?. Mai e poi mai avremmo pensato che quelle nostre poche righe avrebbero irritato certi anarchici al punto di spingerli a dedicarci un magnifico capitoletto, intitolato Il cielo in una stanza, di un testo apparso nei giorni scorsi su alcuni blog di movimento: Torino, 9 dicembre. Note su una comunità impossibile. Si tratta di un lungo «contributo personale», scritto però al plurale in virtù delle capriole dell'Io collettivo, che torna su quanto accaduto nel capoluogo piemontese con modesta serenità. Oltre ad una narrazione aneddotica e non ideologica dei fatti, che qui c'è proprio scritto sull'uscio che l'ideologia non è di casa, vi si formula l'ennesima peritosa analisi della «composizione di classe» presente in strada quei giorni. Così, dopo la musica propinataci dai tromboni più sinistri, il panorama viene arricchito dal suono del piffero a-n-a-r-c-h-i-c-o.