Brulotti

Sussurri e grida dal sottosuolo

 
Devo uscire di casa
i pensieri hanno saturato le stanze togliendo spazio all’ossigeno
hai mai provato a camminare a braccetto con l’inquietudine?
e se questa diventasse l’ombra di ogni tuo passo, che faresti?
quel che è peggio è intuire la risposta ma non racimolare il coraggio di agire.
 
Sto parlando di lavoro, capisci?
quella parte di giornata data per scontata
o meglio, da scontare come fosse una pena.
 
Perché condannarsi a un tempo sospeso
trascorso con gli occhi alle ore in attesa che muoia
per rinascere una manciata di respiri dopo?
esistenze come clessidre da vivere al massimo
ma soltanto negli istanti concessi dalla mano che le capovolge.
hai mai pianto pensando a tutta la sabbia che hai lasciato cadere, lentissima?
non ti ha scosso la rabbia per aver permesso che fosse la gravità ad avere il controllo?
 
Ansia di libertà, spasmi e tremori vista annebbiata, acufene, salivazione da cane
sono famelico e mi gettano briciole nel fango
non mi sorridere con la faccia sporca, non mi dire che va tutto bene
che è così che deve andare!
 
Non mi consola sapere che il turno finirà, che arriverà il weekend
che ci saranno giorni di permesso, di riposo e di ferie,
che avrò diritto alla malattia
IO STO MALE ORA !
 
E starò male ogni volta che una suoneria forzerà i miei risvegli
che non sarò io a scegliere quando uscire di casa e quando tornarci
ogni volta che ripercorrerò gli stessi chilometri, che obbedirò a un capo
che indosserò una maschera per affrontare interazioni umane imposte
ogni volta che prenderò quella busta chiedendomi se ne è valsa la pena.
 
Ho una catena ai piedi, un giogo al collo, paraocchi da cavallo…
un repertorio di metafore abusate, nessun’espressione originale
ho una stabilità da mantenere, tasse da pagare, vizi e piaceri non gratuiti…
un repertorio di scuse pietose
nessun’argomentazione plausibile
ho scaffali di libri illuminanti, la realtà che mi parla chiaro
e una giovinezza con la miccia corta
ma un arsenale di dubbi e paure a rendermi immobile.
 
Che altro scrivere allora?
più nulla per ora
devo andare al lavoro!
[Blatte, giugno 2015]
 
*
 
Fermarsi a riflettere, ora più che mai, sembra una perdita di tempo. Nel succedersi tumultuoso degli eventi, a cui nemmeno i nostri modernissimi smartphone sembrano in grado di tenere il passo, l’unica parola d’ordine possibile pare essere Fare. Ma fare che cosa?? Questo non l’ho ancora capito…
A sentire in giro, tutti/e sembrano in grado di parlare di tutto: per ogni fatto un’opinione, per ogni problema una soluzione, dagli spaccini sotto casa al terrorismo globale. Ed io che ho perennemente la sensazione di non capirci un cazzo, osservo e arranco. Al qualunquismo di molti/e riesco a far fronte, probabilmente perché con quei molti/e non ho grossi rapporti, causa principalmente la mia spocchia. Ma sono “i compagni” che mi tolgono il sonno! sono le assemblee, i volantini, i blog, le iniziative, i presidi, le azioni… le benzodiazepine! Forse sono quelle che mi servirebbero davvero.
Sì perché ci sono i migranti respinti alle frontiere, i bombardamenti occidentali su mezzo mondo, l’allarme sicurezza e la restrizione delle libertà individuali, il Rojava sotto attacco, il razzismo, la precarietà, la repressione ed un elenco smisurato di altri fronti di lotta. Ce n’è per ogni gusto e per ogni ideologia. Chi si ferma è perduto, chi riflette troppo è un intellettuale e chi non si getta nella mischia è un collaborazionista.
Se queste sono davvero le regole del gioco, io per ora me ne chiamo fuori. Ho tentato di calarmi nella parte dell’anarchico militante, cercando a lungo la sfaccettatura di anarchismo che più mi si addicesse. Ho conosciuto “compagnx” ed ho fatto cose “da compagni”. Non sputo nel piatto vegan in cui ho mangiato, semplicemente mi fermo un attimo, anche se là fuori tutto procede liscio verso la catastrofe.
Vedo persone che parlano con fervore di cose successe dall’altra parte del mondo, ma si lasciano passare sotto il naso crimini e abusi; persone convinte di combattere contro nemici invisibili o smisuratamente più grandi di loro, che nel frattempo si comportano in modo autoritario e spregevole con chi sta loro accanto; persone promiscue nell’esprimere solidarietà ad ogni individuo sfruttato, mandare all’aria relazioni ed essere sole o aggrappate a pochi ed esclusivi legami; persone sempre intente a propagandare società migliori e possibili perché di fatto profondamente insoddisfatte delle proprie esistenze; persone che gridano alle altre di liberarsi dalle proprie catene, per poi tornare di corsa al lavoro, alla famiglia, alle proprie prigioni.
Io sono stato e sono tuttora una di queste persone. Voglio smettere di esserlo!
Le nostre vite bruciano veloci senza lasciare un segno. Il nostro sguardo è rivolto in alto e lontano mentre intorno a noi si fa il vuoto. A forza di salire ed arroccarci su vette sempre più pure, la terra è finita e stiamo scazzando fra di noi per chi debba precipitare prima. Io quasi quasi torno a valle e rifletto su che fare, magari trovo pure qualche compagno (di viaggio!).
 
[Blatte, n. 2, dicembre 2015