Barricate e Decreti

Brulotti

Barricate e Decreti

Spagna 36-37 la Rivoluzione infranta

 

Per quanto sia considerata l’ultima grande rivoluzione della storia europea, la rivoluzione anarchica per eccellenza, non esiste un libro in Italia che narri in maniera approfondita ed organica quanto accadde in Spagna nel biennio 1936-37 da un punto di vista antiautoritario. Né ci risulta sia stato pubblicato all’estero. Ovviamente esistono una infinità di volumi su quest’argomento, ma tutti miranti ad affrontare qualche aspetto particolare di quel periodo. È possibile cogliere la dimensione anarchica di quella rivoluzione solo raccogliendo e sovrapponendo svariati elementi che la compongono. Non è strano? Come mai fra gli anarchici, noti per un impegno editoriale che non ha paragoni all’interno del movimento rivoluzionario, si manifesta tale difficoltà nel rievocare ed approfondire il momento storico in cui si avvicinarono maggiormente alla realizzazione della loro utopia?

Protesta contro le machine

Miraggi

Protesta contro le machine che corrono e che volano

Gian Pietro Lucini

Non amo correre;
chi corre non sente, né pensa:
chi corre si dispensa,
nucleo vertiginoso, dentro un alone di polvere;
vi soffoca e si accieca.

 

Odio le Machine di frenesia:
le uso, le comando, le opprimo
di me con disprezzo, cavalle d'acciajo,
strumenti imperfetti, perché corre il Mondo
ed io lo voglio sopravanzare.

Ciò che l'occhio vede...

Brulotti

Ciò che l'occhio vede la mano afferri

Lo dice la Chiesa con il settimo comandamento (non rubare). Lo dice lo Stato con gli articoli 624 e 628 del codice penale (che sanzionano il furto e la rapina). Ogni forma di autorità, divina o terrena, ha sempre proibito agli esseri umani di allungare le mani sulla proprietà altrui. Eppure, lo stesso concetto di proprietà privata non è forse un’invenzione relativamente recente? Lasciamo pure perdere la preistoria, in cui il possesso permanente ed istituzionalizzato era non solo impensabile, ma reso impossibile dallo stesso nomadismo praticato all’epoca dall’essere umano. Osservando la storia, sia antica che moderna, appare comunque chiaro che l’atteggiamento nei confronti della proprietà privata è cambiato col mutare delle epoche e delle culture. Se nell’antichità la proprietà era presente ed accettata, essa era pur sempre guardata con una certa ostilità, sospettata di essere causa di discordia, violenze e guerre. Filosofi e scrittori la consideravano una sorta di male necessario cui non si può rinunciare se si vuole condurre una vita dignitosa, ma da contenere il più possibile. Parecchi non avevano dubbi sulla maggiore libertà in cui vivevano gli esseri umani prima del suo avvento, e non mancarono uomini politici che ne ammettevano senza reticenze l’assoluta innaturalità. La proprietà era una specie di triste conseguenza del peccato originale.

Sono ateo, grazie a Dio!

Contropelo

Sono ateo, grazie a Dio!

Dio, Patria, Famiglia

È questa la triade di valori che per secoli è stata indicata come cielo ideale della civiltà, mentre sulla terra regnava incontrastato il valore profano del denaro. Con il passare degli anni quei valori ideali sono andati sbiadendo. Dovendo stare tutto il tempo col capo chino, in segno di sottomissione, l’uomo non ha più avuto modo di guardare in alto. L’adorazione ha lasciato il posto all’ossequio, l’ossequio ha lasciato il posto all’indifferenza, l’indifferenza alla derisione. La chiesa? Una succursale consacrata dell’ospizio. La caserma? Il rimpianto di vecchi reduci, la palestra di giovani frustrati. Il matrimonio? Quasi una mera formalità burocratica necessaria per ottenere il divorzio da un rapporto mai vissuto con intensità.
Tuttavia, nel corso degli ultimi decenni stiamo assistendo a un’inversione di tendenza.
Vittoria del nazionalismo, benedizione della religione, anche qui con una certa confusione delle parti. Resta il fatto che dell’antica triade ritenuta in declino è senza dubbio Dio (nelle sue molteplici forme e denominazioni) ad essere tornato più prepotentemente alla ribalta. Fino a poco tempo fa il numero dei suoi fedeli sembrava essersi talmente ridotto, le loro argomentazioni apparivano talmente puerili, almeno qui in occidente, che i suoi avversari dichiarati non avevano più motivo di combatterlo. Troppo facile, non ne valeva la pena. Nessuno che si dannasse per negare l’esistenza di Babbo Natale.

La Madonna che piange

Brulotti

La Madonna che piange

A. C.

[…]
I preti, Mazzini, quante ne raccontano i preti? A Roma per mettere paura alla gente facevano girare la voce che le statue di pietra voltavano la testa per lo schifo nei confronti della repubblica [1849], e pure che le madonne piangevano. È vero, Mazzini? E sappiate che io ci credo che la Madonna piangeva. Anch’io sarei commosso fino alle lacrime se mi dicessero che il papa se n’è andato. Anch’io piangerei per la commozione se sapessi che a Roma si fa la rivoluzione.
Così me l’immagino la Madonna che piange. Ma pure la Madonna che ride, che balla e che canta. La Madonna che mangia, che beve e che dorme. E non solo la Madonna che partorisce e allatta, ma pure la Madonna che scopa e abortisce. La Madonna che spara, che si difende, la Madonna col fucile e la cartucciera, la Madonna sulle barricate, la Madonna con le bombe in mano come certi cristi e certe madonne che riempiono le bottiglie di benzina e le tirano contro Erode e Pilato. La Madonna tra i lacrimogeni che vomita e sviene.

About communication

Ostrogoto [en]

About communication

If we want to face together the question about the possibilities of intervention for anarchists in social conflictuality, present and to come, for us it becomes necessary to talk about the structural changes that have taken place in a society over the last decades. Here we will focus on the particular role that the development of telecommunication technology has had.

Sulla comunicazione

Brulotti

Sulla comunicazione

Se vogliamo affrontare insieme la questione delle possibilità di intervento per gli anarchici nella conflittualità sociale, attuale e a venire, diventa secondo noi necessario parlare dei cambiamenti strutturali della società avvenuti negli ultimi decenni, in questa sede ci concentreremo in particolare sul ruolo che ha avuto lo sviluppo delle tecnologie telematiche.
Il cambiamento delle strutture produttive della società permesso dallo sviluppo delle tecnologie di comunicazioni ha avuto una enorme influenza anche sul piano sociale. Questo fenomeno è osservabile in tutte le sfere della vita sociale, e in particolare in quella della conflittualità.
Non solo le trasformazioni indotte dallo sviluppo delle tecnologie di comunicazione, ma anche le tecnologie stesse hanno trasformato il modo di pensare, comunicare e concepire il mondo. La comunicazione istantanea e ubiquitaria e la sovrabbondanza di informazioni hanno permesso l'instaurazione di un sentimento di eterno presente, in un mondo dove è possibile sapere quasi immediatamente qualunque cosa succede, sia nelle immediate vicinanze che in luoghi geograficamente distanti.

Giro turistico

Brulotti

Giro turistico

Bernard Charbonneau

Il cittadino detesta la città tanto quanto l’adora. Non può lasciarla, ma deve uscirne — ad ogni costo. Parte ma, appena partito, deve farvi ritorno. Il turista fugge dalla città. Ma siccome la porta con sé, fin nel deserto, il suo giro lo riporta inevitabilmente al punto di partenza. Nella misura in cui rompe i suoi legami con il cosmo, l’uomo parte alla deriva, alla ricerca di una riva. Per i primitivi e i contadini nulla è più estraneo dell’idea di viaggiare. Coloro che hanno attraversato paesi ignorati dal turismo sanno fino a che punto i loro abitanti siano sorpresi nel vedere un uomo che si sposta per il proprio piacere. E per non essere sospettati di follia o di spionaggio, bisogna inventare qualche falsa ragione di interesse. All’origine l’uomo cambia luogo solo perché costretto da una necessità superiore: per fuggire da un nemico, per arricchirsi, o per obbedire all’ordine di un dio. Il viaggio si materializza quando le condizioni economiche e sociali permettono all’individuo di rompere col proprio ambiente.

Grensoverschrijdend

Ostrogoto [nl]

Grensoverschrijdend

Het allerliefst zouden we willen dat onze strijden geen beperkingen zouden hebben. Daarom gaan we, in het uitbouwen ervan, voortdurend op zoek naar waar de grenzen liggen, om dan te proberen deze te verleggen. Deze intentie vertaalt zich op 'geografisch' zowel als 'inhoudelijk' vlak. Als we een strijd aangaan hebben we vaak, al dan niet stiekem, het verlangen dat deze strijd een weerklank zou krijgen die verder gaat dan een specifieke wijk, stad of regio.

Traspasar las fronteras

Ostrogoto [es]

Traspasar las fronteras

Por encima de todo, preferiríamos que nuestras luchas no conocieran límites. Es por eso por lo que buscamos, durante su elaboración, comprender donde se encuentran sus límites, sus fronteras, para a continuación tratar de traspasarlas. Esta intención se traduce tanto en el terreno «geográfico»  como en el plano del «contenido». Si nos implicamos en una lucha tenemos a menudo, aunque sea en secreto, el deseo de que esta lucha tenga repercusiones más allá de un barrio, de una ciudad, de una región específica.

Beyond borders

Ostrogoto [en]

Beyond borders

Above all, we prefer that our struggles do not know any limits. That is why we search, during their development, to grasp where their limits are, their borders, to then be able to unsettle them. This intention can also be translated onto a «geographic» terrain as well as onto the plain of «content». If we engage in a struggle, often we cherish, perhaps secretly, the desire that this struggle will have echoes beyond a specific neighbourhood, a city, or a region.

Dépasser les frontières

Ostrogoto [fr]

Dépasser les frontières

Nous préférerions par-dessus tout que nos luttes ne connaissent pas de limites. Voilà pourquoi nous cherchons à saisir lors de leur élaboration, où se trouvent leurs limites, leurs frontières, pour ensuite tenter de les déplacer. Cette intention se traduit aussi bien sur le terrain « géographique » que sur le plan du « contenu ». Si nous engageons une lutte, nous avons souvent le désir au cœur, ne fût-ce qu’en catimini, que cette lutte ait des échos au-delà d’un quartier, d’une ville, d’une région spécifique.

Superare le frontiere

Brulotti

Superare le frontiere

Anzitutto ci piacerebbe che le nostre lotte non avessero restrizioni. Per questo motivo nel corso della loro elaborazione cerchiamo di coglierne i limiti, i confini, per poi provare a spostarli. Questa intenzione si traduce sia sul piano «geografico» che su quello del «contenuto». Se ci impegniamo in una lotta, foss'anche di nascosto, spesso avvertiamo il desiderio che questa lotta abbia delle ripercussioni che vadano al di là di un quartiere, di una città, di una regione specifica. Allo stesso modo, consideriamo una tematica specifica o un avvenimento concreto da cui parte una lotta come punti di riferimento: speriamo che anche altri che vogliono lottare li superino per rimettere in discussione e attaccare sempre più aspetti del potere. In altre parole, un desiderio di lotta che non conosca frontiere.
Ma se osserviamo i conflitti sociali o le rivolte che accadono da qualche parte lontano, o quando per l'ennesima volta un compagno ci avvicina con un'esigenza di internazionalismo, la risposta alla domanda su cosa si possa fare qui ed ora non è chiara.

La psicologia del rinnegato

Brulotti

La psicologia del rinnegato

In quest’opera di sovvertimento dei valori morali, pare che anche i vocaboli più correnti abbiano perduto il loro vero significato. Fra questi, la parola rinnegato non si applica più come una volta ai transfughi di una idea, di una fede. Rinnegato oggi significherebbe tutto l’opposto. Almeno così appare nei documenti destinati al pubblico dai novelli legislatori della nazione. Rinnegato è colui che al proprio ideale si mantiene fedele, che per esso opera con disinteresse, per esso colpisce, per esso si immola. Così insegna la morale espressa dal trasformismo dinamico dell’era nuova.
Se il vocabolo suddetto dovesse conservare il suo senso logico, sin qui universalmente ammesso, allora si conterebbero sulle dita di una mano quelli fra gli attuali arrivati al potere cui non confarebbe applicarlo in tutta la sua eloquente pienezza.
Come potrebbe essere altrimenti?

Classi pericolose

Contropelo

Classi pericolose

Louis Chevalier

Selvaggi i lavoratori lo sono per la precarietà della loro esistenza, «principale caratteristica che rende il povero simile al selvaggio. La vita del proletario dell’industria, come quella del selvaggio, è alla mercé del caso e dei capricci della sorte: oggi buona caccia e salario, domani niente preda e disoccupazione, oggi abbondanza, domani carestia»; per il loro continuo nomadismo, che comincia col vagabondaggio infantile e caratterizza in seguito «la popolazione fluttuante delle grandi città, quella massa umana richiamata dall’industria, che, superando costantemente le sue possibilità occupazionali, viene accantonata come materiale di riserva. È fra questa popolazione, molto più numerosa di quanto non si creda, che si reclutano i poveri, questi pericolosi nemici della nostra civiltà».

Soviet ed anarchia

Brulotti

A proposito di soviet ed anarchia

Camillo Berneri / Max Sartin
 

Vecchio di ottant'anni, questo scambio di vedute fra Camillo Berneri, all'epoca già noto "revisionista" anarchico, e Max Sartin, redattore dell'intransigente L'Adunata dei Refrattari, ha mantenuto intatta tutta la sua attualità. I riferimenti storici possono anche invecchiare, il significato di quanto viene espresso no. Da una parte, l'invito a sporcarsi le mani senza badare alle possibili contraddizioni: la politica, prima di tutto. Dall'altra, la scelta di battersi senza scendere a compromessi di alcun genere: l'etica, innanzitutto.
Alle soglie del terzo millennio, pur immersi in un frastuono che fa perdere i sensi, non siamo poi molto lontani.

Il voto

Brulotti

Il voto

Bernard Charbonneau

Il voto è sempre stato un rito di partecipazione. Soprattutto, lo diventerà sempre di più, specialmente nei grandi paesi senza referendum in cui si vota per politici e partiti piuttosto che per una data politica. L'universo mi supera, ed oggi la società è oggettivizzata nello Stato: la pace, la guerra, l'economia, le finanze — che mi domina ogni giorno da un po' più in alto. Ogni giorno il mondo si appesantisce e si complica, sia che la tecnica lo renda tale, sia che me lo dica la scienza. Ogni giorno l'avvenimento cade dal cielo, la mia vita sfugge un po' di più al mio pensiero e al mio potere. Politicamente sono libero, ma altri hanno stabilito il luogo e la natura del mio lavoro, e si occupano anche dei miei svaghi. Sceglierò il capo dello Stato, ma sempre meno il pane che mangio o la casa che abito, perché è la scienza economica che lo deciderà.

Il rifiuto

Brulotti

Il rifiuto

M. B.

A un certo momento, di fronte agli eventi pubblici, sappiamo di dover rifiutare.
Il rifiuto è assoluto, categorico. Non discute e non fa intendere le proprie ragioni. È per questo che resta silenzioso e solitario, anche quando si afferma, come è necessario, alla luce del sole.
Gli uomini che rifiutano e sono legati dalla forza del rifiuto sanno di non essere ancora insieme.
Il fatto è che il tempo dell'affermazione comune gli è stato sottratto.
Ciò che resta loro è il rifiuto irriducibile, l'amicizia di questo "No" certo, incrollabile, rigoroso, che li rende uniti e solidali.
Il movimento del rifiutare è raro e difficile, anche se uguale, lo stesso in ciascuno di noi, da quando lo abbiamo assunto.
Perché difficile? Il fatto è che bisogna che rifiutiamo non solo il peggio, ma anche un'apparenza ragionevole, una soluzione che potrà essere definita felice e persino insperata.