Brulotti

Scadenze scadute

Paolo Schicchi

 

Anzitutto gli assalti a data fissa sono un assurdo strategico, un non senso nella tattica rivoluzionaria. La storia non ne ricorda che una vittoria in questo caso: il 12 gennaio 1848 a Palermo. Ma quelli erano altri tempi; nelle vie c’era la possibilità di lottare colle picche, colle pietre, coi coltelli, coll’acqua calda e colle tegole contro i fucili ad avancarica. E poi se la rivoluzione trionfò, bisogna pur dirlo, si deve alle titubanze, alla viltà, all’inettitudine di chi stava a capo delle truppe.
Oggi questo stesso sarebbe impossibile, dati i mezzi di distruzione e le armi da tiro così fulmineo di cui dispongono le truppe. Prima che la folla abbia il tempo d’ingaggiare la mischia da vicino, corpo a corpo e d’organizzare qualsiasi offesa e difesa, è completamente avvolta dalle palle, rotta, massacrata in pochi istanti da soldati che son là schierati, colle armi in mano, prevenuti dell’assalto, posti con tutti i criteri dell’arte militare, a difesa d’ogni possibile punto d’attacco, messi al coperto d’ogni sorpresa.
A parte ciò poi vi è un altro inciampo ben più importante. In simili occasioni il governo senza tante storie mette al sicuro tutti gli ammoniti, gli anarchici, i rivoluzionari conosciuti, le persone sospette, come dice la gente dell’ordine; ne invia un buon numero a domicilio coatto, un’altra parte la deferisce al potere giudiziario come «associazione di malfattori»; minaccia a dritta e a manca e ricorre ad ogni intimidazione poliziesca. […]
Una rivoluzione oggi non è possibile se non con un assalto improvviso, fulmineo, ignoto ai nemici e che non dia tempo alle masse di stancarsi e di riflettere.
Un nemico che avvisato dell’attacco mobilita tutte le sue forze e ha l’agio di distribuirle comodamente con i criteri dell’arte militare, che ha tutto preparato sino all’ultima torpediniera per l’attacco medesimo è doppiamente forte ed invincibile per noi che non disponiamo né di armi, molto meno perfezionate, né di mezzi di distruzione potenti.
Coglietelo alla sprovvista, in modo che non abbia il tempo di far ciò ed avrete la probabilità della vittoria.
L’esercito e la polizia sono un gran macchina la cui forza consiste nel movimento contemporaneo e bene ordinato di tutte le sue parti. Rompete una ruota, spostate un ingranaggio e la sua forza finisce. […]
Bisogna assolutamente pigliare il rovescio dei calcoli del governo, attaccarlo nei punti deboli, dar di piglio alle armi nei luoghi sforniti di forze.

 

[Pensiero e Dinamite, anno I, n. 2, 28 luglio 1891]