Della demagogia oratoria

Brulotti

Della demagogia oratoria

Camillo Berneri

Fénelon diceva che ad Atene tutto dipendeva dal popolo e che il popolo dipendeva dalla parola. E Hobbes definiva la democrazia l’aristocrazia degli oratori. L’uomo politico è anzitutto «oratore». L’oratore è l’artista della parola. L’uomo politico non è soltanto questo; egli è l’«attore» della parola. Plutarco ci narra che Carlo Gracco conduceva con sé nel foro un suonatore di flauto che doveva dargli il «tono» del discorso e moderarne l’impeto. Siamo ancora, con Carlo Gracco, all’arte oratoria quale la conobbe Atene che udì Demostene.
Ma l’oratore politico fa di più: agisce. Si fa attore drammatico.

Mierda sempre Comandante !

Ostrogoto [fr]

Mierda sempre Comandante !

Plusieurs jours ont maintenant passé depuis l’annonce de la mort d’un chef d’Etat étranger, malade depuis longtemps, dans un pays d’Amérique du Sud. L’info n’a surpris personne. Elle était attendue, presque annoncée. Tout comme étaient prévues les condoléances plus ou moins hypocrites de la moitié des chancelleries du monde entier, et le deuil de millions de ses compatriotes, ces sujets qui infestent la planète depuis des siècles en se serrant les coudes autour de leurs maîtres. Désirant la mort de tout Etat, la mort de ce type nous a laissé plutôt indifférents. Seul un sourire entendu -parce que la mort d’un chef de gouvernement fait toujours plaisir-, mais rien de plus.

Guardie e ladri

Intempestivi

Guardie e ladri

Durante il corteo NoTav dello scorso 23 marzo in Val Susa, alcuni manifestanti sono entrati in un esercizio commerciale di Bussoleno, hanno prelevato merci per poi uscire senza passare dalla cassa. Le hanno più semplicemente rubate. A render(ce)lo noto è il Movimento No Tav che in un suo comunicato denuncia l'episodio «molto grave», stigmatizzandolo duramente. Gli autori del furto sono paragonati per «brutalità e ignoranza» a chi occupa e devasta quella valle, essendo «arroganti» e «prepotenti» con brave persone che in tempi di crisi cercano di sopravvivere «in modo onesto», e per questo motivo vengono dichiarate – udite! udite! – persone «non gradite in questa terra e nella nostra lotta». Il Movimento No Tav intima quindi a «chi si fosse macchiato di questa infamia» di evitare in futuro di calpestare il suolo valligiano, giacché «questo episodio non rappresenta la lotta no tav, chi ha compiuto questo gesto non può definirsi no tav o portare questa bandiera. Chi ha compiuto questo gesto può solo essere allontanato dal movimento no tav».
Chi sia codesto Movimento No Tav che stila comunicati di condanna per ogni atto che rischi di gettare pubblico discredito sulla lotta No Tav presso le persone dabbene, ormai lo abbiamo appreso.

Il giusto riconoscimento

Intempestivi

Il giusto riconoscimento

Alla fine, è accaduto. Non era immaginabile che l'onore dello Stato potesse tracollare senza che nessuno dei suoi servitori alzasse la voce. Già il caso dei due marò rispediti in India è stata una vera ferita per l'orgoglio italiota. Due militari italiani, incaricati di proteggere le navi italiane, che finiscono in carcere in Asia per aver fatto il loro dovere. Cose da pazzi! E lo Stato, dov'è lo Stato? Ecco, sarà stato questo l'urlo di indignazione che ha portato in piazza a Ferrara alcuni poliziotti legati al Coisp, il Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia. Hanno fatto un presidio di protesta, ovviamente autorizzato. Non riescono ad accettare l'idea che quattro loro colleghi operativi in quella città siano stati sottoposti a misure disciplinari per aver causato la morte di Federico Aldrovandi, il 25 settembre 2005.

Neve

Intempestivi

Neve

È primavera da qualche giorno, ma non si direbbe. Piove, fa freddo, qua e là cadono persino copiosi fiocchi di neve. Eppure, sabato 23 marzo è stata una giornata di manifestazioni.
A Roma si sono radunati i sostenitori del Padre Ubu italiota, il Popolo della Libertà. Secondo gli organizzatori – si sussurra, colpiti da uveite – erano in trecentomila.
Sempre a Roma, ma anche a Milano e a Genova, si è dato appuntamento il popolo Viola, ovvero i fustigatori del Padre Ubu italiota. Una petizione che ne dichiara l'ineleggibilità ha raccolto duecentotrentamila firme, incalzano gli organizzatori.
E poi – soprattutto – c'è stata la manifestazione in Val Susa dove ha marciato il popolo NoTav. Settemila per le forze dell’ordine, ottantamila per gli organizzatori.

Non ho nessuna classe!

Brulotti

Non ho nessuna classe!

Chiedetelo ai miei amici e ve lo diranno: non ho nessuna classe... Me ne sono andato dall'università dopo qualche semestre e quella è stata la fine delle classi per me.
Ho menzionato le classi delle università perché persino i marxisti e i sindacalisti non sono abbastanza stupidi da pensare che le classi universitarie siano cose in sé o comunque esseri collettivi che possano agire da sé. Gli ideologi più ottusi capiscono che le classi universitarie sono attività, rapporti stabiliti fra individui che recitano i ruoli di professore e studente. Quando non c'è nessuno in classe a recitare questi ruoli, non c'è nessuna classe. E, dato che non sono andato in classe per anni, di certo non ho nessuna classe.

Una serie di passi

Brulotti

Una serie di passi

André Breton

Sì, a sera, verso le sette, le piace trovarsi nel metrò in uno scompartimento di seconda classe. La maggior parte dei viaggiatori sono persone che tornano dal lavoro. Si siede fra loro, cerca di sorprendere su quei volti ciò che li può preoccupare. Pensano certo a ciò che hanno lasciato fino all’indomani, solo fino all’indomani, e anche a quanto li attende la sera, motivo di distensione o di inquietudine ancora più grande. Nadja fissa qualcosa a mezz’aria: «C’è della brava gente». Turbato più di quanto non voglia apparire, questa volta mi impunto: «Ma no. E poi non è questo il problema. È gente che non può avere nulla di interessante dal momento che sopporta il lavoro, con o senza tutte le altre miserie. Che cosa li potrebbe innalzare se la rivolta non è in loro la più forte?

I morti non sono tutti uguali

Intempestivi

I morti non sono tutti uguali

Qualora ce ne fosse ancora bisogno, la vicenda dei due marò italiani pone l’accento proprio su questo aspetto: che i morti non sono tutti uguali. In particolar modo quando si tratta di morti ammazzati. In conseguenza di ciò, anche gli assassini sembrano essere diversi tra loro. Quando ad uccidere è una persona comune, questa viene definita omicida; se ad uccidere è un ribelle o un insorgente di una qualsivoglia organizzazione lo si definisce terrorista, mentre se ad ammazzare sono dei militari, si afferma che hanno svolto il loro dovere, e quando va bene li si premia con una luccicante medaglia da appuntare sulla divisa. Appare evidente che la qualità del morto sia differente di caso in caso, quasi che alcuni siano più meritevoli di vivere rispetto ad altri e, per converso, che la morte di certi abbia meno rilevanza e sia meno grave di quella di altri.
Ad avallare questa visione concorrono diversi aspetti. Uno è il monopolio della violenza che gli Stati, tutti gli Stati, pretendono di detenere saldamente nelle proprie mani, per cui la morte giusta può essere solo da essi comminata, che sia attraverso sentenze capitali o per mano dei propri legittimi rappresentati: eserciti e forze di polizia. Un altro fattore, stavolta tutto interno agli Stati, è quello della loro potenza, sia essa economica o politica, che concorre a creare una gerarchia anche per ciò che riguarda i rispettivi cittadini morti ammazzati per mano di cittadini di un altro Stato.

La repressione dell'anarchismo

Brulotti

La repressione dell'anarchismo nella Russia sovietica

Gruppo degli anarchici russi esiliati in Germania

Un giorno o l'altro, lo storico si fermerà stupito e atterrito dinanzi alle pagine che riferiscono le persecuzioni che il governo comunista ha fatto subire ai princípi libertari, ai loro discepoli, propagandisti e militanti; deporrà queste pagine con un moto d'orrore. In un primo tempo, non vi crederà. Quando vi crederà, allora si persuaderà della loro sconvolgente veridicità e le definirà le pagine più nere della storia del comunismo statale. Cercherà allora con coraggio la chiave della spiegazione storica e psicologica di questa epopea.
Ma come si può parlare da storici quando ancora oggi a molti anarchici all'estero pare inverosimile che il «potere dei Soviet» possa perseguitare dei militanti per le loro convinzioni, dei rivoluzionari sinceri e devoti alla causa dell'anarchismo? Molti compagni ancora dubitano che un governo comunista possa ridurre al silenzio la stampa, ogni possibilità di espressione ed il pensiero anarchico stesso. Malgrado tutto, alcuni continuano ad esitare nel loro atteggiamento e nella loro interpretazione dei fatti che pure vanno accumulandosi.
Una tale ostinata incredulità è, a dire il vero, ben strana. È per noi forse motivo di sorpresa la persecuzione dell'idea anarchica e dei suoi seguaci da parte del potere socialista statale?

I giorni dell'odio

Brulotti

I giorni dell'odio

Nessun libro, nessuna opera umana segna un punto definitivo a proprio vantaggio nello scontro con la realtà. Quest’ultima è sempre qualche passo in avanti. Un residuo religioso ci spinge a vedere, nelle grandi analisi e nelle grandi esperienze, la nostra “guida”, e a raccogliere e a numerare queste analisi e queste esperienze in brevi elenchi capaci, secondo noi, di indicarci la strada. Ma la realtà non accetta imitazioni bibliche.

Santificare un testo può essere utile per molti motivi, tutti funzionali alla costruzione del potere. Anche se si tratta di un “nuovo” potere, la cosa non sposta. Abbiamo, per anni, giurato su Marx. Cerchiamo di evitare, adesso, di giurare su qualcos’altro.

E a santificare i testi prestano man forte proprio gli esegeti, i prefattori, i ricercatori, i sistematori. «Dio mio! — esclamava Cœurderoy — salvatemi dai facitori di prefazioni».

Mierda sempre Comandante!

Intempestivi

Mierda sempre Comandante!

Sono trascorsi una manciata di giorni dalla morte di un capo di governo straniero, di un paese dell'America latina, malato da lungo tempo. La notizia non ha colto di sorpresa nessuno. Era attesa, quasi scontata. Così come era scontato il cordoglio più o meno ipocrita delle cancellerie di mezzo mondo ed il lutto di milioni di suoi connazionali, quei sudditi che infestano da secoli il pianeta stringendosi attorno ai loro padroni. Desiderando la scomparsa di ogni Stato, a noi la morte di costui ha lasciato pressoché indifferenti. Solo un mezzo sorriso – che la morte di un capo di governo fa sempre piacere – ma nulla più. Fosse stata causata da un atto di rivolta, allora sì che ci sarebbe stato da festeggiare per la sua scomparsa. Ma per un cancro, naturale o indotto che sia, che gusto c'è?
Se l’annuncio della sua morte ci ha sfiorato appena, alcuni necrologi apparsi qui in Italia nei giorni seguenti sono riusciti invece ad attirare la nostra attenzione.

Nous ne sommes pas des esclaves

Ostrogoto [fr]

Nous ne sommes pas des esclaves

Nous ne sommes pas des esclaves, nous sommes de la dynamite. Ainsi titrait une affiche collée sur les murs il y a quelques années pour défendre deux anarchistes arrêtés après un braquage de banque. Une phrase menaçante pour les puissants, mais réfléchissons bien. Car il ne faut pas l’inverser. Nous ne sommes pas de la dynamite parce que nous sommes des esclaves. Nous sommes de la dynamite parce que nous ne serons pas des esclaves, parce que nous ne voulons pas être des esclaves.

Non siamo schiavi

Brulotti

Non siamo schiavi

Non siamo schiavi, siamo dinamite. Così titolava un manifesto affisso sui muri qualche anno fa per difendere due anarchici arrestati dopo una rapina in banca. Una frase minacciosa per i potenti, ma su cui riflettere bene. Perché non dobbiamo rovesciarla. Noi non siamo dinamite perché siamo degli schiavi. Siamo dinamite perché non saremo schiavi, perché non vogliamo essere schiavi. C'è un mondo intero di differenza fra queste due espressioni. Un mondo che distingue gli anarchici da tutte le altri correnti che si pretendono rivoluzionarie.
Non è la nostra condizione di vita – l'essere proletari o operai, poveri o clandestini – a farci diventare ribelli. Non è sull'attuale deterioramento delle condizioni di sopravvivenza che dovremmo farci delle illusioni e pensare che stia per saltare tutto perché tutto va sempre peggio.

Reddito di sudditanza

Intempestivi

Reddito di sudditanza

«Bisogna che in uno Stato che non vuole convivere con quel gravissimo male che sarebbe più giusto chiamare "divisione" piuttosto che "sedizione", non vi sia né una molesta condizione di povertà presso alcuni suoi cittadini e neppure la ricchezza, perché l'una e l'altra condizione determinano rispettivamente questi due mali: ora dunque il legislatore deve definire il limite di questi due mali».
Platone
 
Si vocifera che una delle ragioni che hanno spinto milioni di italiani a votare per la creatura politica di un ricco uomo di spettacolo dalla battuta facile (no, non quello di Arcore, quello di Genova) sia stata la sua proposta di garantire un reddito minimo anche per chi non ha lavoro. In un'epoca di licenziamenti di massa, di fallimenti e bancarotte, di disperazione umana disposta a gesti estremi, una simile proposta non poteva che fare breccia nel cuore di tanti elettori. Lo Stato deve prendersi cura dei suoi cittadini, assicurando loro il minimo indispensabile per non farli crepare di fame.

Un paese lontano?

Intempestivi

Un paese lontano?

Ragioniamo per assurdo. Migliaia di operai in sciopero decidono di bloccare la produzione di una fabbrica. Da anni ormai vi lavorano dentro producendo nocività, inquinando l’aria, l’acqua, il terreno circostante. Anche loro non se la passano bene, ogni tanto qualcuno muore sul lavoro per mancanza di mezzi e protezioni adeguate. Da qualche anno a questa parte centinaia di loro familiari si ammalano di cancro e la malattia non guarda in faccia nessuno nè fa distinzioni di età. Bambini, vecchi, giovani. Anche molti operai si sono ammalati e hanno perso la vita oltreché il lavoro. L’elenco potrebbe continuare a lungo. Allevamenti distrutti a causa della diossina sprigionata che ha contaminato ogni cosa; coltivazioni devastate, mare inquinato, falde inquinate. Lungo una strada extraurbana c’è un segnale che indica la direzione della fabbrica. Poco distante ve ne è un altro che indica il quartiere della città più vicino a questa. Sotto ve ne è un altro che indica il cimitero.

Messaggio al Papa

Intempestivi

Messaggio al Papa

[Antonin Artaud]

Non sei tu il Confessionale, o Papa, siamo noi; ma comprendici e anche la cattolicità ci comprenda.
Nel nome della Patria, nel nome della Famiglia, tu induci alla vendita delle anime, alla libera triturazione dei corpi.
Tra la nostra anima e noi, abbiamo tante strade da percorrere e distanze sufficienti da potervi interporre i tuoi preti barcollanti e quel cumulo di dottrine avventurose di cui si nutrono tutti i castrati del liberalismo mondiale.

L'idra tecnologica

Contropelo

L'idra tecnologica

Come fare per iniziare a parlare di un argomento complesso come la tecnologia? Analizzarla significa analizzare la totalità di questa civiltà moderna: non solo le sue prospettive industriali; non solo gli apparati e le strutture; non solo la gerarchia del potere e della specializzazione che questi apparati introducono nei rapporti umani; non solo gli «umili oggetti» che hanno scosso il nostro modo di vivere fin nelle sue più profonde radici, che hanno scosso anche i nostri sogni e i nostri desideri, il modo in cui vediamo noi stessi e il nostro mondo.
Cos’è la tecnologia? Quando si pone questa domanda, ci si confronta con la religione moderna — l’universale feticismo dei tecnici. La mistica tecnologica è una giustificazione del suo mondo ed una spiegazione di quella “umanità” che la serve. Criticarla, voler andare oltre, significa dire una bestemmia contro la liturgia, paragonabile alla proposta di vivere senza polmoni. Non si può «sbarazzarsi della tecnologia», non si possono «distruggere tutte le macchine»; la nostra sopravvivenza dipende da queste. Comunque, la tecnologia è sempre stata con noi.

Bersagli

Intempestivi

Bersagli

Il terremoto elettorale che ha appena mutato volto al Parlamento ha lasciato attonita la stragrande parte delle forze politiche in campo. Si avverte la sensazione che nulla sarà più come prima. Il centrosinistra ha matematicamente vinto, ma talmente di misura che è come se avesse perso. Il centrodestra gongola al pensiero che poteva andare pure peggio, anche se ha visto dileguarsi gran parte del suo elettorato. I moderati non sono in grado nemmeno di fare da ago della bilancia, come avevano preventivato. La vecchia politica di Palazzo è al capolinea?
Il voto di protesta c'è stato, di massa, ma non è andato alla lista che avrebbe dovuto riportare sugli scranni la sinistra cosiddetta radicale e alternativa. L'unico vincitore di queste elezioni è chi intende rappresentare politicamente l'ostilità verso tutti i partiti, contraddizione che la dice lunga sulla pervasività dei meccanismi di riproduzione sociale e sulla necessità di una rottura dell'immaginario.