Alta tensione

Intempestivi

Alta tensione ovunque

Come (purtroppo) spesso accade, sono gli avvenimenti più drammatici quelli in grado di scuotere gli individui e di far perdere loro la pazienza. Si ha un bel ragionare su quanto accade in giro per il mondo, mostrare le cause istituzionali delle nefandezze che infestano la vita di ciascuno di noi, suggerire possibili punti di frattura. Tutto viene assorbito e metabolizzato, e intanto... Ma poi, ecco che un poliziotto greco uccide un ragazzo, un ambulante tunisino si dà fuoco per protesta, un ribelle valsusino precipita da un traliccio. Tutto cambia. L’imprevisto incendia il panorama, ciò che fino a un attimo prima era una ipotesi-fantasma diventa realtà.
Abbiamo sempre pensato e sostenuto che la lotta contro il Tav non fosse una questione specifica di una piccola vallata piemontese. Che i tempi e gli strumenti di questa lotta non fossero solo quelli decretati da assemblee locali in cui i vari racket politici — di qualsiasi colore, foss’anche il nero dell’anarchia — più o meno esplicitamente si contendono la rappresentatività del movimento. Che vada respinto ogni ricatto collettivista che mira ad accomunare ciò che deve essere diversificato. Che il centralismo è una tara, non una opportunità.

Lucciole e lanterne

Intempestivi

Lucciole e lanterne

«Democrazia! Ormai lo abbiamo compreso che significa tutto ciò.
Democrazia è il popolo che governa il popolo a colpi di bastone per amore del popolo»
Oscar Wilde
 

Dall'aula di Montecitorio a quella del tribunale di Milano, dai marciapiedi della stazione di Torino alle camere di sicurezza della questura di Firenze, dalle metropoli ipervigilate alle valli straziate, per non parlare delle retate poliziesche in tutta Italia, non passa giorno senza che gli animi non rimangano scossi da qualche particolare vicenda politica o di cronaca. E immancabilmente spunta qualcuno che lancia l'allarme sull'«emergenza democratica oggi in corso nel nostro paese», risolvibile, com'è ovvio, con uno scrupoloso rispetto di norme e leggi. Persino quanto è successo ieri mattina in Val di Susa, la caduta non accidentale di un anarchico dal traliccio su cui era salito per protestare contro il TAV e l'esproprio dei terreni, suoi o non suoi poco importa, è stato subito ricondotto all'interno di questo discorso dominante quanto deprimente.

Punk's not...

Autopsia

Punk's not...

Sì, lo so. Mai niente e nessuno ha potuto impedire a ribelli ventenni pieni di rabbia di diventare imprenditori quarantenni pieni di buon senso. Sono trascorsi tanti anni, ma ho ancora davanti agli occhi i reduci sessantottini che ci guardavano con compassione dall’alto dei loro scranni o delle loro cattedre. Ho ancora nelle orecchie le loro parole piene di scherno: «noi sì che abbiamo fatto la rivoluzione, ma voi? Voi cosa vi credete di poter fare? Siete destinati a rientrare nella normalità, molto prima e molto peggio di noi». Forti della consapevolezza che nulla ci avrebbe mai fatto piegare la testa, che il loro fallimento non era il nostro destino, era divertente mandare al diavolo quei ruderi incravattati. Ma in cuor nostro sapevamo che quella determinazione per molti di noi — ma per chi? — si sarebbe rivelata solo un’illusione.
Io questo lo so, ecco perché continuo a ripetermi che non vale la pena prendersela se anche per il punk è venuto il momento del revival interessato, degli album di famiglia da smerciare, dei concerti commemorativi da organizzare, dei vecchi dischi da ristampare, delle mostre retrospettive da esibire. In fondo, perché no, non è sempre andata così? Un periodo di oltre vent’anni è più che sufficiente per smaltire antichi furori, per rifarsi il guardaroba, per ricoprire un posto adeguato in società. Gli sputi di ieri si possono anche ricordare, in allegria, dopo averli sostituiti con le pacche sulle spalle di oggi.

Una questione di metodo

Contropelo

Una questione di metodo

Alfredo M. Bonanno

Che ci sia in ognuno di noi un bisogno profondo di far conoscere i propri pensieri è faccenda ormai fuori discussione. La cosa più segreta e impenetrabile, il limite che nessuna macchina elettronica per quanto sofisticata può superare, noi decidiamo, spontaneamente, di metterlo da parte. Vogliamo farci conoscere, vogliamo far sapere agli altri quello che siamo e come la pensiamo. Su ogni cosa abbiamo le nostre opinioni, tanto più radicate e irriducibili, quanto più queste opinioni sono superficiali e approssimative.
Certo, queste nostre opinioni non sono accidentali, nascono dalle nostre relazioni con la realtà (gli altri individui, le cose, le strutture, le forme sociali, ecc.), ma sono parte di noi stessi, anzi esse sono proprio uno degli aspetti più visibili di noi stessi.

„Nic neskončilo. Všechno teprve začíná“

Ostrogoto (cs)

„Nic neskončilo. Všechno teprve začíná“

Všichni věděli, že to nemůže dlouho trvat. Řecká „časovaná bomba“, jak situaci nazývali burzovní makléři, musí dříve nebo později vybuchnout. Země už několik let lapá po dechu na okraji propasti a čeká, až přijde čas. Zavraždění Alexise v prosinci 2008 bylo jen jiskrou, která zažehla revoltu, jež už visela ve vzduchu tváří v tvář nesnesitelným životním podmínkám. Slzy, které před rokem sliboval ministr financí, byly samozřejmě prolity, ale ačkoli to bolelo, jejich destilace byla pomalá. Ve skutečnosti odpor po celou tu dobu (se všemi vrcholy a pády) rostl. Měsíce plynuly, MMF a Evropská Unie utahovaly pouta a bylo čím dál jasnější, že nic nemůže zabránit řeckému obyvatelstvu, aby se vydalo do ulic protestovat. Že toto obklíčení, tato dočasná zástava dechu, nemůže trvat věčně, věděl každý. Dříve nebo později přijde nutnost volby. Drastická a radikální.

Liabeuf

Brulotti

Liabeuf l'ammazzasbirri

Normalmente non siamo soliti presentare pubblicazioni di edizioni commerciali, men che mai se queste edizioni si chiamano Feltrinelli, tuttavia per questo libro ci sentiamo di fare un'eccezione, sia per l'argomento trattato che per il protagonista, Jean-Jacques Liabeuf - l'ammazzasbirri. Quella che segue è l'introduzione del racconto.

 

La storia di Liabeuf non fa parte della Storia. Perché il singolo individuo che si vendica deve scomparire di fronte alla Società che fa giustizia, come la libertà deve scomparire dinanzi all’autorità. È solo grazie all’abitudine alla Verità di Stato che chiunque indossi un’uniforme può oggi intimidire, molestare, picchiare, stuprare, torturare, uccidere, massacrare... e dormire sonni tranquilli. Sonni che si spezzeranno solo quando il ricordo del vendicatore coi bracciali di acciaio uscirà dalla finzione letteraria per andar loro incontro cantando al ritmo di una giava.

Atene Sta Chiamando

Miraggi

Atene Sta Chiamando

Atene sta chiamando le città sperdute

Ora la crisi è dichiarata e la battaglia è cominciata
Atene sta chiamando l’oltretomba
Venite fuori dall’armadio, tutti voi ragazzi e ragazze
Atene sta chiamando, smettete di rimirarci
Tutta questa televisione è finita a mordere la polvere
Atene sta chiamando, badate che non v'è nulla di moda
Tranne che il roteare di quel manganello

 

Ora senti questo
Atene sta chiamando, sì, c’era l'insurrezione
E sai cosa dissero? Beh, che in parte era vero!
Atene sta chiamando al momento cruciale
Dopo tutto questo, non vuoi rivolgerle un sorriso?

«Rien n’est fini. Tout commence maintenant»

Ostrogoto [fr]

«Rien n’est fini. Tout commence maintenant»

Tout le monde savait que ça ne pouvait pas durer plus longtemps. La « bombe à retardement » grecque, telle que la nommaient les boursiers de partout, exploserait tôt ou tard. Depuis plusieurs années le pays vit au bord du précipice, haletant et prenant son temps. En décembre 2008, l’assassinat d’Alexis n’a été que l’étincelle qui a fait éclater une révolte qui était déjà dans l’air, face à des conditions de vie qui devenaient insupportables. Les larmes promises il y a un an par le ministre de l’économie ont bien été versées, mais par une lente distillation, bien que douloureuse.

Giovanni Passannante

Brecce

Giovanni Passannante [19/2/1849 - 14/2/1910]

Ettore Bartolozzi

Lunedì 14 febbraio alle ore 10 ant. è deceduto per paralisi bronchiale, nel manicomio giudiziario di Montelupo Fiorentino, Giovanni Passannante.
La sua figura riluce di luce propria e smentisce tutti coloro che, desiderosi di render servigi a coloro che ci comandano, vollero rimpicciolirla con il dichiarare essere il regicida un deficiente, squilibrato ed abbrutito.
La migliore risposta che possiamo dare a questi sicari vecchi ruffianeggianti tutti con i poteri costituiti, è riportare integralmente quanto ebbero a dichiarare gli psichiatri Biffi e Tamburini, incaricati della perizia al processo:
«Noi abbiamo esaminato attentamente le qualità psichiche del prevenuto e noi non vi abbiamo trovato nulla di anormale. L’attività produttiva della mente è in lui regolare; le espressioni di cui si serve non sono come comporterebbe la sua condizione sociale; le sue idee sono elevate e rivelano una cultura superiore. Le sue risposte denotano in lui una finezza ed una forza di pensiero non comune. Interrogato s’egli si credeva in diritto di fare violenza ai sentimenti della maggioranza, e di turbarne la tranquillità, ha risposto: La maggioranza che si rassegna è colpevole e la minoranza ha il diritto di resisterle.
Alla nostra domanda come mai lui, povero cuoco, aveva la presunzione di volere scrivere degli opuscoli, rispose: Sovente gli ignoranti riescono là ove i sapienti inciampano».

«Tutto comincia adesso»

Intempestivi

«Niente è finito. Tutto comincia adesso»

Lo sapevano tutti che non poteva durare ancora a lungo. La «mina vagante» greca, come veniva chiamata dai broker di mezzo mondo, prima o poi sarebbe esplosa. Da un paio di anni il paese vive sull’orlo del precipizio, boccheggiando e prendendo tempo. Nel dicembre 2008 l’uccisione di Alexis è stata solo la scintilla che ha fatto divampare una rivolta che era già nell’aria, di fronte a condizioni di vita che si facevano insostenibili. Le lacrime promesse un anno fa dal ministro dell’economia sono state sì versate, ma attraverso uno stillicidio lento anche se non proprio indolore. Infatti, per tutto questo periodo, con alti e bassi, le proteste hanno continuato a lievitare. Più i mesi passavano, più il cappio del Fondo Monetario Internazionale e dell’Unione Europea si stringeva e più diventava evidente che nulla poteva impedire alla popolazione greca di scendere in strada e protestare. Che questa situazione di stallo, di apnea, non potesse continuare a lungo, lo sapevano tutti. Prima o poi, s’imponeva una scelta. Drastica e radicale.
Ieri, domenica 12 febbraio 2012, questa scelta è stata compiuta.

I muri della città

Brulotti

I muri della città

G. C.

Il carcere non è che apparentemente l’eccezione alla regola: il crimine sfogato o l’innocenza punita sono infatti la società tutta quanta, dove ciascuno punisce l’altro per la colpa di esserci e dove chiunque pensi è almeno una volta al giorno attraversato dalla domanda: «perché mi hanno messo qui? Che cosa ho fatto?» e la voglia di evasione è la stessa, terribilmente ossessiva, del detenuto. Forse, anche più intensa.
L’evoluzione del sistema penitenziario, con la costruzione di tanti nuovi spazi della pena, ha un significato che non è soltanto di «più umanità e rieducazione» invece che di afflizione retributiva: viene meno la distanza, la separazione, sempre stata fortissima, tra la città e la sua prigione, perché l’abitante della città somiglia sempre più (lavoro, famiglia, università, ospedali, discoteche, teatri, stadi) al detenuto di un carcere-modello al quale vengono dati ogni tanto dei permessi (fine settimana, ferie, settimane bianche) con l’obbligo di rientro in giorni fissati, da cui non si sgarra. Persino la “passeggiata” è specchio di città in carcere, e di carcere all’interno della città.

Troppo pochi?

Brulotti

Troppo pochi?

Sire [Renato Souvarine]

«Le organizzazioni gerarchizzate sono dannose. Una rivoluzione non è un campanello elettrico: il Comitato centrale pigia il bottone, e il campanello suona; il Comitato centrale smette di pigiare e il campanello smette di suonare. Una rivoluzione è una febbre che viene quando nessuno se l’aspetta.

Un bel giorno la gente che sembrava inerte, passiva, indifferente, incapace di muoversi, è messa in movimento da un fatto impreveduto. Chi non osava parlare, alza la voce. Chi faceva il gradasso si squaglia. Chi rifuggiva da ogni compagnia, va in cerca degli amici per domandare notizia, per sapere che cosa deve fare. Si leva un grido, vola una sassata. Parte un colpo di revolver. La tempesta si scatena. Non c’è stato nessun ordine di nessun comitato. Ve lo immaginate voi un comitato che si riunisce a Roma per deliberare se in questo momento c’è da tentare un colpo a Palermo o a Milano? Anche ammesso che del comitato non faccia parte alcuna spia (ricordarsi la regola che, su dieci congiurati, almeno uno è spia), come fanno i padreterni del Comitato a conoscere le condizioni degli animi nelle differenti regioni d’Italia in quel preciso momento in cui essi deliberano o nel momento in cui arriveranno colà dove dovrebbero essere eseguiti gli ordini deliberati?»

Vechten tegen de repressie : een geconditioneerde reflex of een vrijwillige beweging ?

Ostrogoto [nl]

Vechten tegen de repressie : een geconditioneerde reflex of een vrijwillige beweging ?

Er waait een slechte wind. Het heeft geen zin dat te verbergen. Zo slecht dat zelfs bij de goedwillende geesten van links een zekere onzekerheid groeit. Met alsmaar meer aandrang klaagt men de tendens richting [fascistisch] ‘regime’ van de huidige regering aan. Het is waar dat de rechterzijde nooit haar traditionele voorkeur voor wonderolie en de matrak vergeten is. Maar het blijft een feit dat repressie, censuur en verboden het dagelijks brood zijn dat alle regeringen ons voorschotelen, welke regering dan ook.

Opposing Repression: Conditioned Reflex or One’s Own Revolt?

Ostrogoto [en]

Opposing Repression: Conditioned Reflex or One’s Own Revolt?

A nasty wind is blowing, it’s useless to hide it. So nasty that a certain worry even spreads among the fine souls of the left, and the establishment of a "dictatorship" by the current government is denounced in an increasingly vehement manner. It is true, on the right they have never forgotten their traditional inclination for castor oil and the cudgel, but the fact remains that repression, censure and prohibition are the bread that every form of government administers to us, no matter what it is.

S’opposer à la répression : Réflexe conditionné ou mouvement volontaire ?

Ostrogoto [fr]

S’opposer à la répression : Réflexe conditionné ou mouvement volontaire ?

Il souffle un vent mauvais, inutile de se le cacher. Tellement mauvais que même parmi les belles âmes de la gauche serpente une certaine inquiétude. On dénonce avec toujours plus de véhémence l’instauration d’un “régime” fasciste de la part du gouvernement actuel. C’est vrai qu’à droite ils n’ont jamais oublié leur penchant traditionnel pour l’huile de ricin et la matraque. Mais reste le fait que répressions, censure et interdictions forment le pain quotidien que nous administrent tous les gouvernements, quels qu’ils soient.

En ordre dispersé

Ostrogoto [fr]

En ordre dispersé

Généalogie de l’organisation informelle

 

Avons-nous vraiment besoin de la politique pour transformer la réalité ? Avons-nous vraiment besoin que quelqu’un nous dise, au parlement ou dans la rue, comment, quand et pourquoi agir ? Certains pensent que non.

Tairsìa

Ostrogoto [fr]

Tairsìa

Dans le calme d’une journée tranquille, un vent se lève tout à coup, fort, et commence à tourbillonner, à bouleverser le calme qui régnait jusqu’alors. C’est cela qu’on nomme, dans le dialecte leccese (de Lecce, ville des Pouilles italiennes), la Tairsìa.

 

Un vent qui peut cesser en peu de temps, s’arrêter à l’improviste tout comme il était apparu, ou qui peut perdurer et, accompagné d’autres phénomènes, se transformer en tempête.

Discorso al popolo

Brulotti

Discorso al popolo

Carlo Michelstaedter

Voi mi battete e siete nel diritto! m’ucciderete e sarete ancora nel diritto! Ma diritto mio è la libera parola; e vostro dovere l’ascoltarmi. Poiché se l’atto fu brutale e se giustifica l’espressione brutale della vostra sorpresa, non fu brutale la mente, non fu nemica a voi. È l’amore per voi, per l’idea che oggi vi riunisce [che ha fatto si] ch’io mi son ribellato e mi ribello ad un entusiasmo che non corrisponde alla vostra volontà, o fratelli, a quella volontà che vi fa forti contro la tirannide in Spagna. Se domani voi doveste ancora riunirvi e non con lo sdegno indeterminato d’oggi, ma con l’indignazione fresca, con la ferita viva, con la minaccia presente, se doveste domani riunirvi qui, per affermare la vostra volontà fino in fondo, per far trionfare coi fatti e nella vita attuale, e per l’interesse vostro personale d’ognuno – contro le autorità costituite dalla legge, contro le autorità costituite dal danaro, contro governo e borghesia – quell’ideale che oggi vi muove, fratelli, quel mirabile istrumento che ora avete applaudito misurerebbe su di voi la sua forza – e alle fucilate dall’alto risponderebbero dal basso, davanti e a tergo e ai lati altre fucilate a seminar la morte fra le vostre file, a spegnere nel sangue il vostro sdegno, a rovinare per sempre le vostre speranze più care. Fin che queste speranze sono vaghe e lontane, fin che voi soffrite in silenzio la vostra miseria materiale e sociale, voi siete un’innocua moltitudine d’infelici da sfruttare; e la società borghese vi sfrutta in pace e in silenzio, – e perché vi tiene col giogo del vostro bisogno di farvi sentire la forza micidiale delle sue armi. Ma le sue armi le prepara nel silenzio e nella pace, e le sa coprire con le apparenze luminose d’umanità e di progresso, e voi – voi le applaudite!... –

La rapina in tasca

Macchianera

La rapina in tasca

La rapina in banca. Storia. Teoria. Pratica
Klaus Schönberger
DeriveApprodi, Roma 2003

 

Come dice un diffuso adagio, «Chi sa fa, chi non sa insegna». In questa briciola di saggezza è già contenuta la ragione per cui i professori sono sempre stati oggetto di scherno e disprezzo. Al di là dei pregi o difetti dei singoli, questa genìa è composta irrimediabilmente da cretini incapaci di comprendere la differenza che intercorre fra un’esperienza di vita ed una materia di studio. Uno di loro, tale Klaus Schönberger, ha da poco pubblicato in Italia un libro intitolato La rapina in banca. Storia. Teoria. Pratica, per conto di una casa editrice di sinistri recuperatori, DeriveApprodi.
Come avrete già intuito, Schonberger non è un rapinatore, bensì un cattedratico. Per la precisione un «docente di cultural studies», come ci tiene a specificare. Ciò significa che i soldi che ha nelle proprie tasche non provengono dalla critica pratica alla proprietà privata, ma da una certa pratica di genuflessione e dalla partecipazione all’Accademia di Stato.

«Morte alla democrazia»

Brulotti

«Morte alla democrazia»

Morte alla democrazia? Non è possibile, perché il predominio della maggioranza sulla minoranza è un tabù. Che sia reale o virtuale, il suo diritto non può esser messo in discussione. La democrazia, come del resto il capitalismo, è diventata l’orizzonte insuperabile della nostra epoca. Ogni discorso che tende a sottoporla a critica viene guardato con sospetto, giudicato ambiguo, squalificato in anticipo: non si ascolta nemmeno. Eppure la democrazia finora ha dato prova soprattutto del suo fallimento. Il mondo che essa governa è sempre un mondo di sottomissione, di privazione e di povertà. Anche se cambia forma, passando dalle mani dei pochi a quelle dei molti, il potere non rinuncia mai a imporre ordine e a garantire disciplina. Non sarà il voto, nel segreto di un’urna o nella trasparenza di un’assemblea, a modificarne l’essenza totalitaria. L’autore di questo breve saggio, apparso in Francia nel 2007, a vent’anni si è presentato alle elezioni municipali in una lista di candidati di un partito di sinistra. Da questa esperienza di cittadino modello ha tratto una convinzione mai smentita: le elezioni sono una trappola e la democrazia è nemica della libertà.

Il male minore

Contropelo

Il male minore

Dominique Miséin

Alcuni anni or sono, in occasione di una scadenza elettorale, un celebre giornalista italiano invitò i propri lettori a turarsi il naso e a compiere il proprio dovere di cittadini, recandosi a votare per il partito allora al potere. Il giornalista era ben consapevole che all’olfatto della gente quel partito emanava il fetore di decenni di putridume istituzionale — soprusi, corruzione, malaffare — ma la sola alternativa politica disponibile sul mercato, la sinistra, gli sembrava ancor più nefasta. Non rimaneva quindi che turarsi il naso e votare per i governanti già al potere.
All’epoca, per quanto oggetto di molte discussioni, questo invito riscosse un certo successo e in un certo senso si può dire che fece scuola. Non è sorprendente. In effetti il ragionamento di quel giornalista faceva leva su uno dei riflessi condizionati sociali più facilmente riscontrabile, quello che sia la politica del male minore a guidare le scelte quotidiane della maggior parte delle persone. Messo di fronte ai fatti della vita, il buon senso comune è sempre pronto a rammentarci che fra alternative parimenti detestabili non resta che optare per quella che ci sembra meno foriera di tristi conseguenze.

In ordine sparso

Brulotti

In ordine sparso

genealogia dell'organizzazione informale

 

Per trasformare la realtà abbiamo davvero bisogno della politica? Abbiamo davvero bisogno che qualcuno ci dica, in parlamento o in piazza, come, quando e perché agire? C’è chi pensa di no. Che l’azione non deve assumere i tratti della politica, con la sua ipocrisia e le sue menzogne. Che la vita non è mai affare di partito, né di quello dell’Ordine né di quello dell’Insurrezione. Che esiste un legame indissolubile fra pensiero e azione, fra i mezzi che scegliamo e i nostri fini. Contro ogni forma di rappresentazione politica, di addomesticamento dei desideri singolari in nome dei bisogni comuni, da oltre un secolo continua a battersi una parte del movimento anarchico. La parte più sconosciuta e maledetta, quella che non intende entrare in competizione con la Sinistra sulla via dei compromessi e degli opportunismi, delle convergenze di interessi e dei favori di scambio, delle transizioni e delle transazioni. Individui arrabbiati che vogliono cambiare radicalmente il mondo senza rinunciare a se stessi e rifiutano ogni forma di centralismo. Consapevoli che le energie di un movimento magmatico e ribollente abbiano tutto da perdere ad essere contenute e sfruttate dalle organizzazioni politiche, quali che siano, si affidano all’azione individuale o in piccoli gruppi per tentare di sconvolgere l’ordine sociale. Ripercorriamo qui le tracce di questi anarchici, a partire dalle prime intuizioni del lontano 1881 fino alle formulazioni dei giorni nostri.

Tairsìa 2

Papiri

Tairsìa 2

 

Nella calma di una tranquilla giornata, un vento si leva improvviso, forte, ed inizia a turbinare, a sconvolgere la calma che fino a quel momento era stata. Questa è, nel dialetto leccese, la Tairsìa. Un vento che può cessare dopo poco tempo, smettere all'improvviso così come si era presentato, oppure può perdurare e, accompagnato da altri fenomeni, tramutarsi in tempesta.

Negli ultimi tempi, tra la calma della pacificazione sociale, sprazzi di Tairsìa hanno fatto la loro comparsa in varie parti del pianeta. Un vento che potrebbe essere contrastato o, al contrario, alimentare le fiamme e riattizzare focolai che sembravano spenti. I governi, l'economia, i loro scherani e i falsi critici di questo macabro esistente, stanno cercando di disporre adeguate contromisure affinché questo vento non faccia crollare tutto il sistema già vacillante. Agli amanti della libertà non resta che fare l'opposto: alimentare il vento, fino a che una Tairsìa sociale spazzi via tutto, aprendo la strada e cercando sentieri che conducano ad un mondo altro.
Questo foglio cerca di andare in questa direzione.